5.23.2012

Allow the Light

HILDUR GUDNADOTTIR "LEYFDU LJOSINU"

Il suo approccio alla musica sembra essere improntato all'instancabile ricerca di nuove forme espressive, la necessità di esplorare ed unire tecnologia, minimalismo, neoclassica, elettronica, arricchendo cosi via via l'elenco di collaborazioni, tra cui Fever Ray, Dustin O'Halloran, Hauschka, Valgeir Sigurdsson, fino ai Throbbing Gristle od i Pan Tonic; musicisti di cui, volendo trovare un punto di comunione, si può dire abbiano intenzioni simili. Nel suo percorso solista Hildur Gudnadottir non si è adagiata su uno stile consolidato per cui basterebbero giusto pochi accordi per poterli ricondurre immediatemente alla sua produzione, tuttavia al centro delle sue composizioni si possono trovare almeno un paio di punti in comune: lo studio dello spazio, inteso come luogo fisico e le ripercussioni sonore in esso in base alle sue variabili..."Without Sinking" esplorava e rifletteva su ciò che si scorge al di fuori di un finestrino aereo e "Mount A" fu registrato in gran parte nel nord dell'Islanda in una baracca appositamente scelta in base alla qualità di legno norvegese utilizzata per costruirla; un altro elemento comune è quel che si può definire "contemplazione"? Contemplazione espressa in musica diretta agli elementi naturali, la luce, i fenomeni che ci circondano...nonchè un distinguibile tratto nordico che lega le sue composizioni (ma per questo rimando ad un approfondimento sugli effetti dell'esposizione alla luce sulla melatonina :)...). 
"Leydfu Ljosinu", terzo album della Gudnadottir, uscito per l'etichetta Touch (http://www.touchmusic.org.uk/news/to90_hildur_gudnadottir_leyfdu_1.html), tradotto suonerebbe come "far entrare/dar spazio alla luce" e la stessa cover da l'effetto di una propagazione di fasci di luce od onde elettromagnetiche. Album registrato al Music Research Centre all'Università di York in un'unica sessione live della durata di 40 minuti in una sala priva di pubblico, per lasciare che il suono interagisse soltanto con la struttura stessa...non è poi stato adoperato alcun processo di rielaborazione, post-produzione o manomissione, ciò che si sente nell'album è il processo sonoro di quei 40 minuti, ed è alquanto impressionante. Strutturato in 2 brani: un breve intro "Prelude" che si sviluppa su pochi accordi ripetuti al violoncello, un terreno su cui cominciare a costruire i 35 minuti del successivo "Leydfu Ljosinu", le stesse due parole che verranno ripetute in loop come un eco in lontananza fino a che la lenta progressione lascia spazio man mano ad una fusione di stratificazioni compulsive di loops al violoncello, per poi frammentarsi e dissolversi...insomma, meglio ascoltarlo va...qui.
"Leydfu Ljosinu" oltre al formato CD/mp3/FLC e quant'altro è disponibile anche come chiavetta USB (il primo a decidere anche per questo formato sempre sotto Touch Rec. fu Fennesz con "Liquid Music")...senz'altro i puristi del vinile saranno ancor più sdegnati per questa ulteriore "tecnologizzazione" della musica, ma è meglio non inoltrarsi in questo discorso...a maggior ragione per una che compra vinili soltanto per questioni estetiche/edizioni limitate (ma senza mai metterli sul piatto) e che riserva il 99,9% degli ascolti al suo adoratossimo iPod... :)


Buon Ascolto! :)

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