3.24.2011

Due opposti così in un solo post...

Due "cose" alla veloce:
- il 5 aprile uscirà il nuovo album di Justin Bond ed è già possibile pre-ordinarlo dal suo sito per avere una copia autografata; s'intitolerà "Dendrophile", e non appena mi arriverà, provvederò a dilungarmi un pochetto a riguardo. Intanto il videoclip del primo inedito (ed anche il primo brano dell'album) "American Wedding"...senza contare i precedenti di Justin Bond, direi che promette molto più che bene questo suo secondo album!

Justin Vivian Bond: American Wedding from ioulex on Vimeo.

- In secondo luogo, un album che sta andando parecchio in questi giorni sul mio iPod: "Nostalgia for the Absolute", quarto album degli Arms and Sleepers...quel genere di sperimetazione per cui non c'è nulla da fare, o piace o non piace!
 Appunto per questo motivo non mi dilungo nemmeno qui...aggiungo soltanto che sono una formazione anche molto dedita a ciò che è visivo, il tipo di sonorità lo richiede, è vero, ma hanno persino collaborato alla parte sonora di qualche video-installazione artistica. E' un duo originato piuttosto recentemente (2006), i cui componenti sono: Max Lewis e Mirza Ramic;  hanno all'attivo 4 album e svariati EP...
...e suonano così:


Buon ascolto!

3.22.2011

Whore Luck

(password: omote)

 Era un po' che non riascoltavo "Whore Luck", terzo lavoro dei Picastro, poi sfogliando sul mio iPod per preparare una playlist ad un'amica, rivedo la copertina album ed immediatamente mi viene da pensare che dentro a quell' iPod c'è talmente tanta "roba", e che generalmente ascolto così tanta musica che poi alla fine perdo di vista quel che davvero mi piace! (e credo valga lo stesso per molti, no?)
La copertina (ma tutte le cover dei Picastro in genere), è capace di far entrare nell'atmosfera (o forse meglio parola "mood" per  fare un po' più la chic :) ?) della loro musica...questi due volti  che si fondono letteralmente in un bacio...può essere vista anche come una cosa romantica, ma anche no... :), piuttosto come un qualcosa di abbastanza inquietante.
Ora non ricordo se in passato ho già scritto qualcosa riguardo i Picastro (a parte nella "classifica" di fine anno), comunque:
sono una formazione originaria di Toronto, anche se ormai risiedono a New York da tempo, sono caratterizzati da sonorità molto cupe che uniscono post-rock, strumentazione orchestrale (violoncello, violino, pianoforte), slow-core (che definizioni...). Ne ha fatto parte in passato Owen Pallett (come in quest'album), ma la vera leader del gruppo è Liz Hysen (voce, polistrumentista) che ha una voce piuttosto particolare: quel finto-scazzato-cupo-depresso-pessimista :) che a me ricorda tanto la mitica Daria Morgendorffer, ma che qualcuno paragona a Cat Power e Shannon Wright (forse un po' più la seconda, ma entrambe mi sembrano comunque piuttosto lontane per un possibile paragone).
"Become a Secret", uscito nel 2010 (trovate il link nel post di dicembre 2010), è il loro album forse più riuscito, più complesso e strutturato, i precedenti "Metal Cares" e "Red Your Blues" (se interessano, passo poi i link), sono stati degli ottimi inizi..."Whore Luck" però, forse anche complice la partecipazione di Owen Pallett, ha quel qualcosa in più che manca a tutti gli altri...oppure sarà il grado di depressione che genera  il suo ascolto, non so, però a me piace sempre, eccome!
Ve li lascio mentre suonano in auto per la Blogotheque:

Picastro - If you have ghosts - A Take Away Show from La Blogotheque on Vimeo.
Buon ascolto!

3.17.2011

Baby Dee "Regifted Light"

L'avevo lasciata giusto un mese fa con un saluto, un ringraziamento, ed una piccola conversazione mentre facevamo la fila per andare al bagno del Teatro Astra qui a Torino, dopo il live dei Larsen (di cui aveva aperto il concerto con un piccolo set); da poco si sapeva che sarebbe uscito "Regifted Light", ed ovviamente avrei voluto chiederle il perchè di questo titolo, ma poi l'emozione... :)
Attendevo la mia copia in LP, fiduciosa arrivasse a breve...ma i blog ben più organizzati hanno anticipato l'uscita e grazie a CheRotto ;D, ho potuto ascoltarlo (e riascoltarlo, e riascoltarlo...) già ieri.
Se dovessi fare ascoltare Baby Dee a qualcuno che non ha la minima idea di chi sia, non credo inizierei da quest'ultimo album, ma non perchè sia meno bello o meno complesso dei precedenti, tutt'altro!...credo però che per poter apprezzare e capire "Regifted Light", bisogna conoscere Baby Dee piuttosto bene, ma soprattutto, averla vista live più di una volta. Proprio così, il fattore "live" è piuttosto centrale per quest'album! Quindi, per chi è stato un suo spettatore, è facile ripensare a quei momenti in cui la Dee inizia a suonare i suoi brani esattamente come la versione album, per poi, tutto ad un tratto, ispirata da qualcosa che sfugge (un riflesso, un'illuminazione particolare, o cosa?), dilungare, distorcere, improvvisare il resto, come se si trattasse dell'esigenza di quel momento...caratterizzare il brano in base al contesto specifico in cui si trova; d'altra parte lei è una performer vera e propria ed i suoi live sono decisamente teatrali, con tanto di monologhi, una certa gestualità, mimica...
Comunque, ripensando ad alcuni dei suoi lavori precedenti  "A Book of Songs for Anne Marie", "Safe Inside the Day" o "The Robin's Tiny Throat", è subito chiaro che si tratta di album decisamente più meditativi, studiati, elaborati nel senso del pensiero di fondo, ponderati...insomma, nati pian piano.
Anche molti brani contenuti in "Regifted Light" in realtà lei li suonava live già da anni, ma l'impressione che ho di questo lavoro può essere riassunto in una sola parola: "ispirazione"; sembra che questa "luce donata nuovamente" sia proprio l'ispirazione, ne risulta così un lavoro d'impeto, immediato, senza troppe costruzioni...una liberazione!
"Regifted Light" è un album più che altro strumentale, difatti solo in 4 brani di 12  la Dee ci mette la voce, e qualcuno per questo potrebbe storcere anche un po' il naso, reputandolo un album inferiore (ma perchè? anzi, questo mi sprona a pensare di fare una playlist solo strumentale), ma un'espressività simile raramente può essere raggiunta dalle parole.
"Cowboys with Cowboy hat Hair" lascia senza parole, già live era meravigliosa, ma la versione album è davvero incredibile, "Yapapipi" rispecchia la più classica delicatezza della Dee con l'aggiunta di fiati che  rendono il brano insolitamente esotico, così leggermente più accentuati in "Lullaby Parade", "Deep Peaceful" invece si fa accompagnare da un violocello, e lo stesso vale per "Regifted Light" (ed il testo poi...). "Brother Slug and Sister Snail" penso sia un capolavoro, il modo unico di Baby Dee di passare in un attimo e ripetutamente da toni gravi a melodie "celestiali" ad ancora melodie che seguono un'impronta più cabarettistica.

"The Move" chiude l'album (avevo scritto precedentemente "Horn Pipe", sorry!), in maniera geniale, uno stop immediato che tronca di botto l'atmosfera...l'ispirazione come viene, se ne va, la sessione è finita!...a questo punto mi è facile immaginare la sua risata diabolica e sdentata a chiudere davvero il tutto :)
...insomma, per me quest'album (come prevedevo), è un capolavoro!!
Metto il download, ma Baby Dee è un'Artista, se non volete comprare i suoi album (che poi sono curatissimi anche nell'aspetto grafico), andatela a vedere! ;)

L'artwork è curato dall'artista olandese Christina de Vos (artista interessante): http://www.christinadevos.nl/english/

3.14.2011

Ri-ascolti di un piovoso week-end di marzo

Un week-end piovoso, freddo, buio...tanto da sembrar di essere tornati in pieno inverno, non fa che impoltronire ulteriormente chi già di per se è in un periodo apatico e malinconico, sicché l'unica uscita di casa consta nel trascinarsi fino al cinema più vicino per guardare "I ragazzi stanno bene" (davvero molto carino, lo consiglio!). Il resto del tempo è occupato dall'ascolto delle nuove uscite...ma nessuna di queste mi dice nulla, ed allora alla situazione già di per se grigia, sento di dover dare un mazzata finale, quella decisiva, sperando faccia sì che mi possa riprendere dal mio torpore :)...così "rispolvero" dal mio iPod due album belli quanto cupi:

- BETH GIBBONS AND RUSTIN' MAN "Out of Season"
Beth non ha bisogno di sintesi, e di questo suo lavoro solista è stato scritto parecchio dalla critica, e tutto in positivo. Racchiude un sacco di intuizioni, sperimentazioni, ma anche sonorità jazz, che abbinate e mescolate insieme, danno forma ad un album davvero bello, ed il termine non è usato affatto a sproposito.
(password: omote)
E qui "Tom the Model", che vagamente riporta un po' a Shirley Bassey, no?


- WILLIAM BASINSKI "Melancholia"
Di fatto, credo sia uno delle mie opere preferite di Basinki, capace ogni volta di farmi sprofondare nella cupezza più nera...però so che in fin dei conti si tratta di una cupezza benefica :)
Basinski non è certo un ciarltano, s'intitola "Melancholia" proprio perché è la sensazione che il suo ascolto genera, e non ci sono vie di fuga! Evoca ricordi vaghi e sfumati, indefiniti al punto che non si riesce ad intendere da dove arrivino...così primordiali da sapere che esistono, e si riferiscono ad esperienze e sensazioni davvero vissute, ma cui non è possibile dare un senso. È proprio questo che stravolge ed incanta allo stesso tempo...il suo senso indefinito.
...ed un'altra cosa, non si deve definire Basinski come "musicista ambient", nemmeno "elettronico", neppure "sperimentale"...basta un rapido ascolto per capire che nessuna di queste definizioni ha senso...e credo nessun'altra immaginabile possa averlo.
(password: omote)
Qui sotto, la video-installazione diretta James Elaine, con cui Basinski ha collaborato spesso, proiettando le sue opere durante i suoi live...è indubbio che l'impatto emotivo generato da questo abbinamento, visto dal vivo, ha una certa profondità:

3.08.2011

Julia Kent "Green and Grey"

Si legge da una sua intervista pubblicata qualche giorno fa su Pitchfork (qui) che la sensibilità di Antony riguardo la tutela ed il rispetto della Natura e dell'ambiente, alla fine l'ha fortemente influenzata. "Green and Grey", come facilmente deducibile già dal titolo stesso, esplora la convivenza tra i due mondi, il verde, colore con cui s'identifica la Natura, ed il grigio, il colore prevalente nell'artificialità umana.
Re-interpretando "Delay", il primo album solista della Kent (2007), ora potrebbe essere visto come un preludio, l'inizio di un percorso di consapevolezza; in copertina una fila di carrelli per il trasporto delle valigie in aeroporto, il tutto ben riassunto proprio in quel colore triste ed occludente: il grigio. "Delay" difatti è stato ideato e composto per la maggior parte negli aeroporti da cui prendono titolo i brani dell'album, "Fontanarossa", "Malpensa", "Venizelos"... Solita prendere una miriade di voli aerei per via dei tour e subendo gli annessi ritardi (appunto "Delay"), la Kent ha potuto esplorare a fondo l'alienazione, l'omologazione, la tristezza di questo non-luogo...da una parte con i vari interludi inseriti tra un brano e l'altro: il vociferare in sottofondo, segnalazioni acustiche, passi, bagagli trascinati  velocemente a terra...tutti registrati in presa diretta e talvolta campionati; dall'altra parte i brani veri e propri che sembrano voler descrivere un rifugio da quel caos, ma che in fondo lasciano la sensazione di una profonda claustrofobia e di disagio. Almeno, questo è quel che ne ho riassuntivamente percepito...ma poi non è sempre possibile poter descrivere le proprie sensazioni con particolare finezza, tanto più se si tratta di un album strumentale.


L'estate scorsa l'Ep "Last Day in July", e qui, come scritto da me a proposito, si ha a che fare con con un temporalone che segna la fine dell'estate...la Kent con il suo violocello è capace di descrivere in musica quel preciso momento, quel passaggio, ed è capace si farlo con una grazia ed un profondità tale da poter essere immaginato visivamente, come se si trattasse di un documentario. Tra un brano e l'altro mancano gli interludi, sostituiti invece da sensazioni acustiche (la pioggia, i passi sulle pozzanghere, l'acqua), come parte integrante del brano stesso...è come se mancasse il distacco tra realtà e necessità, ben radicato invece in "Delay"...la Natura, la quiete, l'osservazione dei fenomeni, sembrano coincidere con le aspettative e le necessità della stessa Kent.


 Poi arriva "Green and Grey":
         http://music.juliakent.com/
In linea generale concordo con la recensione del The Liminal: http://www.theliminal.co.uk/2011/02/julia-kent-green-and-grey/
il punto di vista può essere duplice  e soggettivo, ossia: si tratta di osservazioni dei fenomeni naturali visti all'interno di un contesto urbano? Oppure si tratta di fenomeni naturali, visti e vissuti nel loro ambiente, con lo stupore di chi però a quell'ambiente si sente ormai estraneo?
Di sicuro c'è il fatto che il contesto Natura rappresenta una fuga dal caos, il luogo dove trovare calma e serenità, un fattore da riscoprire...il punto di arrivo di un percorso. Ma andiamo con ordine:
Julia racconta  che in effetti erano circa 3 anni che lavorava dietro a quest'album, ed il tutto nacque mentre stava registrando con Antony (suppongo l'album "The Crying Light"), in un piccolo studio poco fuori New York, praticamente localizzato nel mezzo di un bosco. Qui rimase affascinata dalla ritmicità dei suoni emessi dagli insetti (nello specifico, delle cicale), cominciò così a realizzare svariate registrazioni dei rumori ambientali circostanti, senza però avere un'idea precisa di cosa farne...successivamente, nelle brevi pause tra un tour e l'altro, ha riflettuto sul significato di quei suoni, ha riflettuto sul perchè si sia sentita allo stesso tempo affascinata, intimorita e spaesata  in un ambiente non urbano, e quindi sul suo rapporto con la Natura. Tornata dunque nella tranquillità del suo appartamento a Manhattan ha messo insieme tutte quelle registrazioni...
- L'album comincia con "Pleiades", le cicale introducono il brano che parte lento, riflessivo (a tratti mi ricorda Philip Glass nella soundtrack "The Hours")...sembra quasi l'avvicinarsi cauto e circospetto ad un mondo sconosciuto, che pian piano diventa sempre più familiare, fino ad abbandonarsi allo stupore. Resta sempre la doppia possibilità: si tratta di un'esperienza vissuta nel contesto urbano, quindi le cicale si trovano nel giardino, le stelle vengono guardate da dietro una finestra? Oppure il tutto viene vissuto in un contesto non urbano?
- "Ailanthus", (già contenuto nell' Ep "Last Day in July") , detta anche "pianta del paradiso" per via delle altezze che può raggiungere (fino a 25m di altezza), è una pianta infestante...il fatto che il brano parta con dei passi sull'asfalto e che continui con ritmo ripetitivo, che sembra quasi delineare un cerchio che si espande, mi fa percepire il lungo e lento lavoro attuato per impossessarsi di un luogo...resta poi da capire quale sia la vera "pianta" infestante...
- In "Toll", ossia il dazio, il conto da pagare sempre inteso nell'ottica della duplice visione Natura/uomo, si torna ad una classicissima Kent, il brano si apre, si sviluppa con il caratteristico intrecciarsi di loops che man mano si aggiungono, per poi tornare su stesso nella conclusione, il tutto caratterizzato da una certa cupezza...che forse lascia intendere quale sia la sua personale visione.
- Si arriva ad "Acquario"...il rumore dell'acqua ben delineato all'inizio, accompagna tutto il corso del brano in sottofondo...la Kent è capace di trasformare il suono prodotto dal suo violocello in correnti, mulinelli, cascate, le sue sonoritè sono fluide, liquide, diventano l'artificio capace di descrivere in immagini lo scorrere dell'acqua...e che si trovi in un acquario posto nel salotto di casa o si tratti di un torrente od un corso d'acqua, ha ben poco conto.
-"Tithonos", le cicale aprono ed accompagnano tutto il brano...qui rientra la mitologia greca...
la leggenda narra che Eos (amante di Titone) chiese a Zeus di donargli l'immortalità, dimenticando di richiedere anche l'eterna giovinezza. Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio e privo di forze, Eos ottenne che esso fosse mutato in cicala
-"Guarding the Invitations", tra i miei preferiti, con aperture da brividi ed un'eleganza senza pari. Fortunatamente si trova una sua performance su YouTube, relativa ad un live tenuto lo scorso maggio a Milano (in cui ovviamente c'ero). Il titolo che appare sul video è "Venizelos" (contenuto in "Delay), ma chiaramente si tratta di un errore, e dunque:



- Si continua con "Overlook" e grazie alla capacità descrittiva della Kent, non vi è molto da aggiungere...la vista di un paesaggio, le sue caratteristiche fin nel dettaglio (naturali e non...)
- "A Spire", ecco il capolavoro dell'album (almeno per me)! L'unico riferimento chiaro ad un costrutto umano: "spire", una torre, una guglia...a simboleggiare un po' l'orgoglio di ergersi al di sopra della Natura. Al primo ascolto sono rimasta inebetita! Ricorda molto Zoe Keating nella migliore condizione (d'altra parte anche lei era parte delle Rasputina); ok, non è certo la prima volta che Julia Kent inserisce altre strumentazioni alle sue composizioni (piccoli e vecchi sintetizzatori), ma questa volta entrano a farne parte un beat (ma leggero neh!) in sottofondo e quello che sembra essere uno xilofono (che sia poi al sintetizzatore o no, questo non lo so...). Posso dire che potrei ascoltarlo tutto il giorno senza sosta e rimarrei sempre a bocca aperta! :)
- E dunque "Missed", che io percepisco come la sensazione di estraniazione nei confronti di una realtà che non ci appartiene più. La stessa Kent dice infatti che nonostante questa sua riflessione, e nonostante essere più sensibile ed attenta ora ai fenomeni naturali, ne è comunque spaventata...intendendoli come manifestazioni molto al di sopra delle nostre possibilità e decisioni.
- "Dear Mr. Twombly"...brano più meditativo, anche questo caratterizzato dalla piccola "intromissione" di un sintetizzatore (che ricorda un po' "Fontanarossa"). Resta un po' un punto interrogativo, di Twombly conosco un pittore americano che fu capace di unire lo stile grafico del disegno, alla pittura...e dubito si riferisca a lui.
- Si giunge al finale con "Wake Low"; indicano le linee (si può dire isobare?) che delimitano le aree di bassa pressione,  che sono poi quelle più soggette a fenomeni atmosferici legati maltempo, come la pioggia ed il vento. Da l'idea di una lunga e ponderata riflessione che termina con una presa di coscienza, una nuova percezione...a terminare il brano (e quindi l'album) è lo stesso rumorio emesso dalle cicale, con cui si apre "Green and Grey"...ma giunti a questo punto, è chiaro che il significato di questo fenomeno non è più lo stesso. Dapprima si tratta di un episodio forse un po' banale, ma che suscita un certo stupore, è una scoperta...lo stupore poi stimola una riflessione che porta ad una comprensione profonda del suo significato e questa infine ad una nuova consapevolezza.

Non amo dare voti,  ne subisco già abbastanza di mio e so quanto possono essere ingiusti...ma per me Julia Kent si prende nuovamente il massimo dei voti, d'altra parte non nascondo la mia smisurata "venerazione" per lei :)
Come al solito, le mie parole a sproposito non sono minimamente in grado di lasciar intendere la reale sostanza (e  bellezza) del lavoro in questione, ed ho anche un po' l'impressione di aver qua e la sviato dall'essenzialità del suo significato...il fatto è che ci sarebbero da aggiungere parecchie "cose" su quest'album e sulla sua lavorazione che il post risulterebbe illeggibile. L'unica speranza è quella di non aver allontanato nessun dall'ascolto di questo capolavoro! :)