1.23.2012

The boats

...con l'oscuramento del sito megaupload sono andate perse gran parte delle playlist, nonchè l'ultima riassuntiva del 2011...quest'ultima la caricherò nuovamente su qualche altro sito file hosting, per quelle passate, invece, lo farò su richiesta.

THE BOATS - "BALLADS OF THE RESEARCH DEPARTMENT"
Qualcosa mi suonava familiare nell'ascolto di questo album (tra l'altro il primo che mi è capitato sotto mano dei The Boats), e con stupore questa sensazione di déjà-vu ha trovato riscontro quando informandomi a riguardo, ho letto che uno dei componenti di questo progetto è Craig Tattersall, ex membro degli Hood (gruppo di Leeds per cui ho sempre avuto un debole, e di cui ho scritto qui), ed uno dei musicisti che ne hanno preso parte è il violoncellista Danny Norbury, di cui scriverò nei prossimi post per questioni di pari apportunità...dato che si parla sempre di violoncellistE! :)
"Ballads of the Research Department" è credo il 4° album dei The Boats, inizialmente un duo formato da appunto Craig Tattersall ed Andrew Hargreaves (Tape Loop Orchestra), a cui nel tempo si sono aggiunti svariati collaboratori, ed in quest'ultimo lavoro oltre al già citato Danny Norbury, anche la vocalist giapponese Cuushe e Chris Stewart.
Il titolo stesso mette di fronte ad un contrasto che si riflette anche nelle sonorità e nelle sperimentazioni che caratterizzano l'album, dunque l'idea strumentale ed un po' datata delle classiche ballate e l'idea di artificiosità, tecnologia, elementi freddi che trasmette la scienza. Sintetizzatori, strumentazioni contemporanee, laptop, batterie elettroniche, sonorità ambient e post-rock che si uniscono, si alternano e si susseguono con coerenza a strumentazioni classiche, nel caso, un violoncello, un pianoforte ed archi.
Quattro brani dai tempi piuttosto dilatati, ciascuno dura più di 10 minuti, ma non si ha mai a che fare con estenuanti drone, suoni glitch e distorsioni di qualsiasi tipo. E' un album dal forte approccio sperimentale e complesso nelle sue alternanze, ma comunque giocato su melodie che non danno una sensazione di freddezza, tutto al contrario sono pacate, meditative e nel loro insieme hanno una certa componente emotiva. Ogni brano ha una sua evoluzione, è diviso in più momenti distinti, mutevoli a tal punto che ciascuno sembrerebbe includere almeno 3 tracce differenti.
Per dare un'idea della mutevolezza, in "The Ballad for Achievement"si ha a che fare nei primi 5 minuti con loops che si sommano tra loro, a tratti basinskiani con il loro effetto "lontananza", effetto che man mano si dissolve complice il vento che le trascina più in prossimità e che ne ripulisce i suoni fino a rimuoverne il fruscio e dare spazio ad un violoncello che subentra con estrema delicatezza, per poi svanire lasciando spazio ad una batteria elettronica e suoni più indirizzati al dub, ed ancora riapparire sommandosi a questi elementi sul finale. "The Ballad for the Girl on the Moon" si apre con un intro pianoforte-violoncello a cui poi si aggiungono sintetizzatori che andranno sostituirli per poi dare spazio a tutti gli elementi riuniti creando una melodia che si aggancia alla precedente per mutare nuovamente  negli ultimi (bellissimi) 3 minuti del brano. In "Ballad of Indecision" si aggiunge la voce delicata ed affascinante quanto piuttosto inquietante di Cuushe, che canta in giapponese su quella che sembra una rivisitazione (che poi muterà nuovamente, ovvio), dei 3 minuti finali del brano precedente, che ritornerà a più riprese durante il suo corso, fino a lasciar spazio alla componente esclusivamente artificiale che chiuderà l'album così come si è aperto.
Difficile rendere l'idea di tutte queste alternanze a parole, tuttavia si tratta di un lavoro decisamente raffinato e che necessita un ascolto attento seppur non si tratti di un album poi così complesso ed estenuante da ascoltare. Qui
The Boats - Ballads of the Research Department - The Ballad for Failure (excerpts) (12k) by pdis_inpartmaint
Buon Ascolto! :)

1.19.2012

Emma Ruth Rundle

Bisogna ringraziare nuovamente Giancarlo, che in un periodo di torpore musicale (ma prossimamente uscirà il nuovo di Perfume Genius ed il nuovo di Shearwater), ha saputo consigliarmi quest'ottima musicista qui sotto, protagonista del post in duplice veste:
EMMA RUTH RUNDLE "ELECTRIC GUITAR 1"
Musicista nativa di Los Angeles, chitarrista di un gruppo prog-metal chiamato "Red Sparowes" (no, non fanno decisamente per me...), e componente di un altro progetto musicale, "The Nocturnes" (di cui sotto invece si approfondirà), che lasciando perdere il metal  e tutte le sue diramazioni (che non conosco e non voglio conoscere), invece si dedica a sonorità folk-rock un po' depresse, dunque con qualche accenno slowcore.
"Electric Guitar Vol. 1", uscito nel 2011, è il suo album di esordio come solista, e come la Rundle scrive sul suo bandcamp, si è sviluppato nel 2010 durante le sei settimane di tour Europeo con i "Red Sparowes". Passando quindi un mucchio di tempo sul pulmino tra una tappa e la successiva, ha tratto ispirazione dal susseguirsi di paesaggi che poteva scorgere attraverso il finestrino, per comporre con una chitarra elettrica, improvvisazioni di stampo ambient.
Le improvvisazioni si sono poi trasformate in 6 tracce che compongono l'album. I brani hanno continuità ed coerenza tali che nell'insieme danno l'impressione di essere fusi insieme in  un'unica traccia audio, in cui si alternano momenti puramente ambient e persino melodici, a distorsioni caotiche e momenti drone.
Beh, aspettiamo il Vol. 2!
Non lascio il link...basta digitare il suo nome per trovarne, ma lascio il suo bandcamp: 






THE NOCTURNES "AOKIGAHARA"
(Sapevo che la mia passione per il Giappone un giorno mi sarebbe stata utile, oltre che per il nome di questo blog).
Mentre il Monte Fuji nello Shintosimo è considerato un luogo sacro, tanto da essere considerato meta di pellegrinaggio, la foresta di Aokigahara (detta anche Jukai), situata alle sue pendici, è considerata invece un luogo infestato da "spiriti" ed "energie negative"...non è un luogo ospitale questo sì, è ricca di grotte vulcaniche, formazioni rocciose taglienti, e la sua traduzione suonerebbe come "mare di alberi", quindi un luogo in cui la vegetazione è piuttosto fitta, un luogo umido e buio. Forse proprio l'intrecciarsi di queste caratteristiche ha fatto sì che fin dall'antichità la foresta di Aokigahara sia considerata un luogo ideale per suicidarsi, tanto da venire anche appellata come "la foresta dei suicidi", date le decine di corpi che vengono ritrovati ogni anno tutt'oggi. In tal proposito, giusto qualche settimana fa anche il sito vice.com ha riportato il fatto, proponendo un documentario interessante:
http://www.vice.com/it/vice-news/aokigahara-suicide-forest-v3
Mentre nell'epoca "nobile" del Giappone, quella dei ronin, il suicidio prevedeva un rituale specifico in cui la parte estetica  aveva un ruolo di primaria importanza, oggi gli aspiranti suicidi sono più che altro "hikikomori" (post-adolescenti e non...), che non riuscendo a ritagliarsi un posto nella società, si isolano del tutto serrandosi in casa rifiutando qualsiasi tipo di relazione interpersonale, a questi si sommano poi anche i disoccupati a causa dalla crisi economica (e sappiamo tutti quanto il lavoro in Giappone sia alla base della propria dignità ed onore). I metodi più comuni oggi sono l'avvelenamento o l'impiccagione...spesso affidandosi ai consigli di volumi come "Il Manuale del Suicidio Perfetto" di Tsurumi...
Ben altra cosa era invece il Seppuku, il rituale del suicidio adottato dai samurai volto a preservare l'onore ed il prestigio. Avveniva con dinamiche molto precise ed aveva anche funzionalità estetiche: prevedeva il taglio del ventre (considerato come la sede dell'anima), che doveva avvenire da sinistra verso destra, e con un coltello tantō (il trattino raddoppia la vocale), oppure con una spada corta. Il samurai doveva compiere il gesto da inginocchiato, premendo a terra con le dita dei piedi, evitando così che il corpo si sbilanciasse e cadesse all'indietro invece che in avanti (sarebbe stato un tremendo disonore!).
Fin qui la tecnica è condivisa con il più noto Hara-kiri, invece il Seppuku (decisamente più onorevole), prevedeva anche il taglio della testa attuato quasi contemporaneamente allo sventramento. Il compito della decapitazione spettava alla persona più fidata e vicina al suicida, infatti doveva calibrare così bene il tempo da non permettere che il viso del samurai avesse il tempo di contorcersi in espressioni di dolore in seguito al suo sventramento! :)
Esisteva anche una variante femminile riservata soltanto alle mogli dei samurai, detta Jigai, che prevedeva invece il taglio della gola (mirando alla vena giugulare esterna...e dato il calibro e la portata immagino il fiotto di sangue che doveva partire...), sempre utilizzando un coltello tantō, e cosa fondamentale, i piedi dovevano esser legati in modo tale che il corpo restasse in posizione seduta, o se nel caso fosse caduto, comunque si sarebbero evitate posizioni disonorevoli per una donna...mah! :)
Ho svarionato un po', comunque, l'album parla ovviamente di morte, ma lo fa senza troppi patemi e senza atmosfere eccessivamente e scontatamente cupe. E' un viaggio ed una riflessione attraverso le tappe canoniche della vita di ciascuno, "The Cradle" ossia la culla, "The Road", "Craving" ossia il desiderio, "Love"... Nessuno brano prevale sugli altri, il tutto procede con la stessa intensità e sullo stesso livello. Emma Ruth Rundle contribuisce oltre che con la chitarra, anche con la sua voce che dona un chè di etereo a tutto il lavoro.
"Aokigahara", è il secondo album dei The Nocturnes, progetto nato nel 2007 inizialmente formato soltanto dalla Rundle e Dave Clifford, a cui si sono aggiunti Julian Rifkin e Paris Patt, con la pubblicazione nel 2008 dell'EP "Wellington" e nel 2009 del primo "A Year of Spring" (che consiglio di andare a ripescare).
L'album è scaricabile in via del tutto gratuita sul loro bandcamp:



Buon ascolto!! :)

1.17.2012

Post per i mici!

Prima di tornare domani con altri album, posto una notizia che purtroppo ho appena appreso e che amando i gatti (ed avendone due), mi ha fatto sudare freddo.
La Procura di Torino ha aperto un'inchiesta riguardo la distribuzione di alimenti per animali, dato che sono state riscontrate in alcuni tipi di scatolette per gatti, alte percentuali di arsenico che avrebbero comportato il decesso di numerosi mici.
Le scatolette incriminate arrivano dalla Thailandia...uno pensa, eh be'?...invece si scopre che la Thailandia è uno dei principali produttori di alimenti per animali, specie quelli contenenti crostacei, molluschi e pesci.
La marca, o le marche interessate non sono ancora state diffuse, tuttavia facciamo attenzione!
Per saperne si più vi rimando a questo blog specifico per i mici: http://ilmiogattosicuro.wordpress.com/2012/01/17/occhio-alla-scatoletta/

1.10.2012

The Broken Man

E' opportuno premettere che sebbene nel corso della carriera artistica musicale di Matt Elliott si possano facilmente distinguere due differenti identità stilistiche e soprattutto sonore, l'umore oscuro e paranoico dei suoi lavori non ha subito variazioni, rimanendo un punto costante e centrale della sua espressione.
E' un artista che emerge a metà '90 nella scena di Bristol sotto pseudonimo "Third Eye Foundation", progetto dedito alla sperimentazione industrial ed elettronica, portato avanti con costanza fino al 2001 pubblicando 6 album, prima di una lunga pausa durata fino al 2010, interrotta con la pubblicazione di "The Dark". E' bene ricordare che da questo lato più sperimentale sono nate molteplici collaborazioni , tra cui "Crescent", "Amp", "Flying Saucer Attack" e più recentemente la partecipazione al progetto "This Immortal Coil".
In questo caso però ci interessa la seconda parte artistica di Matt Elliott (che prende il suo vero nome), elaborata a seguito di un voluto isolamento nelle campagne francesi, dove approfondendo differenti forme di  cantautorato europeo ha maturato un aspetto compositivo influenzato sia dalla musica classica (aspetto percepibile dall'utilizzo sottile di archi e pianoforte), che dalla musica elettronica dai tratti minimali e talvolta ambient, inserita con cura e parsimonia, sviluppando una forma personale di folk oscuro che si distingue per la sua eleganza.
La prima pubblicazione come Matt Elliott risale al 2003 e s'intitola "The Mess We Made", a cui segue la trilogia "Songs", composta dagli album "Drinking Songs", "Failing Songs" ed "Howling Songs", trilogia che esplora il profondo tormento dell'animo umano in relazione all'inadeguatezza con i ritmi e l'alienazione del mondo contemporaneo.
Siccome è un brano che mi ha sempre colpita, vuoi anche perchè fa parte dei miei studi ed all'epoca della sua uscita stavo seguendo il corso incentrato sulle relazioni medico-paziente  e le dinamiche di comunicazione della diagnosi/terapia, mi soffermo un attimo su "The Kubler-Ross Model", contenuto in "Howling Songs" e che ben fa capire il grado di cupezza di Elliott:

in campo medico/psichiatrico e soprattutto nella psico-oncologia il modello Kubler -Ross indica le 5 fasi che caratterizzano l'elaborazione del lutto, quindi le dinamiche mentali che si alternano nel paziente dal momento in cui gli è stata comunicata la diagnosi di una malattia terminale, fino al suo decesso (rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione ed infine accettazione).

Venendo al suo ultimo lavoro "The Broken Man", dal titolo stesso non ci si può fare alcun tipo di illusione, è un album paranoico, riflessivo ed oscuro, che riflette sulle angosce della solitudine, ma intesi, che resta ben lontano da facili ed abusati patetismi. Il vocione profondo e confortante di Elliott si fa accompagnare da violini appena accennati, un pianoforte nel brano -If anyone tells me "It's better to have loved and lost than to never have loved at all" I will stab them in the face- così espressivo che non necessita di alcuna parola aggiuntiva al titolo già piuttosto chiaro ed esplicito, per far intendere la sua lucidità, una riflessione affatto ruffiana e quindi lontana da tutti quegli insopportabili  luoghi comuni, cori, rintocchi di campana e la sua chitarra acustica, talvolta dai tratti che portano la mente alla tradizione musicale popolare dell'europa dell'ovest, Spagna/Portogallo.

Non lascio link, se non il suo bandcamp dato che è disponibile l'intero download dell'album per 2€:


Cosa più importante è che Matt Elliott sarà in tour in Italia alla fine di gennaio,e farà tappa anche qui a Turìn al Blah Blah ...finalmente, sarà il primo concerto del 2012 per la sottoscritta...dannate ed odiose festività!!!
-20 gennaio Mattatoio Carpi (Mo)
-21 gennaio Villa Zamboni Valeggio sul Mincio (Vr)
-22 gennaio Diagonal Forlì
-23 gennaio Grotta Teodorani Santarcangelo di Romagna (Rn)
-24 gennaio Blah Blah Torino
-25 gennaio Magnolia Segrate (Mi)

MATT ELLIOTT - A BROKEN MAN from Annabelle Azadé on Vimeo.

Buon ascolto! :)...ma non troppo cupi dopo neh!