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9.22.2014

Khan feat Julia Kent @Varvara

Can Khan Oral feat Julia Kent @Varvara Fest. just a few nights ago here in Turin. And it was amazing.


Buon Ascolto!

10.04.2013

Julia Kent live@SUPERBUDDA

 Torino, 24/4/2013
Tourbillon
Fall
Kingdom
Only Child
  Buon Ascolto e buon week-end! :)

3.26.2013

Julia Kent "Character"

JULIA KENT "CHARACTER"





Su questo spazio web si sono spese un mucchio di parole riguardo ogni nuovo progetto della carriera solista (e non) di Julia Kent...ogni qual volta vi è una nuova collaborazione, od ogni volta si può ammirarla suonare il suo violoncello dal vivo. Tutte parole nemmeno lontanamente capaci di rendere l'idea del suo talento, del suo fascino discreto e della sua rara versatilità musicale, così per la sua ultima uscita solista dal titolo "Character" l'intenzione era di riassumerne l'eleganza e l'intensità con qualche frammento video...non ci sono ancora estratti video, ma sotto lascio la sua performance+intervista alla trasmissione "Spinning on Air" su WNYC:
Transportation
Flicker
Tourbillon
Fall
Only Child
Salute



Buon Ascolto!! :)

3.08.2013

Il Cantiere dei Suoni

Resoconto in video de "Il Cantiere dei Suoni"
http://www.youtube.com/user/spaccamont



"Amici Vecchi"

"DEH"

"Claude, L'ultimo vestito non ha tasche", Tex2, Fischioni"

Buon week-end e buon Ascolto! :)

1.25.2013

Appuntamenti di febbraio

Invece del consueto live del week-end, per questa settimana è sufficiente una singola traccia della durata di poco più di 3 minuti; si tratta di "Tourbillon", brano che anticipa il terzo full-lenght di Julia Kent dal titolo "Character", la cui uscita è prevista per inizio marzo oltre che in formato CD e digitale, anche in formato Lp...http://music.juliakent.com
Sotto lo streaming e la possibilità di effettuare il download del brano (splendido come d'abitudine).



Già che siamo sul discorso...Julia Kent si esibirà in due solo-show: il 7 febbraio al Btomic a la Spezia ed il 17 febbraio al Nuovo Teatro di Soragna a Parma. A noi torinesi invece sono riservate due date particolari: il 10 febbraio la Kent e Fabrizio Modonese Palumbo collaboreranno in una DJ session presso il Blah Blah, mentre il 16 febbraio presso il CAP10100 avrà luogo la data conclusiva del "Cantiere dei Suoni", sessione in cui il violoncello di Julia Kent incontrerà le sonorità di Ivan Bert, Paolo Spaccamonti e Paolo DellaPiana...evento che verrà poi successivamente diffuso in streaming e da cui verrà realizzato un vinile...lascio il link: http://www.musica90.net/musica-90-sessions/

Buon Ascolto! :)

12.29.2011

Album 2011 #02 Julia Kent "Green and Grey"

#02 JULIA KENT - "GREEN AND GREY"
Senz'altro l'album che ho atteso maggiormente, l'album che ho ascoltato di più, e che ho amato di più, e poi Lei dal vivo che sia sola nella sua forma più classica, in collaborazione con Beauchamp in un contesto più sperimentale, con i Larsen o con i Blind Cave Salamander, con Antony o con Barbara de Dominicis, lascia sempre senza parole! Proprio a causa della mia smisurata venerazione per la Kent, ero in dubbio se piazzarla prima (comunque lo è!), ma anche quelli che posterò domani sono lo stesso in vetta a questa "classifica"...vabbè, capito no? :)
Qui sotto rimando al post originale, che riletto ora  mi ha fatto seriamente preoccupare di me stessa...per non parlare dei colori che ho usato per scrivere i titoli:http://omote-no.blogspot.com/2011/03/julia-kent-green-and-greyafter-several.html
Qui sotto invece ricopio l'intero post (sì, quello preoccupante del link sopra), aggiungendoci però alcuni video:

"GREEN AND GREY"
Si legge da una sua intervista pubblicata qualche giorno fa su Pitchfork (qui), la sensibilità e l'attenzione di Antony riguardo la tutela ed il rispetto della Natura e dell'ambiente, alla fine l'hanno fortemente influenzata; "Green and Grey", come facilmente deducibile già dal titolo stesso, esplora la convivenza tra i due mondi, il verde, colore con cui s'identifica la Natura, ed il grigio, il colore prevalente nell'artificialità umana.
Re-interpretando "Delay", il primo album solista della Kent (2007), ora potrebbe essere visto come un preludio, l'inizio di un percorso di consapevolezza; in copertina una fila di carrelli per il trasporto delle valigie in aeroporto, il tutto ben riassunto proprio in quel colore triste ed occludente: il grigio. "Delay" difatti è stato ideato e composto per la maggior parte negli aeroporti da cui prendono titolo i brani dell'album, "Fontanarossa", "Malpensa", "Venizelos"... Solita prendere una miriade di voli aerei per via dei tour e subendo gli annessi ritardi (appunto "Delay"), la Kent ha potuto esplorare a fondo l'alienazione, l'omologazione, la tristezza di questo non-luogo...da una parte con i vari interludi inseriti tra un brano e l'altro: il vociferare in sottofondo, segnalazioni acustiche, passi, bagagli trascinati  velocemente a terra...tutti registrati in presa diretta e talvolta campionati; dall'altra parte i brani veri e propri che sembrano voler descrivere un rifugio da quel caos, ma che in fondo lasciano la sensazione di una profonda claustrofobia e di disagio. Almeno, questo è quel che ne ho riassuntivamente percepito...ma poi non è sempre possibile poter descrivere le proprie sensazioni con particolare finezza, tanto più se si tratta di un album strumentale.


L'estate scorsa l'Ep "Last Day in July", e qui, come scritto da me a proposito, si ha a che fare con con un temporalone che segna la fine dell'estate...la Kent con il suo violocello è capace di descrivere in musica quel preciso momento, quel passaggio, ed è capace di farlo con una grazia ed un profondità tale da poter essere immaginato visivamente, come se si trattasse di un documentario. Tra un brano e l'altro mancano gli interludi, sostituiti invece da sensazioni acustiche (la pioggia, i passi sulle pozzanghere, l'acqua), come parte integrante del brano stesso...è come se mancasse il distacco tra realtà e necessità, ben radicato invece in "Delay"...la Natura, la quiete, l'osservazione dei fenomeni, sembrano coincidere con le aspettative e le necessità della stessa Kent.


 Poi arriva "Green and Grey":
         http://music.juliakent.com/
In linea generale concordo con la recensione del The Liminal: http://www.theliminal.co.uk/2011/02/julia-kent-green-and-grey/
il punto di vista può essere duplice  e soggettivo, ossia: si tratta di osservazioni dei fenomeni naturali visti all'interno di un contesto urbano? Oppure si tratta di fenomeni naturali, visti e vissuti nel loro ambiente, con lo stupore di chi però a quell'ambiente si sente ormai estraneo?
Di sicuro c'è il fatto che il contesto Natura rappresenta una fuga dal caos, il luogo dove trovare calma e serenità, un fattore da riscoprire...il punto di arrivo di un percorso. Ma andiamo con ordine:
Julia racconta  che in effetti erano circa 3 anni che lavorava dietro a quest'album, ed il tutto nacque mentre stava registrando con Antony (suppongo l'album "The Crying Light"), in un piccolo studio poco fuori New York, praticamente localizzato nel mezzo di un bosco. Qui rimase affascinata dalla ritmicità dei suoni emessi dagli insetti (nello specifico, delle cicale), cominciò così a realizzare svariate registrazioni dei rumori ambientali circostanti, senza però avere un'idea precisa di cosa farne...successivamente, nelle brevi pause tra un tour e l'altro, ha riflettuto sul significato di quei suoni, ha riflettuto sul perchè si sia sentita allo stesso tempo affascinata, intimorita e spaesata  in un ambiente non urbano, e quindi sul suo rapporto con la Natura. Tornata dunque nella tranquillità del suo appartamento a Manhattan ha messo insieme tutte quelle registrazioni...
- L'album comincia con "Pleiades", le cicale introducono il brano che parte lento, riflessivo (a tratti mi ricorda Philip Glass nella soundtrack "The Hours")...sembra quasi l'avvicinarsi cauto e circospetto ad un mondo sconosciuto, che pian piano diventa sempre più familiare, fino ad abbandonarsi allo stupore. Resta sempre la doppia possibilità: si tratta di un'esperienza vissuta nel contesto urbano, quindi le cicale si trovano nel giardino, le stelle vengono guardate da dietro una finestra? Oppure il tutto viene vissuto in un contesto non urbano?
- "Ailanthus", (già contenuto nell' Ep "Last Day in July") , detta anche "pianta del paradiso" per via delle altezze che può raggiungere (fino a 25m di altezza), è una pianta infestante...il fatto che il brano parta con dei passi sull'asfalto e che continui con ritmo ripetitivo, che sembra quasi delineare un cerchio che si espande, mi fa percepire il lungo e lento lavoro attuato per impossessarsi di un luogo...resta poi da capire quale sia la vera "pianta" infestante...

Julia Kent (2) live Paris 2010 feb. 22 di NoMoreReturn
- In "Toll", ossia il dazio, il conto da pagare sempre inteso nell'ottica della duplice visione Natura/uomo. Si torna ad una classicissima Kent, il brano si apre, si sviluppa con il caratteristico intrecciarsi di loops che man mano si aggiungono e si sommano, per poi tornare su stesso nella conclusione, il tutto caratterizzato da una certa cupezza...che forse lascia intendere quale sia la sua personale visione.
- Si arriva ad "Acquario"...il rumore dell'acqua ben delineato all'inizio, accompagna tutto il corso del brano in sottofondo...la Kent è capace di trasformare il suono prodotto dal suo violocello in correnti, mulinelli, cascate, le sue sonoritè sono fluide, liquide, diventano l'artificio capace di descrivere in immagini lo scorrere dell'acqua...e che si trovi in un acquario posto nel salotto di casa o si tratti di un torrente od un corso d'acqua, ha ben poco conto.

Julia Kent (1) live Paris 2010 feb. 22 di NoMoreReturn
-"Tithonos", le cicale aprono ed accompagnano tutto il brano...qui rientra la mitologia greca...
la leggenda narra che Eos (amante di Titone) chiese a Zeus di donargli l'immortalità, dimenticando di richiedere anche l'eterna giovinezza. Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio e privo di forze, Eos ottenne che esso fosse mutato in cicala
-"Guarding the Invitations", tra i miei preferiti, con aperture da brividi ed un'eleganza senza pari. Fortunatamente si trova una sua performance su YouTube, relativa ad un live tenuto lo scorso maggio a Milano (in cui ovviamente c'ero).
- Si continua con "Overlook" e grazie alla capacità descrittiva della Kent, non vi è molto da aggiungere...la vista di un paesaggio, le sue caratteristiche fin nel dettaglio (naturali e non...)
- "A Spire", ecco il capolavoro dell'album (almeno per me)! L'unico riferimento chiaro ad un costrutto umano: "spire", una torre, una guglia...a simboleggiare un po' l'orgoglio di ergersi al di sopra della Natura. Al primo ascolto sono rimasta inebetita! Ricorda molto Zoe Keating nella migliore condizione (d'altra parte anche lei era parte delle Rasputina); ok, non è certo la prima volta che Julia Kent inserisce altre strumentazioni alle sue composizioni (piccoli e vecchi sintetizzatori), ma questa volta entrano a farne parte un beat (ma leggero neh!) in sottofondo e quello che sembra essere uno xilofono (che sia poi al sintetizzatore o no, questo non lo so...). Posso dire che potrei ascoltarlo tutto il giorno senza sosta e rimarrei sempre a bocca aperta! :)
- E dunque "Missed", che io percepisco come la sensazione di estraniazione nei confronti di una realtà che non ci appartiene più. La stessa Kent dice infatti che nonostante questa sua riflessione, e nonostante essere più sensibile ed attenta ora ai fenomeni naturali, ne è comunque spaventata...intendendoli come manifestazioni molto al di sopra delle nostre possibilità e decisioni.

Julia Kent (5) live Paris 2010 feb. 22 di NoMoreReturn
- "Dear Mr. Twombly"...brano più meditativo, anche questo caratterizzato dalla piccola "intromissione" di un sintetizzatore (che ricorda un po' "Fontanarossa"). Resta un po' un punto interrogativo, di Twombly conosco un pittore americano che fu capace di unire lo stile grafico del disegno, alla pittura...e dubito si riferisca a lui. (invece poi si è scoperto che è proprio lui il Twombly in questione!)
- Si giunge al finale con "Wake Low"; indicano le linee (si può dire isobare?) che delimitano le aree di bassa pressione,  che sono poi quelle più soggette a fenomeni atmosferici legati maltempo, come la pioggia ed il vento. Da l'idea di una lunga e ponderata riflessione che termina con una presa di coscienza, una nuova percezione...a terminare il brano (e quindi l'album) è lo stesso rumorio emesso dalle cicale, con cui si apre "Green and Grey"...ma giunti a questo punto, è chiaro che il significato di questo fenomeno non è più lo stesso. Dapprima si tratta di un episodio forse un po' banale, ma che suscita un certo stupore, è una scoperta...lo stupore poi stimola una riflessione che porta ad una comprensione profonda del suo significato e questa infine ad una nuova consapevolezza.

Come al solito, le mie parole a sproposito non sono minimamente in grado di lasciar intendere la reale sostanza (e  bellezza) del lavoro in questione, ed ho anche un po' l'impressione di aver qua e la sviato dall'essenzialità del suo significato...il fatto è che ci sarebbero da aggiungere parecchie "cose" su quest'album e sulla sua lavorazione che il post risulterebbe illeggibile. L'unica speranza è quella di non aver allontanato nessun dall'ascolto di questo capolavoro! :)
Buon ascolto!...ah già, nessun link per il download qui neh! :)

10.27.2011

@Cafe Oto

Trovandomi ancora in rotta di collisione con il nefasto pianeta "Melancholia", in questa settimana mi è stato impossibile ascoltare qualcosa che non fosse  musica da camera (nello specifico le composizioni  più deprimenti tipo "Adagio for Strings" di Barber). Per niente in linea con questo blog, e dunque riporto pari pari il resoconto del live Julia Kent- (r) ossia Fabrizio Modonese Palumbo- Cindytalk dello scorso 18 ottobre al Cafe Oto (Londra), con tanto di video allucinogeni inclusi:

http://www.fluid-radio.co.uk/2011/10/julia-kent-r-cindytalk-%E2%80%93-live-at-cafe-oto/

Julia Kent, (r), Cindytalk – Live at Cafe Oto

Posted On: October 26, 2011


Julia Kent from Gianmarco Del Re on Vimeo.
“I am happy to be in Europe where people can understand my jokes, the trouble is I don’t have any”. In typical self-deprecatory style, Julia Kent opened Tuesday’s gig with an assured set drawing mainly from her latest album, Green and Grey, a carefully balanced meditation on the dichotomy between the urban and the natural world. Focused and controlled, Kent resisted the temptation of overlaying the loops while weaving delicate and yet piercing melodies suggesting an unresolved sense of longing. In her set she mapped out a tender and fiercely humane diagram of fleeting moments hinged on the transitory nature of life. Her lightness of touch was remarkable, even when she laid bare her vulnerabilities.
A personal highlight was the wonderful Dear Mr Twombly dedicated to the late American painter, a track that took an elegiac tone without mutating into a mournful lament. And yet, at times, I found myself secretly hoping for some slippage of some kind, just to be able to momentarily lose my bearings. That is not to say that she treaded on safe ground opting for the genteel and the achingly beautiful. Instead she injected a suitable tension in the crescendo of several tracks that only sparingly gave way to a more languorous mode. As it was, Kent’s perfectly judged performance favoured a highly polished approach, without trying to be sleek. Deceptively easy to capture, it required active concentration in order to unveil its hidden subtleties. It made for rich pickings.

(r) live at cafe OTO from Gianmarco Del Re on Vimeo.
Back in London under his (r) moniker, and joined by Daniele Pagliaro, Fabrizio Modenese Palumbo was also on top form. A member of Larsen, who gave a rough around the edges but thoroughly enjoyable performance here at Cafe OTO only 10 days ago, Fabrizio also shares the bill with Julia Kent and Paul Beauchamp, as Blind Cave Salamander. As (r) however, he is able to indulge his queerest musical tastes with gay abandon which is what his did in spades.
Rigorously dressed in pink, complete with a pink feather boa, he was joined by Daniele Pagliero who created an electronic tapestry onto which Modonese Palumbo embroidered his electric set with a calculated frenzy that never felt hurried. Singing very softly in a baritone voice, when not howling as he did on Marlene Dietrich’s cover See what the Boys in the Background Will Do, Fabrizio quickly shifted gears moving from the sepulchral to the abstract, fracturing, in the process, any plausible interpretation of a post gay reading of standards such as Tammy Wynette’s The Ways to Love a Man or Marianne Faithfull’s Sister Morphine. Clearly enjoying himself Fabrizio Modonese Palumbo let rip wrestling his guitar while shredding the tracks from his album Drama Queen to bits. All done in good fun and with a penchant for the epic, which might have benefited from a few occasional trimmings, had it not been delivered with such unadulterated gusto that was difficult to dispute.
Third act of the night was the eagerly anticipated Cindytalk. Before coming on stage, Gordon Sharp told me he had prepared a noisy set. Having recently delivered a stunning trio of albums on the Mego label, home to Fennesz and Bill Orcutt, which saw him plunging into uncharted waters to develop a radically new language for Cindytalk, it was difficult to guess how that would translate into a live setting especially one tilted towards the noisier side of the spectrum. Starting off in a suitably sombre mode, more abrasive than melancholic, Cindytalk quickly captured the stage with an assured presence, which indicated that the transgender warrior was not willing to take any prisoners. And yet there was no posturing and nothing confrontational in Cindy’s voice. On the contrary it was immediately apparent how delicate and fragile Cindytalk’s sound was even if coated in an armour of steely dissonance. Performing with his eyes firmly closed as if cocooning himself as one does when inhabiting a non-space as described by Marc Augé, and only occasionally glancing towards the audience or to the back projection onto which spilled images pertaining to the feminine, I felt like an intruder eavesdropping on a very private conversation.

Cindytalk - live at Cafe OTO from Gianmarco Del Re on Vimeo.
It made me think of a passage from a Don DeLillo novel The Body Artist. “That night she stood outside his room and listened to him whimper. The sound was a series of weak cries, half cries, dull and uniform, and it had a faint echo, a feedback, and carried a desolation that swept aside words, hers or anyone’s. She didn’t know what it meant. Of course she knew. He had no protective surface. He was alone and unable to improvise, make himself up. She went to the bed and sat there, offering touches and calming sounds, softenings of the night. He was scared. How simple and true. He was there in the howl of the world. This was the howling face, the stark, the not-as-if of things.
Granted that there is no whimpering in Cindytalk sound, it is just the primeval fear I felt creeping up on me that brought me back to this passage, the feeling of loneliness echoed by Anna Karina’s face flickering on the screen. But it might have easily just been me projecting. Whatever it was, I was left trembling until, like softenings of the night, Julia Kent and Fabrizio Modonese Palumbo joined the proceedings halfway through Cindytalk’s set tracing the contours of a possible path leading towards the light. Without holding onto the helm, Cindy let them gently steer the boat within reach of the shore but still refusing to drop the anchor. The pervasive sense of displacement so intrinsic to Cindytalk’s music remained intact. Never going for the easy option Cindy sat at the piano like someone trying to articulate in a foreign language something deeply personal.
Having prepared myself to a barrage of noise I kept loosing my footing taken aback by the sparseness of the sound enveloped by Julia Kent’s cello and Fabrizio Modonese Palumbo’s electric guitar and viola with murmurs of appeasement. It was a performance that subverted my expectations. Once again, I will borrow from Don DeLillo’s novel to voice my feelings. There is a passage where he writes about the wind, which sums up my experience “There is something about the wind. It strips you of assurances, working into you, continuous, making you feel the hidden thinness of everything around you, all the solid stuff of a hundred undertakings-the barest makeshift flimsy.”
In the end I was left with more questions than answers, and that to me is always a good sign.
- Gianmarco Del Re for Fluid Radio
Poi ho visto che ormai è stata sdoganato su qualche blog anche "Dendrophilia" di Justin Vivian Bond...magari domani sempre che l'orbita melancholica prenda un'altra via...molto più probabilmente mi soffermerò su un album splendido ma deprimente, che a Melancholia si ricollega in maniera stretta, ossia la rivisitazione di Ben Frost e Daniél Bjarnason della soundtrack del film di Andrej Tarkovskij "Solaris".

9.27.2011

BAR

Forse ho rotto un po' troppo le scatole negli ultimi 3-4 mesi per non postare qualcosa riguardo "BAR", l'ennesimo progetto di Julia Kent (in prima assoluta sabato scorso qui a Torino), questa volta condiviso con Paul Beauchamp alla postazione bar e Fabiana Antonioli per la parte visuals (anch'essi parte tra l'altro dei Blind Cave Salamander, che due giorni prima sempre con la Kent hanno presentato in anteprima, con un live splendido, il loro prossimo album "Wet Stone").
Tornando a BAR, si è trattato di una première, forse (e spero) seguiranno future repliche, è da dire però che la sensazione, data anche la particolarità, è stata quella di un evento unico, una sperimentazione riuscita perfettamente in cui tutto è sembrato essere studiato nel dettaglio.
Julia ha proposto brani dai suoi album, ma un paio mi sono sembrati inediti (od almeno non credo di averli mai sentiti prima), Paul Beauchamp alla postazione bar si occupava di unire con field recordings realizzati sul momento, tutti quei rumori tipici di un bar, quindi il suono che produce una bottiglia quando viene stappata, bicchieri che si rompono, il ghiaccio che viene shakerato, mescolatori da cocktail (mescolatore è il termine che uso in laboratorio chimico...vabbè, insomma :) , quello...) che urtano contro le pareti del bicchiere, tappi che vengono svitati pian piano etc etc; il tutto arricchito dalle video-proiezioni a tema di Fabiana Antonioli (suggestive e molto belle dal punto di vista estetico).
Uno strumento musicale classico come il violoncello, creato appositamente per produrre musica e che produce suoni che tutti valutiamo immediatamente come note, e quindi musica, unito ai suoni involontari prodotti in qualunque circostanza e qualsiasi ambiente, che siamo invece abituati a considerare come semplici rumori...sorprende come possano combinarsi insieme!
La febbre a 39 e passa ed i relativi farmaci presi per riuscire a guidare quei 10 minuti scarsi che occorrono da casa mia al BlahBlah hanno generato in me un senso di totale stordimento, sicchè l'handycam sì l'ho portata ma non avevo messo in ricarica la batteria...batteria morta! Quindi ho fatto dei filmati davvero orridi sia per la mia mano tremante dalla debolezza (odio gli antipiretici che danno sonnolenza!), sia per i mezzi con qui sono stati realizzati, ossia il mio iphone e la mia digitale...poi YouTube ha messo del suo perchè per qualche misterioso motivo ha deciso che alcuni video dovevano essere in bianco e nero (malgrado siano stati girati a colori e sul mio pc si vedano normalmente).
"Acquario":


Questo è stato un momento particolare e suggestivo, gli spettatori sono stati invitati anche a partecipare attivamente manipolando il proprio bicchiere(che io non avevo...alcool+febbre+farmaci=mi sarei addormentata in auto ancor prima di allacciarmi la cintura!); il tintinnio dei bicchieri unito alle proiezioni dava un effetto affascinante:


Questo è uno dei due brani che non so bene identificare, credo sia Ailanthus ma
in una versione molto rallentata e differente: (che meraviglia!)


Questo non riesco ad identificarlo, è nuovo?!?: (che meraviglia!)


"A Spire" in questa versione è bellissima!:


Mi scuso ancora per la pessima qualità video/audio! :(

9.11.2011

The Disintegration Loops

Un'ora e poco più, solo una delle 4 parti che compongono il ciclo Disintegration Loops di Basinski, ispirato agli eventi dell'11 Settebre 2001. Non mi è sembrato fuori luogo inserire oggi qui in un post il contenuto del DVD che lo stesso Basinski ha poi realizzato con le immagini riprese proprio quel giorno dal tetto del suo studio, l'Arcadia. La colonna di fumo e detriti che si sollevano dal crollo delle Twin Towers mentre il sole lentamente tramonta:


Ps: Ricordo che in occasione del decimo anniversario dall'11 Settembre:
-questa sera su Rai Radio 3 alle 21-00 verrà trasmesso in diretta il concerto teatrale in due atti “10 ANNI DOPO IL PARADISO”  in cui Julia Kent suonerà il suo violoncello; 
-su Radio Npr invece verrà trasmessa in diretta dal MoMa di New York(alle 21-30 nel nostro fuso orario), la rivisitazione orchestrale di Maxim Moston (primo violinista degli Antony and the Johnsons) proprio della composizione "The Disintegration Loops" di William Basinski
http://www.npr.org/blogs/deceptivecadence/2011/09/07/140265002/remembering-september-11-a-live-concert-webcast-from-the-temple-of-dendur?device=iphone

E neanche a farlo apposta capita che i miei due musicisti preferiti in assoluto siano trasmessi in diretta alla radio...lo stesso giorno ed alla stessa ora...arghhh!!! Per questo registrerò entrambe le trasmissioni, se a qualcuno interessano ditemi che poi metto i links.

9.07.2011

Julia in diretta su Radio Rai 3

L'11 settembre, in occasione del 10^ anniversario dall'attentato alle Twin Towers a New York, Radio Rai 3 trasmetterà in diretta "10 anni dopo il paradiso", in cui potremo ascoltare finalmente la Nostra, live su una radio italiana:


“10 ANNI DOPO IL PARADISO” DI ISRAEL HOROVITZ - IL TEATRO IN DIRETTA, ROMA 11 SETTEMBRE

Roma - In occasione del decimo anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle di New York, la Compagnia Horovitz-Paciotto di Spoleto ha voluto realizzare un concerto teatrale in due atti “10 ANNI DOPO IL PARADISO” che andrà in scena l'11 settembre a Roma nella Sala A di Via Asiago ed in Diretta Radio RAI 3 dalle ore 21.00

Il testo combina insieme due monologhi scritti dal grande drammaturgo americano Israel Horovitz, a dieci anni di distanza uno dall’altro. Il primo, 3 settimane dopo il Paradiso, è stato scritto nel 2001 subito dopo gli attacchi. Racconta l’esperienza personale della famiglia Horovitz durante quella fatidica mattina e nei giorni seguenti. Il secondo, 10 anni dopo il Paradiso, scritto durante gli ultimi dieci anni, presenta una serie di riflessioni sugli effetti che gli eventi che l’11 settembre hanno avuto sulla sfera della vita privata dell'autore, sull’America e sul mondo.

Tra le parole, narrate dall'attore Francesco Bolo Rossini, s' insinua il suono emozionante del violoncello di Julia Kent, straordinaria musicista canadese già famosa dagli anni Novanta per le sue collaborazioni con il trio delle Rasputina, e con Antony and the Johnsons. A partire dalla pubblicazione del suo album- solo ispirato ai suoi numerosi viaggi, la Kent si è dedicata prevalentemente alle sue proprie composizioni. Le sue musiche sono state scelte anche dal regista Paolo Sorrentino per il suo ultimo film “This must be the place” con Sean Penn.
Contemporaneamente a New York verrà eseguita in versione orchestrale la composizione in 4 parti "The Disintegration Loops" di William Basinski:
http://northern-spy.com/2011/07/william-basinskis-disintegration-loops-to-be-performed-in-nyc-for-10th-anniversary-of-911/

7.14.2011

Melancholic Extremism

Il titolo del post non è una mia voluta esasperazione nel tentativo di riassumere sbrigativamente l'essenza di un album (come mio solito...), ma è come la stampa polacca, durante il tour del 2008 per il loro terzo "Black Hill: Midnight At The Blighted Star", ha definito le sonorità degli Human Greed. Formazione nata nel '99 dall'unione tra lo scrittore scozzese Michael Begg e l’artista visuale Deryk Thomas, giunta ora  suo quarto disco, dal titolo capace di fare intendere nell'immediato la complessità di quest'ultimo loro album: "Fortress Longing: The Internal Campaign for the Safe and Complete Return of the Sleeping Egyptian to the Desert". 
Nel tempo, anche piuttosto recente, Begg ha collaborato  con altre formazioni, quali "Nurse with Wound, "Blind Cave Salamander" e Laura Sheeran con  cui ha contribuito anche alla pubblicazione del debutto "Fovea Hex" (tra l'altro, non ho mai messo nulla...vabbè il prossimo post), e proprio da queste collaborazioni (ma non solo...), ha reclutato i musicisti/artisti per la realizzazione di  questo "Fortess Longing" (abbreviamolo così...). Quindi appunto Laura Sheeran, Tommy Aashildrød, Nicole Boitos (autrice della copertina),
Colin Potter, e poi una violoncellista canadese di cui forse avrò parlato giusto una volta o due su questo blog...se non ricordo male si chiama Julia Kent...quanto sono monotona! :) Certamente si tratta di un album non facilissimo da ascoltare, come sempre bisogna essere un po' abituati a questo tipo di sonorità, un perfetto sinergismo tra strumentazioni classiche quindi il violoncello (di quella certa Kent), violini, arpe,campane tibetane, un pianoforte e sonorità elettroniche tra sintetizzatori e field recordings che derivano dai viaggi di Begg tra Grecia, Egitto, Londra e Francoforte...è un album (oltre che estremamente malinconico...), estremamente complesso e per questo affascinante come pochi altri ascoltati da me quest'anno (sicchè dopo parecchio scrivo un post monografico).
Tornando alla questione Kent, ok sono particolarmente monotematica, ma in fin dei conti cosa posso farci se ogni suo progetto o collaborazione risulta essere così bello, e non a caso il brano che più resta impresso di "Fortress Longing" è "The Green Line": testo scritto da Begg, letto da Aashildrød, accompagnato dal suo violoncello, cupo, profondo, che non fa altro che amplificare la rappresentazione per immagini che già il testo è capace di evocare nella mente...a questo punto, solo dopo averlo ascoltato, avrete ben chiara la sua profondità.

***The Green Line***
There is a path, A green line
that runs from the twilight mountains to the midnight sea.
The longer you walk this path
The more clear it seems
You cannot return to the mountain
You will never reach the sea
This liminal moment in full view of your limitations
Where the ivy holds a fragile, transitory peace with the snowdrops
This liminal moment
Where a son bids a sunny farewell to a father
And pedals off into the mossy shadows
This liminal moment
Where the father is not so old
Where the son is not so sure
This is your moment now
All the flowers are open
The new stars are aching in this terrifying sunset
Of silence and cave water
Amid these tiny favours through which we hide from death;
the bloated womb,
the sonorous bells that command you to lift your empty head,
your scribbled activity in the world
Sometimes, it doesn’t get light at all.

   The Green Line by OMNEMPATHY
Esiste una versione limitata (120 copie) dell'album che include un'appendice , una "bozza" dell'album curata da Colin Potter.

Già che ci siamo...è certo poi che nella playlist di fine anno la Kent farà la sua apparizione ovviamente con qualcosa tratto da "Green and Grey", con questo "The Green Line" e con qualcosa tratto dal prossimo album dei "Blind Cave Salamander" (che dovrebbe uscire a settembre/ottobre...il 22/9 verrà presentato in anteprima qui a Torino al Teatro Astra)...ma poi resta in sospeso ancora la questione "Bar"...ma qualcosa, ora, inizia a farsi più chiaro: http://my.zero.eu/OFFbooking/propongo/evento/21983,julia-kent-s

Buon week-end! :)

7.04.2011

Soundscapes

Tra le date da segnarsi per la prossima edizione del MiTo Settembre Musica figura senza dubbio il 7 settembre Christian Fennesz al Blah-Blah (qui a Torino), in cui (caspita, ma non ho mai postato nulla su di lui??!!?? ...eppure lo ammiro tanto quanto Basinski!)...vabbè, per l'occasione Fennesz sonorizzerà il film "Berlino, Sinfonia di una Grande Città" di Walther Ruttman (1927), film che narra una giornata tipo (seppur dell'epoca), della vita di Berlino, dalle prime luci dell'alba fino al suo lento addormentarsi.

Diamanda Galás suonerà invece  l'11 settembre all'Auditorium di Milano, Olafur Arnalds il 15 al Teatro Out Off (Milano), e sarebbero interessanti da vedere anche Alva Noto con Blixa Bargeld il 17 alla Fondazione Arnaldo Pomodoro. 
Al di fuori del MiTo, ma in qualche modo collegato ad esso, si svolgerà come sempre qui a Torino da ormai 16 edizioni "Il Sacro attraverso l'Ordinario", festival organizzato dall'associazione "Il Mutamento Zona Castalia" e tra le varie iniziative legate al teatro, la danza, le arti visive, e conferenze, faranno parte dell'edizione 2011 anche 3 serate musicali come si deve:
-il 22 settembre al Teatro Astra suoneranno i Blind Cave Salamander, trio "torinese" formato (vabbè rinfresco la memoria, anche se direi di averne già scritto in abbondanza...), da Fabrizio Modonese Palumbo, Julia Kent e Paul Beauchamp. Quindi la fusione tra le sonorità elettroniche di Paul Beauchamp (che suonerà anche il 7 luglio per il Traffic Festival come membro dell'orchestra elettronica "Tacuma"), il drone di Palumbo alla chitarra elettrica ed alla viola elettrica, ed ovviamente la parte al violoncello della Kent...quindi appunto una fusione di suoni e stili apparentemente inconciliabili, ma che in realtà si sposano perfettamente...non certo di facile ascolto se non si è abituati, se non li si è visti live prima o non si è affascinati dalla sperimentazione in genere...ma se siete su questo blog, direi proprio vi possano piacere. Lascio sotto un estratto di un live di circa 13 minuti, di un ennesimo progetto aperto che prende il nome di Soundscapes; alla solita formazione Kent/Palumbo/Beauchamp si unisce anche Jochen Arbeit degli Einsturzende Neubauten, ed il risultato non svia poi molto dal progetto Blind Cave Salamander (di cui altrimenti potete farvi un'idea ad esempio dalle riprese del live dello scorso anno al Cortile della Farmacia, sempre qui a  Turìn), comunque sia, sono 13 minuti di assoluta meraviglia:

Soundscapes Bologna Jochen Arbeit & from aadkchannel on Vimeo.

-il 23 settembre, invece sarà la volta dei Cindytalk al Blah-Blah (e mi fa molto piacere rivederli dopo lo scorso anno, anche se mi ricordano un periodo funesto);
-il 24 settembre...eheh...almeno per me, l'evento più atteso, sì, perchè Julia Kent presenterà in anteprima assoluta un nuovo progetto, che prende il nome "Bar" (forse nome non a caso...), per certo ora si sa che sarà una collaborazione con Paul Beauchamp...ma se si avranno più news certe, vi terrò aggiornati ;)

A proposito, Parallel41 suoneranno il 13 luglio a Bari...se ci andate avete la mia più totale invidia! (anche quando andrete per Antony ad Ottobre...) :)

Buona programmazione di concerti a cui andare!
Ps: album interessanti eccetto l'ultimo di Nico Muhly non ne ho ascoltati, ma comunque il post non vuole essere un rimpiazzo :)

5.10.2011

Faraway Close


Parallel °41 è il progetto meno conosciuto e più schivo cui prende parte Julia Kent, ma forse anche per questo motivo il più affascinante; progetto nato nel 2008 dall'unione musicale della Kent con Barbara De Dominicis, a cui si uniscono come parte integrante le videoinstallazioni curate da Davide Lonardi. Il nome Parallel °41 sta ad indicare una linea immaginaria che collega circa alla stessa latitudine, New York e Napoli...due città così lontane, due mondi differenti divisi da un oceano, da ritmi diversi, dalla mentalità, dalla cultura, dalla storia, sul piano sociale...però che proprio grazie a questa linea artificiale trovano un punto in comune, una connessione capace di mischiare le due identità creando un ambiente a se. E' la musica in relazione allo spazio ad eliminare queste differenze, ed è questo il principio su cui si basa "Faraway Close", film curato dallo stesso Lonardi, che riprende Julia Kent e Barbara De Dominicis nel corso di alcune loro performance lungo questo immaginario 41° parallelo che tocca New York, Napoli, Bolzano, Alessandria e Venezia e sempre in ambienti suggestivi: grotte, uno stabilimento industriale, un tunnel abbandonato, un lanificio, vecchi casolari, una cattedrale...cercando una piena interazione con gli elementi sonori e visivi di questi luoghi
Non so ancora quando sarà possibile ordinare una copia del film, ma per maggiori chiarimenti:
http://www.auhasard.org/farawaytrailer.html per il trailer, invece:


Purtroppo Parallel °41 non si esibisce molto spesso, ma spero che chi si trova a leggere questo post, abbia assistito ad almeno un loro live, d'impatto senz'altro il complesso sonoro della solita straordinaria Kent al violoncello e della De Dominicis alla parte vocale ed elettronica, combinato alla parte visuale di Leonardi.
Per informazioni riguardo futuri live: http://www.par4llel.org/one.html

4.05.2011

Continua la rassegna stampa

Un articolo su "La Repubblica" di ieri a proposito della Nostra (cioè per chi intende Julia Kent come "la Nostra"...)...un po' di inesattezze ci sono, mah...
 http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/04/04/news/julia_kent-14490138/

Julia, viaggiatrice solitaria
"Inseguo idee, non mode"

Incontro con la Kent, violoncellista canadese indipendente. I concerti, i progetti, la collaborazione con Paolo Sorrentino per il suo prossimo film con Sean Penn. E il rapporto con internet. "La mia casa discografica è la Rete. All'industria resta solo il pop. Ma non siamo tutte Lady GaGa"

dal nostro inviato GIUSEPPE VIDETTI
DÜSSELDORF - Nei sotterranei della Schauspielhaus di Düsseldorf il tempo è fermo. Un regista, un'attrice, un tastierista e una violoncellista provano per tutta la notte un monologo di Ostermeier. L'ambiente è grigio, spoglio. L'altoparlante sembra una vecchia stufa a kerosene. Nessun segno di modernità. Quattro artisti alle prese con una pièce drammatica. Là fuori potrebbero piovere le bombe degli alleati o Frank Gehry potrebbe già aver riedificato la nuova Düsseldorf, non farebbe differenza. Janina Sachau attacca il monologo, il tastierista incalza con un discreto sottofondo elettronico, poi tra le parole s'insinua il violoncello di Julia Kent. Le due donne si tengono con gli occhi. Una racconta il suo naufragio sentimentale, l'altra la insegue sottolineando con l'archetto tenerezze, violenze, abbandoni, rabbia, follia.


Düsseldorf è solo una delle fermate nella febbrile attività di Julia Kent, la violoncellista canadese che negli anni Novanta, ormai di stanza a New York, incise due album cult col trio delle Rasputina, prima di collaborare con Antony and the Johnsons e iniziare un'attività come solista che ha prodotto due dischi, l'ultimo dei quali, Green and grey, uscito appena qualche mese fa. Poi vola a Bologna per lavorare con Barbara De Dominicis al progetto multimediale
Parallel 41. In mezzo alle mille collaborazioni, c'è un fitto calendario di concerti per violoncello solo da onorare. Ha cinquant'anni, non li dimostra. E' magra, pallida. Ha lo sguardo dolce e determinato che abbiamo visto sul viso di grandi donne come Martha Graham e Pina Bausch. Parla come se stesse recitando un rosario inutile, come se le parole fossero un orpello di cui la sua musica non ha bisogno.
                           

Da quando ha tagliato i ponti con l'avant-garde delle Rasputina e ha voltato definitivamente le spalle al mainstream, Julia è diventata una viaggiatrice solitaria, manager di se stessa, unico compagno il violoncello. "A parte alcuni loops, io faccio tutto col mio strumento", racconta la Kent in una pausa delle prove notturne. Paolo Sorrentino ha voluto Gardermoen, il brano d'apertura di Delay (2007) in This must be the place, il nuovo film con Sean Penn. "La colonna sonora è stata composta da David Byrne, ma quando ho ascoltato il brano di Julia l'ho trovato così funzionale a una scena che è diventato irrinunciabile", ha dichiarato il regista. "Dicono che la mia musica sia molto cinematografica, che suggerisca delle immagini - conferma la Kent - cerco solo di suggerire o scatenare emozioni". Racconta che Delay fu ispirato dall'atmosfera degli aeroporti (Gardermoen è il nome dello scalo di Oslo), nel periodo in cui con Antony viaggiava come una trottola. "Sapevo che non era un'idea originale, che Brian Eno aveva già pubblicato un disco ambient, Music for airports. Io però mi sono mossa in un'altra direzione. Un aeroporto può anche essere teatro di grandi emozioni: incontri, separazioni, addii. Ne ho viste di scene! L'ultimo cd, Green and grey, è invece ispirato alla natura, all'intervento degli uomini su di essa e al modo in cui le due cose interagiscono. Mi affascina il potere che ha la natura di distruggere anche le più sofisticate opere di ingegneria, come è successo col terremoto in Giappone".

Fu la madre violinista che la introdusse alla musica classica. "In casa mia pop e rock erano banditi - e per la verità non ne ho mai sentito la mancanza. I miei idoli sono tutti compositori classici, Stavinsky in prima linea. Quando poi ho cominciato a studiare il violoncello, ho incominciato ad amare compositori contemporanei come Arthur Russell, quegli artisti che usavano lo strumento in maniera anticonvenzionale". Nata a Vancouver, Julia Kent si trasferì sedicenne a Bloomington, dove frequentò il conservatorio dell'Indiana University. "Quando arrivai a New York ebbi una specie di shock culturale. Mi sembrò di atterrare su un altro pianeta. L'energia che la città sprigionava era pazzesca. Era il 1989, un periodo di grande fermento musicale, ma io non avevo aspettative, sono onesta. Quel che volevo era sopravvivere. Non pensavo che ce l'avrei fatta con il solo violoncello, così incominciai a frequentare dei corsi di giornalismo". Ricorda che una notte finì in uno sgangherato club di Manhattan dove si esibivano i Nirvana. "Erano sconosciuti, e in sala non eravamo più di dieci. Rimasi a bocca aperta, compresi immediatamente che Kurt Cobain sarebbe diventato un eroe del rock. Ironicamente, pochi anni dopo Melora Creager delle Rasputina avrebbe suonato con i Nirvana. Facevo ancora parte della band quando conobbi Antony, la quintessenza dell'artista. Ha un modo di rapportarsi alla musica che è identico al mio. Inseguiamo idee, non mode. E' un genio, l'unica voce che riesca a dare una forma alla mia musica astratta".

Fra dieci minuti riprendono le prove. Julia si sfila gli stivaletti, ha un tatuaggio intorno alla caviglia destra ben visibile mentre col piede pigia il pedale come facevano molti chitarristi per produrre l'effetto wah-wah. "Il pop? Non fa per me", dice mentre accorda lo strumento. "Mi interessa seguire il mio percorso, un percorso difficile, faticoso, soprattutto quando sono in tour. Viaggio da sola, non ho una segretaria né un tecnico né qualcuno che mi aiuti a scaricare i bagagli. Sono il tecnico del suono, la roadie e l'artista in una sola donna". Ha suonato in I am a bird now di Antony and the Johnsons, uno dei dischi più belli dell'ultimo decennio, si è esibita alla Carnegie Hall e alla Royal Albert Hall, ha collaborato con Ben Weaver, Leona Naess, Larsen, Devendra Banhart e Donovan. "La mia casa discografica è la Rete", conclude prima di tornare ad accompagnare col violoncello lo strazio di un amore spezzato. "Un'artista indipendente come me non sarebbe neanche esistita se non ci fosse stato Internet. Posso incidere la mia musica, farla ascoltare e venderla. Non tutte siamo lady GaGa. All'industria del disco ormai resta solo il pop. Quello piace sempre, come la cioccolata".
(04 aprile 2011)

3.08.2011

Julia Kent "Green and Grey"

Si legge da una sua intervista pubblicata qualche giorno fa su Pitchfork (qui) che la sensibilità di Antony riguardo la tutela ed il rispetto della Natura e dell'ambiente, alla fine l'ha fortemente influenzata. "Green and Grey", come facilmente deducibile già dal titolo stesso, esplora la convivenza tra i due mondi, il verde, colore con cui s'identifica la Natura, ed il grigio, il colore prevalente nell'artificialità umana.
Re-interpretando "Delay", il primo album solista della Kent (2007), ora potrebbe essere visto come un preludio, l'inizio di un percorso di consapevolezza; in copertina una fila di carrelli per il trasporto delle valigie in aeroporto, il tutto ben riassunto proprio in quel colore triste ed occludente: il grigio. "Delay" difatti è stato ideato e composto per la maggior parte negli aeroporti da cui prendono titolo i brani dell'album, "Fontanarossa", "Malpensa", "Venizelos"... Solita prendere una miriade di voli aerei per via dei tour e subendo gli annessi ritardi (appunto "Delay"), la Kent ha potuto esplorare a fondo l'alienazione, l'omologazione, la tristezza di questo non-luogo...da una parte con i vari interludi inseriti tra un brano e l'altro: il vociferare in sottofondo, segnalazioni acustiche, passi, bagagli trascinati  velocemente a terra...tutti registrati in presa diretta e talvolta campionati; dall'altra parte i brani veri e propri che sembrano voler descrivere un rifugio da quel caos, ma che in fondo lasciano la sensazione di una profonda claustrofobia e di disagio. Almeno, questo è quel che ne ho riassuntivamente percepito...ma poi non è sempre possibile poter descrivere le proprie sensazioni con particolare finezza, tanto più se si tratta di un album strumentale.


L'estate scorsa l'Ep "Last Day in July", e qui, come scritto da me a proposito, si ha a che fare con con un temporalone che segna la fine dell'estate...la Kent con il suo violocello è capace di descrivere in musica quel preciso momento, quel passaggio, ed è capace si farlo con una grazia ed un profondità tale da poter essere immaginato visivamente, come se si trattasse di un documentario. Tra un brano e l'altro mancano gli interludi, sostituiti invece da sensazioni acustiche (la pioggia, i passi sulle pozzanghere, l'acqua), come parte integrante del brano stesso...è come se mancasse il distacco tra realtà e necessità, ben radicato invece in "Delay"...la Natura, la quiete, l'osservazione dei fenomeni, sembrano coincidere con le aspettative e le necessità della stessa Kent.


 Poi arriva "Green and Grey":
         http://music.juliakent.com/
In linea generale concordo con la recensione del The Liminal: http://www.theliminal.co.uk/2011/02/julia-kent-green-and-grey/
il punto di vista può essere duplice  e soggettivo, ossia: si tratta di osservazioni dei fenomeni naturali visti all'interno di un contesto urbano? Oppure si tratta di fenomeni naturali, visti e vissuti nel loro ambiente, con lo stupore di chi però a quell'ambiente si sente ormai estraneo?
Di sicuro c'è il fatto che il contesto Natura rappresenta una fuga dal caos, il luogo dove trovare calma e serenità, un fattore da riscoprire...il punto di arrivo di un percorso. Ma andiamo con ordine:
Julia racconta  che in effetti erano circa 3 anni che lavorava dietro a quest'album, ed il tutto nacque mentre stava registrando con Antony (suppongo l'album "The Crying Light"), in un piccolo studio poco fuori New York, praticamente localizzato nel mezzo di un bosco. Qui rimase affascinata dalla ritmicità dei suoni emessi dagli insetti (nello specifico, delle cicale), cominciò così a realizzare svariate registrazioni dei rumori ambientali circostanti, senza però avere un'idea precisa di cosa farne...successivamente, nelle brevi pause tra un tour e l'altro, ha riflettuto sul significato di quei suoni, ha riflettuto sul perchè si sia sentita allo stesso tempo affascinata, intimorita e spaesata  in un ambiente non urbano, e quindi sul suo rapporto con la Natura. Tornata dunque nella tranquillità del suo appartamento a Manhattan ha messo insieme tutte quelle registrazioni...
- L'album comincia con "Pleiades", le cicale introducono il brano che parte lento, riflessivo (a tratti mi ricorda Philip Glass nella soundtrack "The Hours")...sembra quasi l'avvicinarsi cauto e circospetto ad un mondo sconosciuto, che pian piano diventa sempre più familiare, fino ad abbandonarsi allo stupore. Resta sempre la doppia possibilità: si tratta di un'esperienza vissuta nel contesto urbano, quindi le cicale si trovano nel giardino, le stelle vengono guardate da dietro una finestra? Oppure il tutto viene vissuto in un contesto non urbano?
- "Ailanthus", (già contenuto nell' Ep "Last Day in July") , detta anche "pianta del paradiso" per via delle altezze che può raggiungere (fino a 25m di altezza), è una pianta infestante...il fatto che il brano parta con dei passi sull'asfalto e che continui con ritmo ripetitivo, che sembra quasi delineare un cerchio che si espande, mi fa percepire il lungo e lento lavoro attuato per impossessarsi di un luogo...resta poi da capire quale sia la vera "pianta" infestante...
- In "Toll", ossia il dazio, il conto da pagare sempre inteso nell'ottica della duplice visione Natura/uomo, si torna ad una classicissima Kent, il brano si apre, si sviluppa con il caratteristico intrecciarsi di loops che man mano si aggiungono, per poi tornare su stesso nella conclusione, il tutto caratterizzato da una certa cupezza...che forse lascia intendere quale sia la sua personale visione.
- Si arriva ad "Acquario"...il rumore dell'acqua ben delineato all'inizio, accompagna tutto il corso del brano in sottofondo...la Kent è capace di trasformare il suono prodotto dal suo violocello in correnti, mulinelli, cascate, le sue sonoritè sono fluide, liquide, diventano l'artificio capace di descrivere in immagini lo scorrere dell'acqua...e che si trovi in un acquario posto nel salotto di casa o si tratti di un torrente od un corso d'acqua, ha ben poco conto.
-"Tithonos", le cicale aprono ed accompagnano tutto il brano...qui rientra la mitologia greca...
la leggenda narra che Eos (amante di Titone) chiese a Zeus di donargli l'immortalità, dimenticando di richiedere anche l'eterna giovinezza. Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio e privo di forze, Eos ottenne che esso fosse mutato in cicala
-"Guarding the Invitations", tra i miei preferiti, con aperture da brividi ed un'eleganza senza pari. Fortunatamente si trova una sua performance su YouTube, relativa ad un live tenuto lo scorso maggio a Milano (in cui ovviamente c'ero). Il titolo che appare sul video è "Venizelos" (contenuto in "Delay), ma chiaramente si tratta di un errore, e dunque:



- Si continua con "Overlook" e grazie alla capacità descrittiva della Kent, non vi è molto da aggiungere...la vista di un paesaggio, le sue caratteristiche fin nel dettaglio (naturali e non...)
- "A Spire", ecco il capolavoro dell'album (almeno per me)! L'unico riferimento chiaro ad un costrutto umano: "spire", una torre, una guglia...a simboleggiare un po' l'orgoglio di ergersi al di sopra della Natura. Al primo ascolto sono rimasta inebetita! Ricorda molto Zoe Keating nella migliore condizione (d'altra parte anche lei era parte delle Rasputina); ok, non è certo la prima volta che Julia Kent inserisce altre strumentazioni alle sue composizioni (piccoli e vecchi sintetizzatori), ma questa volta entrano a farne parte un beat (ma leggero neh!) in sottofondo e quello che sembra essere uno xilofono (che sia poi al sintetizzatore o no, questo non lo so...). Posso dire che potrei ascoltarlo tutto il giorno senza sosta e rimarrei sempre a bocca aperta! :)
- E dunque "Missed", che io percepisco come la sensazione di estraniazione nei confronti di una realtà che non ci appartiene più. La stessa Kent dice infatti che nonostante questa sua riflessione, e nonostante essere più sensibile ed attenta ora ai fenomeni naturali, ne è comunque spaventata...intendendoli come manifestazioni molto al di sopra delle nostre possibilità e decisioni.
- "Dear Mr. Twombly"...brano più meditativo, anche questo caratterizzato dalla piccola "intromissione" di un sintetizzatore (che ricorda un po' "Fontanarossa"). Resta un po' un punto interrogativo, di Twombly conosco un pittore americano che fu capace di unire lo stile grafico del disegno, alla pittura...e dubito si riferisca a lui.
- Si giunge al finale con "Wake Low"; indicano le linee (si può dire isobare?) che delimitano le aree di bassa pressione,  che sono poi quelle più soggette a fenomeni atmosferici legati maltempo, come la pioggia ed il vento. Da l'idea di una lunga e ponderata riflessione che termina con una presa di coscienza, una nuova percezione...a terminare il brano (e quindi l'album) è lo stesso rumorio emesso dalle cicale, con cui si apre "Green and Grey"...ma giunti a questo punto, è chiaro che il significato di questo fenomeno non è più lo stesso. Dapprima si tratta di un episodio forse un po' banale, ma che suscita un certo stupore, è una scoperta...lo stupore poi stimola una riflessione che porta ad una comprensione profonda del suo significato e questa infine ad una nuova consapevolezza.

Non amo dare voti,  ne subisco già abbastanza di mio e so quanto possono essere ingiusti...ma per me Julia Kent si prende nuovamente il massimo dei voti, d'altra parte non nascondo la mia smisurata "venerazione" per lei :)
Come al solito, le mie parole a sproposito non sono minimamente in grado di lasciar intendere la reale sostanza (e  bellezza) del lavoro in questione, ed ho anche un po' l'impressione di aver qua e la sviato dall'essenzialità del suo significato...il fatto è che ci sarebbero da aggiungere parecchie "cose" su quest'album e sulla sua lavorazione che il post risulterebbe illeggibile. L'unica speranza è quella di non aver allontanato nessun dall'ascolto di questo capolavoro! :)

3.04.2011

Julia Kent - GREEN AND GREY

Finalmente ci siamo, "Green and Grey", il secondo album solista della nostra preferita (non è così? per me sì!), è ora disponibile! Non metterò alcun link per download non ufficiali, la Kent si compra, si adora e si va a vedere!...e dunque:


Io comunque aspetto mi arrivi quanto prima il cd a casa, ma intanto me lo scarico dal suo sito...e so perfettamente come passerò il mio week end, mi prenderò tutto il tempo per capirlo e scriverne una recensione quanto meno leggibile...e poi lunedì/martedì la posterò. Ora basta con tutte queste parole, pigiate play!


Buonissimo ascolto e buon week-end!
Ps: Non so come ci riesca, ma la Kent ci riesce!! Dopo il primo ascolto posso iniziare tranquillamente a dire che sono del tutto cotta, al punto che a tratti mi sono addirittura commossa con tanto di lacrimuccia. Prevedo un post lunghissimo :)

1.25.2011

Larsen, cambio di programma...

Parecchio fa, credo fosse Luglio, scrissi a proposito dei due live che si sarebbero dovuti  tenere il 18 e 19 febbraio qui a Torino: "Hymns of Oblivion", una raccolta di inediti di William Basinski, a cui avrebbero partecipato anche Little Annie con Baby Dee, Julia Kent, Palumbo...insomma, i Larsen.
Cambio di programma, la data del 18 febbraio è stata eliminata e William Basinski non ci sarà (arghh!!). Lo show del 19 Febbraio sarà dedicato al quindicennale dei Larsen, con un live diviso in 3 parti:
Aprirà Baby Dee con un set solista per piano e voce, poi i Larsen suoneranno integralmente, ed in anteprima assoluta, “Cool Cruel Mouth”  e quindi seguirà un set retrospettivo con line up allargata ai loro amici e collaboratori più stretti: la stessa Baby Dee, Jamie Stewart (di Xiu Xiu ed in quanto tale con i Larsen per i dischi ed i concerti in collaborazione a nome "XXL") e Julia Kent (violoncellista del gruppo sin dal 2003, e parallelamente parte dei Blind Cave Salamander con Palumbo e Paul Beauchamp, nonchè del progetto "Parallel 41" con Barbara de Dominicis...poi vabbè, lo sappiamo mooolto bene...parte degli Antony & the Johnsons ed anche solista...chapeau alla Kent!!).
Adoro il progetto Larsen (racchiudendo molti dei musicisti che più amo...David Tibet, Julia Kent, Baby Dee, Basinski, Palumbo), li ho visti svariate volte (essendo la formazione originaria proprio di Torino), ma ricordo in particolare il live che fecero al Teatro Colosseo (sempre qui a Torino) nel 2006, di cui fu poi pubblicato il Dvd e la registrazione audio dell'evento...da quel momento in poi fu ammmore totale...:



12.13.2010

Album 2010 - #08 Julia Kent "Last Day in July"


#08 - JULIA KENT "LAST DAY IN JULY"
 Non propriamente un album, si tratta solo di 4 brani, un EP...ma qui non siam fiscali, e la Kent non si discute! :) (E poi l'ultima volta che sono andata a vederla live lei è stata così carina ad autografare la mia copia!)
EP arrivato di punto in bianco senza alcun preavviso, accompagnato dalla notizia che tra qualche mese uscirà il suo secondo album da solista "Green and Grey" di cui farà parte il brano "Ailanthus" (parte anche di questo Ep).
Così, allo stesso modo d'improvviso giunge anche il temporalone che la Kent ha immaginato (e direi persino raffigurato visivamente seppur in musica), a segnar la fine dell'estate; un evento così banale capace di segnare però il passaggio tra due momenti nettamente distinti...
E' la descrizione di un semplice acquazzone che ci fa render però conto che l'estate è al termine, ed è talmente perfetta che ascoltandola questa  descrizione, si riescono ad immaginare come se si trattasse di un documentario naturalistico, le fasi scandite di questo fenomeno. Si inizia con "Ground" ossia un temporalone estivo, quelli che arrivano d'improvviso verso sera con nuvoloni talmente carichi da sembrar neri, dopo una giornata afosa ed umida. E' un temporalone di quelli a gocce grosse che martoriano le piante ed i fiori sul terrazzo, le piante lungo i viali e che quando si esaurisce lascia un forte odore di terra ed erba bagnata, poi però la gente torna per le strade e cammina calpestando le pozzanghere sui marciapiedi ed  il rumore delle scarpe a contatto con l'asfalto cambia, ora è un rumore sordo, netto, facilmente distinguibile.
Restano l' umidità e l'aria un po' più fresca, una luce un po' più opaca ed una percezione differente...ma in fondo mettersi una maglia in più , non è poi così drammatico,anzi è persino confortante.

Io amo questa donna!:)
Nei link invece performances relative all'Ep:
"Last Day in July"
"Carapace"
"Ailanthus"
Poi nella compilation di fine anno che uploaderò tra un po', la Julia farà la sua presenza con una collaborazione ed un suo brano, entrambi abbastanza sconosciuti.