10.18.2011

Un'aggiunta alle Nostre

Sono sempre più dell'idea che la percezione che abbiamo di un disco, per quanto esso possa essere significativo e creativo, sia comunque fortemente influenzata dal contesto in cui lo si ascolta. E' senza dubbio importante l'ambiente fisico, dunque l'inevitabile rumore circostante, è certamente importante l'aspetto legato alla condivisione o meno con un'altra persona/e, ma una particolare rilevanza lo ha anche l'aspetto climatico... Da qui la mia fissa (credo comunque condivisa) di collocare dunque l'ascolto di un album nella sua giusta cornice così che i colori, la temperatura, l'intensità della luce, il grigiore od al contrario un cielo limpido, possano permetterne una maggiore esaltazione.
Tutta questa introduzione per intendere che con l'arrivo dell'autunno, davanti magari ad una tazza di tea caldo accompagnata da una stopposissima torta di nocciole, viene forse più naturale lasciare da parte sonorità elettroniche o comuque "artificiali" per dar spazio a strumentazioni più classiche (suonate sempre in un contesto non legato alla musica classica!); così nel mio caso ho ripreso un ottimo consiglio datomi qualche mese fa: "The Knife that Cuts a Tear" di Kristin Rule (grazie ancora C.! :))
Riassuntivamente: Kristin Rule (o "The Unconventional Cellist"), a differenza delle altre qui ben note violoncelliste pratiche della tecnica looping (Kent, Keating, Olsson, Gudnadottir), proviene dall'emisfero australe, parte del mondo forse per noi europei più facilmente associabile ad altri generi musicali. Per essere più specifici è nata a Stoccolma ma presto trasferita con la famiglia a Melbourne dove ha studiato violoncello per poi dedicarsi anche al saxofono.
Nel 2002 subisce la perdita prematura del padre, ed in cerca di risposte si rifugia nel bush australiano dello stato di Victoria, territorio che si affaccia sul mare della Tasmania, a sud-est dell'Australia; da questa esperienza si fortifica in lei un profondo spirito ecologista e nel 2006 ne nasce l'album di debutto "Be not Afraid", disco dedicato al padre, alla cui pubblicazione segue un tour di 20 settimane per lo stato di Victoria, seguendo per il New South Wales ed il Queensland, percorrendo in sella alla sua moto quindi tutta la costa est australiana, trasportando inoltre con se un pannello solare per generare l' energia elettrica necessaria alla parte elettronica. A questo seguono svariate collaborazioni e commissioni per sonorizzare cortometraggi e documentari tra cui "Memoirs of a Plague", realizzato per la National Geographic ed incentrato sul problema delle locuste in seguito ai cambiamenti climatici. Nel 2010 pubblica "The Knife that Cuts a Tear", album che certamente trova i gusti di chi è solito ascoltare le altre Nostre spesso presenti su questo blog, difatti anche la Rule utilizza un laptop e dei classici pedali (alimentati dall'energia solare accumulata), ed anche lei costruisce le sue composizioni tratto per tratto, introducendo man mano elementi che vanno a creare poi il brano nel suo senso più completo. Alla pubblicazione del secondo album  è seguito un altro tour, questa volta però in sella ad una bicicletta opportunamente modificata in modo da poter trasportare violoncello, strumentazioni elettroniche ed il pannello solare.
Sul suo sito http://www.kristinrule.com tra l'altro denso di contenuti, si possono vedere due corti realizzati utilizzando la sua musica, ovviamente sempre a tematica eco-friendly, nonchè un sacco di fotografie inerenti ai suoi tour...certo che l'Australia deve essere un posto davvero fantastico!



"Nature of Reality" dall'album "The Knife that Cuts a Tear"...sia il brano che il suo modo minimalista e privo di mimica di suonare (che tanto mi ricorda le "altre"), a me lasciano piacevolmente senza parole.


"Insight"


Anche in questo caso non lascio il link per download, piuttosto il suo bandcamp, trattandosi di un'artista fin'ora silenziosa e che meriterebbe senz'altro maggiore visibilità, cosa che spero accada per l'uscita del suo terzo album "The Awakening", prevista nel 2012...ed allora si tornerà, almeno qui, a parlare di lei.


Buon ascolto!
(ed in questo caso non date retta ai post consigliati sotto, il passaggio dalla discrezione della Rule all'eccesso mimico della Beiser sarebbe troppo brusco!)

10.12.2011

There's a rat!

"All things Will Unwind" esce a 3 anni di distanza dal precedente album "A Thousand Shark's Teeth", periodo di tempo in cui comunque Shara Worden non si è adagiata su una sempre più crescente celebrità, anzi, il numero di collaborazioni è stato piuttosto sostenuto, da David Byrne per l'album "Here Lies Love" (ispirato alla figura eccentrica e stravagante di Imelda Marcos, ed alla sua smisurata passione per le scarpe), al solito Sufjan Stevens, al riuscitissimo progetto "Clogs"; ha preso parte all'opera rock dei The Decemberist "The Azards of Love", ha collaborato con Sarah Kirkland Snider, nonchè recentemente ha confessato di stare prendendo parte alla prossima realizzazione visuale di Matthew Barney (artista contemporaneo/regista e mente geniale, autore di quel capolavoro estetico che è "The Cremaster Cycle", e purtroppo per lui :), anche ex-marito di Bjork), di quest'ultimo progetto si sa ancora molto poco, eccetto che di sicuro non vedrà la luce a breve, data la sua complessità (...vedremo).
Tornando ad "All Things Will Unwind", si può dire che si tratta di un album nato su "commissione", difatti nel 2010 Shara è stata invitata a comporre qualche nuovo brano per un concerto della serie American Songbook che si tengono al Lincoln Center (NYC), concedendole totale libertà artistica ed un budget senza limitazioni. Cogliendo l'opportunità soprattutto di quest'ultimo punto la Worden ha potuto pensare alla realizzazione di ciò ce lei stessa ha definito come "una dichiarazione artistica", una crescita nei contenuti dei suoi testi, un arricchimento per quanto riguarda l'estetica, ed un'evoluzione musicale.
Procedendo per passi, Shara in questi ultimi 3 anni ha avuto una figlia, ha perso una persona a lei cara, e si è ri-trasferita da New York a Detroit, città che ha trovato profondamente cambiata per via di un progressivo impoverimento, risultato del dissesto economico; è venuta a contatto con quartieri via via sempre più degradati e case abbandonate, ma anche con un'artista che si occupa di piantare cespugli di rose nei giardini delle abitazioni vuote, nel tentativo di mantenere comunque vivo un luogo...per spiegare a fondo sono stati girati due corti, uno incentrato sulle scelte stilistiche (si scopre anche il perché della copertina album) e musicali, l'altro sulle storie da cui ha preso ispirazione in quanto a stesura testi:


My Brightest Diamond - ALL THINGS WILL UNWIND: Stories and Sounds from Asthmatic Kitty on Vimeo.


My Brightest Diamond - ALL THINGS WILL UNWIND: Visuals from Asthmatic Kitty on Vimeo.
Shara amplia le sue visioni, riflette sulla ciclicità della vita,la nascita, la morte, chi c'era prima e chi verrà dopo, ma si dedica anche a riflessioni politiche e sociali, deducibili in testi come la nota "We Added it Up", che trae spunto da un discorso di Obama circa gli opposti che regolano gli equilibri mondiali:

e molto più evidenti invece in "There's a Rat", brano che ha anche un storia divertente :)

Quanto al lato musicale, Shara ha lasciato la chitarra elettrica,suonando di tanto in tanto un ukulele e qualche piccola strumentazione, per lasciare spazio sì alla formazione che vede Brian Wolfe alla batteria, Zac Roe alla chitarra, e DM Stith, ma soprattutto alle orchestrazioni della yMusic, ensemble formata dall'onnipresente (e sempre ottimo) Rob Moose al violino e chitarra acustica, Nadia Sirota alla viola, Clarice Jenson al violoncello, Alex Sopp al flauto, CJ Camerieri alla tromba e corno inglese ed Hideaki Aomori al saxofono e clarinetto, musicisti che conosciamo bene dalle numerose collaborazioni con Antony, Bon Iver, Valgeir Sigurdsson, Rufus Wainwright, la stessa Shara nei precedenti album come My Brightest Diamond e Sufjan Stevens. A differenza dei precedenti album, caratterizzati sì da un utilizzo di archi e strumenti a fiato, ma inseriti con una certa pomposità, in "All Things Will Unwind" non ci sono slanci eccetto che per "Be Brave", le orchestrazioni sono essenziali e ben ponderate, talvolta appena accennate per lasciare spazio al significato dei brani, conferendo all'intero lavoro una certa eleganza.
In Italia il tour arriverà a fine novembre, il 21 al Circolo degli Artisti a Roma, e per noi più a nord, il 22 al Teatro Martinitt a Milano. Non saranno presenti tutti i membri della yMusic ensemble, ognuno impegnato nei molteplici progetti paralleli, ma i live dovrebbero essere caratterizzati da un piglio estetico e visuale, sarebbe affascinante se con lei si esibisse la danzatrice Jessica Dessner (visibile nel video di "Be Brave"), che ha preso parte a tutti gli effetti al progetto. Qui
"I Have Never Loved Someone"


La yMusic ensemble (http://ymusicensemble.com/) ha pubblicato qualche settimana fa il primo album "Beautiful Mechanical", in questo caso non metterò il link per il download, ma magari anche se distante dalla linea di questo blog, ne parlerò più approfonditamente in futuro, sicché si tratta di uno degli album che più mi hanno colpita quest'anno.


Buon ascolto! :)

10.07.2011

SAGA (live)

Il primo brano è un po' gracchiante, ma per il resto si sente bene.


Buon week-end! :)

10.04.2011

L'eleganza del minimalismo e la malinconia del blu

Avrei voluto scrivere di "Metals", l'ultimo di Feist...l'ho ascoltato 1, 2, 3 volte, ma niente da fare...non mi dice assolutamente nulla, inizio a non tollerare più le melodie "indie" ma chic (quelle che piacciono alle riviste come Vogue) e soprattutto i testi troppo melensi. Quindi ho optato per due concept album che mi hanno rapita ultimamente, uno più elegante dell'altro, che con i sentimentalismi non hanno nulla a che fare (scontato dire che si tratta in ambe i casi di ascolti non facili):

CINDYTALK "EVERYTHING HOLD DEAR"
Ne parlai già abbastanza in un post/retrospettiva a loro dedicato circa un anno fa, ed essendo un gruppo di culto, direi che la biografia è già ben nota.
"Everything Hold Dear" rappresenta il terzo capitolo della trilogia iniziata nel 2007 con "The Crackle of My Soul" e proseguita nel 2010 con "Up Here in the Cloud"; bisogna specificare che la reunion del gruppo si è limitata soltanto a qualche live, mentre alla registrazione degli album citati (preceduti nel 2003 da "Transgender Warrior/Guts of London"), si è dedicata Sharp praticamente come solista.
Le sonorità dei primi tre album della fase '00, quindi fino a "Up Here in the Cloud", si sono distanziate molto da quelle della vecchia formazione Cindytalk, conseguenza del fatto che Sharp ha vissuto a lungo in Giappone ed ha subito l'influenza techno/rave o comunque delle sonorità da club. All'industrial suonato con strumenti tradizionali, si è sostituito uno strano mix capace di unire noise, ambient e minimal, talvolta anche martellante e pesante, creato però con strumentazioni sintetiche, dai laptop alle apparecchiature elettroniche.
Con "Everything Hold Dear" si cambia nuovamente registro, le sonorità si fanno più soffuse, meditative, viene calcata la componente ambient, viene aggiunto un leggero tocco al piano di tanto in tanto, come succede in "Waking in the Snow" od in "I See You Uncovered", brani in cui è facile pensare alla grazia di Sakamoto o Brian Eno. Vengono adoperati field recordings dai toni evocativi, bambini che giocano, veicoli in movimento, sonorità acquatiche, il rumore del vento, il tutto unito in un'armonia irreale e meditativa, mischiando elementi naturali ad artifici umani ...ha molti caratteri dello shintoismo giapponese...una continuità logica tra i titoli dei brani che hanno un percorso determinato, l'album apre con il brano "How Soon Now" in cui si sentono bambini ridere e giocare, e termina con il brano "Until We Disappear", in cui torna lo stesso vociferare...un'inizio ed una fine, senza alcuna illusione.

L'album è stato realizzato tra il 2006 ed il 2011 con la collaborazione di Matt Kinnison (scomparso pochi mesi fa), tra Okamoto e Londra. L'ispirazione giunge dall'omonimo libro di John Berger, che tratta sulla condizione umana in relazione alla politica, all'industria e alla Natura. E dimenticavo di dire che Sharp ha presentato l'album pochi giorni fa qui a Torino, sempre al BlahBlah. Qui

HAUSCHKA & HILDUR GUDNADOTTIR "PAN TONE"
Lui, Hauschka, è un pianista tedesco dedito alla sperimentazione, lei, Hildur Gudnadottir, invece è una violoncellista islandese che conosciamo già abbastanza bene su questo blog, una delle maggiori esponenti del looping cello. I due si sono conosciuti nel 2010 nel corso dell'Artic Circle's Bubbly Blue and Green, un festival a tematica ambientale svolto a Londra, il cui argomento principale fu l'acqua. Per l'occasione i due composero qualche brano ispirandosi ai colori dell'oceano, esplorando un range di tonalità che vanno dall'acquamarina al quasi nero, passando per il blu pantone.
Il progetto è stato poi approfondito, e da qui l'album "Pan Tone" (che dovrebbe essere la tonalità di blu in cui è scritto il titolo). I titoli riprendono 6 delle tonalità con cui sono indicate le sfumature del blu, "#283", "#294", "Black 6", "#304", "#320", "Cool Gray1", ed a seconda della gradazione il brano assume un carattere che va dal cupo, al lugubre al malinconico (sempre di blu si tratta!). Si mescolano così le sonorità leggere e vivaci del piano alle sonorità profonde e meditative del violoncello, così da ricreare in musica la sensazione che genera un colore nella nostra psiche. Per me è un piccolo capolavoro che va ascoltato in cuffia e totale solitudine per poter percepire l'intreccio perfettamente calibrato tra le due componenti. Le differenze sono minime ma con un minimo di attenzione non è complesso discriminarle. Qui.



Buon ascolto! :)

PS: Antony a Bari è stato fantastico (inutile dirlo...) e la scaletta è stata differente rispetto a quella danese! Dall'intervista rilasciata da la Repubblica (qui), si legge che nel 2012 ripartirà con un lungo tour...a questo punto però spero si tratti di un "classico" tour alla Antony & the Johnsons, quindi niente orchestre ed effetti luce (per quanto si sia trattato di aggiunte straordinarie). "Soltanto" Antony al piano accompagnato da tutti i Johnsons al completo.