3.08.2011

Julia Kent "Green and Grey"

Si legge da una sua intervista pubblicata qualche giorno fa su Pitchfork (qui) che la sensibilità di Antony riguardo la tutela ed il rispetto della Natura e dell'ambiente, alla fine l'ha fortemente influenzata. "Green and Grey", come facilmente deducibile già dal titolo stesso, esplora la convivenza tra i due mondi, il verde, colore con cui s'identifica la Natura, ed il grigio, il colore prevalente nell'artificialità umana.
Re-interpretando "Delay", il primo album solista della Kent (2007), ora potrebbe essere visto come un preludio, l'inizio di un percorso di consapevolezza; in copertina una fila di carrelli per il trasporto delle valigie in aeroporto, il tutto ben riassunto proprio in quel colore triste ed occludente: il grigio. "Delay" difatti è stato ideato e composto per la maggior parte negli aeroporti da cui prendono titolo i brani dell'album, "Fontanarossa", "Malpensa", "Venizelos"... Solita prendere una miriade di voli aerei per via dei tour e subendo gli annessi ritardi (appunto "Delay"), la Kent ha potuto esplorare a fondo l'alienazione, l'omologazione, la tristezza di questo non-luogo...da una parte con i vari interludi inseriti tra un brano e l'altro: il vociferare in sottofondo, segnalazioni acustiche, passi, bagagli trascinati  velocemente a terra...tutti registrati in presa diretta e talvolta campionati; dall'altra parte i brani veri e propri che sembrano voler descrivere un rifugio da quel caos, ma che in fondo lasciano la sensazione di una profonda claustrofobia e di disagio. Almeno, questo è quel che ne ho riassuntivamente percepito...ma poi non è sempre possibile poter descrivere le proprie sensazioni con particolare finezza, tanto più se si tratta di un album strumentale.


L'estate scorsa l'Ep "Last Day in July", e qui, come scritto da me a proposito, si ha a che fare con con un temporalone che segna la fine dell'estate...la Kent con il suo violocello è capace di descrivere in musica quel preciso momento, quel passaggio, ed è capace si farlo con una grazia ed un profondità tale da poter essere immaginato visivamente, come se si trattasse di un documentario. Tra un brano e l'altro mancano gli interludi, sostituiti invece da sensazioni acustiche (la pioggia, i passi sulle pozzanghere, l'acqua), come parte integrante del brano stesso...è come se mancasse il distacco tra realtà e necessità, ben radicato invece in "Delay"...la Natura, la quiete, l'osservazione dei fenomeni, sembrano coincidere con le aspettative e le necessità della stessa Kent.


 Poi arriva "Green and Grey":
         http://music.juliakent.com/
In linea generale concordo con la recensione del The Liminal: http://www.theliminal.co.uk/2011/02/julia-kent-green-and-grey/
il punto di vista può essere duplice  e soggettivo, ossia: si tratta di osservazioni dei fenomeni naturali visti all'interno di un contesto urbano? Oppure si tratta di fenomeni naturali, visti e vissuti nel loro ambiente, con lo stupore di chi però a quell'ambiente si sente ormai estraneo?
Di sicuro c'è il fatto che il contesto Natura rappresenta una fuga dal caos, il luogo dove trovare calma e serenità, un fattore da riscoprire...il punto di arrivo di un percorso. Ma andiamo con ordine:
Julia racconta  che in effetti erano circa 3 anni che lavorava dietro a quest'album, ed il tutto nacque mentre stava registrando con Antony (suppongo l'album "The Crying Light"), in un piccolo studio poco fuori New York, praticamente localizzato nel mezzo di un bosco. Qui rimase affascinata dalla ritmicità dei suoni emessi dagli insetti (nello specifico, delle cicale), cominciò così a realizzare svariate registrazioni dei rumori ambientali circostanti, senza però avere un'idea precisa di cosa farne...successivamente, nelle brevi pause tra un tour e l'altro, ha riflettuto sul significato di quei suoni, ha riflettuto sul perchè si sia sentita allo stesso tempo affascinata, intimorita e spaesata  in un ambiente non urbano, e quindi sul suo rapporto con la Natura. Tornata dunque nella tranquillità del suo appartamento a Manhattan ha messo insieme tutte quelle registrazioni...
- L'album comincia con "Pleiades", le cicale introducono il brano che parte lento, riflessivo (a tratti mi ricorda Philip Glass nella soundtrack "The Hours")...sembra quasi l'avvicinarsi cauto e circospetto ad un mondo sconosciuto, che pian piano diventa sempre più familiare, fino ad abbandonarsi allo stupore. Resta sempre la doppia possibilità: si tratta di un'esperienza vissuta nel contesto urbano, quindi le cicale si trovano nel giardino, le stelle vengono guardate da dietro una finestra? Oppure il tutto viene vissuto in un contesto non urbano?
- "Ailanthus", (già contenuto nell' Ep "Last Day in July") , detta anche "pianta del paradiso" per via delle altezze che può raggiungere (fino a 25m di altezza), è una pianta infestante...il fatto che il brano parta con dei passi sull'asfalto e che continui con ritmo ripetitivo, che sembra quasi delineare un cerchio che si espande, mi fa percepire il lungo e lento lavoro attuato per impossessarsi di un luogo...resta poi da capire quale sia la vera "pianta" infestante...
- In "Toll", ossia il dazio, il conto da pagare sempre inteso nell'ottica della duplice visione Natura/uomo, si torna ad una classicissima Kent, il brano si apre, si sviluppa con il caratteristico intrecciarsi di loops che man mano si aggiungono, per poi tornare su stesso nella conclusione, il tutto caratterizzato da una certa cupezza...che forse lascia intendere quale sia la sua personale visione.
- Si arriva ad "Acquario"...il rumore dell'acqua ben delineato all'inizio, accompagna tutto il corso del brano in sottofondo...la Kent è capace di trasformare il suono prodotto dal suo violocello in correnti, mulinelli, cascate, le sue sonoritè sono fluide, liquide, diventano l'artificio capace di descrivere in immagini lo scorrere dell'acqua...e che si trovi in un acquario posto nel salotto di casa o si tratti di un torrente od un corso d'acqua, ha ben poco conto.
-"Tithonos", le cicale aprono ed accompagnano tutto il brano...qui rientra la mitologia greca...
la leggenda narra che Eos (amante di Titone) chiese a Zeus di donargli l'immortalità, dimenticando di richiedere anche l'eterna giovinezza. Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio e privo di forze, Eos ottenne che esso fosse mutato in cicala
-"Guarding the Invitations", tra i miei preferiti, con aperture da brividi ed un'eleganza senza pari. Fortunatamente si trova una sua performance su YouTube, relativa ad un live tenuto lo scorso maggio a Milano (in cui ovviamente c'ero). Il titolo che appare sul video è "Venizelos" (contenuto in "Delay), ma chiaramente si tratta di un errore, e dunque:



- Si continua con "Overlook" e grazie alla capacità descrittiva della Kent, non vi è molto da aggiungere...la vista di un paesaggio, le sue caratteristiche fin nel dettaglio (naturali e non...)
- "A Spire", ecco il capolavoro dell'album (almeno per me)! L'unico riferimento chiaro ad un costrutto umano: "spire", una torre, una guglia...a simboleggiare un po' l'orgoglio di ergersi al di sopra della Natura. Al primo ascolto sono rimasta inebetita! Ricorda molto Zoe Keating nella migliore condizione (d'altra parte anche lei era parte delle Rasputina); ok, non è certo la prima volta che Julia Kent inserisce altre strumentazioni alle sue composizioni (piccoli e vecchi sintetizzatori), ma questa volta entrano a farne parte un beat (ma leggero neh!) in sottofondo e quello che sembra essere uno xilofono (che sia poi al sintetizzatore o no, questo non lo so...). Posso dire che potrei ascoltarlo tutto il giorno senza sosta e rimarrei sempre a bocca aperta! :)
- E dunque "Missed", che io percepisco come la sensazione di estraniazione nei confronti di una realtà che non ci appartiene più. La stessa Kent dice infatti che nonostante questa sua riflessione, e nonostante essere più sensibile ed attenta ora ai fenomeni naturali, ne è comunque spaventata...intendendoli come manifestazioni molto al di sopra delle nostre possibilità e decisioni.
- "Dear Mr. Twombly"...brano più meditativo, anche questo caratterizzato dalla piccola "intromissione" di un sintetizzatore (che ricorda un po' "Fontanarossa"). Resta un po' un punto interrogativo, di Twombly conosco un pittore americano che fu capace di unire lo stile grafico del disegno, alla pittura...e dubito si riferisca a lui.
- Si giunge al finale con "Wake Low"; indicano le linee (si può dire isobare?) che delimitano le aree di bassa pressione,  che sono poi quelle più soggette a fenomeni atmosferici legati maltempo, come la pioggia ed il vento. Da l'idea di una lunga e ponderata riflessione che termina con una presa di coscienza, una nuova percezione...a terminare il brano (e quindi l'album) è lo stesso rumorio emesso dalle cicale, con cui si apre "Green and Grey"...ma giunti a questo punto, è chiaro che il significato di questo fenomeno non è più lo stesso. Dapprima si tratta di un episodio forse un po' banale, ma che suscita un certo stupore, è una scoperta...lo stupore poi stimola una riflessione che porta ad una comprensione profonda del suo significato e questa infine ad una nuova consapevolezza.

Non amo dare voti,  ne subisco già abbastanza di mio e so quanto possono essere ingiusti...ma per me Julia Kent si prende nuovamente il massimo dei voti, d'altra parte non nascondo la mia smisurata "venerazione" per lei :)
Come al solito, le mie parole a sproposito non sono minimamente in grado di lasciar intendere la reale sostanza (e  bellezza) del lavoro in questione, ed ho anche un po' l'impressione di aver qua e la sviato dall'essenzialità del suo significato...il fatto è che ci sarebbero da aggiungere parecchie "cose" su quest'album e sulla sua lavorazione che il post risulterebbe illeggibile. L'unica speranza è quella di non aver allontanato nessun dall'ascolto di questo capolavoro! :)

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