È sempre lo stesso spazio web, si continuerà a parlare di musica, sperimentazioni sonore, violoncelliste :) e cianfrusaglie varie, quel che è cambiato è soltanto l'header (l'immagine della testata) del blog. Per questo devo ringraziare tantissimo ancora una volta Giancarlo (che ha realizzato anche la copertina della playlist '11), e che in questo caso ha saputo rendere l'idea della duplicità caratteristica delle maschere Omote...da cui deriva il nome di questo spazio web, affascinato dall'unione tra strumentazioni classiche e sonorità "sintetiche" legate alla "fredda" tecnologia, elementi apparentemente contrastanti che però spesso dimostrano invece di essere due antimeri speculari di una stessa faccia.
La maschera Omote pur essendo un oggetto statico e definito, può assumere espressioni differenti, dal triste al felice, dall'arrabbiato al sereno, dal riso al pianto, e questo solo variando il suo grado di inclinazione e quindi la quantità di luce che va a riflettersi su di essa. Non esiste dunque una percezione corretta sul suo stato d'animo, e su cosa voglia esprimere, la percezione è solo in funzione dell'angolazione da cui la si sta guardando.
Vabbè...meglio passare in fretta al prossimo album vah! :)
2.01.2012
1.30.2012
Luci d'Agosto
Prima di passare doverosamente al lavoro in uscita di Perfume Genius "Put Your Back N 2 it" (ossessione da cui non riesco a distaccarmi), volevo completare il filone degli ultimi post:
DANNY NORBURY
Musicista già accennato in precedenza in merito alla sua collaborazione al recente album dei The Boats "Ballads for the Research Departement", e per aver preso parte alla compilation omaggio al compositore Erik Satie "Erik Satie et les nouveaux jeunes", Danny Norbury è un violoncellista di Manchester che oltre le varie collaborazioni, ha pubblicato due lavori da solista :
- Dusk nel 2007
- Light in August nel 2009
A suo modo è anche lui un violoncellista sperimentatore, difatti si avvale di laptop, loops, field-recordings e collabora con formazioni dal taglio più elettronico, tuttavia nella sua musica è difficile riuscire a cogliere un' indole di ricerca/sperimentazione sonora, quanto più una maggiore affinità a ciò che più quietamente rientra nella musica neo-classica.
In "Light in August" il violoncello suonato da Norbury si fa accompagnare da un pianoforte, con cui costruisce progressivamente melodie malinconiche e riflessive che procedono con una certa linearità senza mai eccedere in tratti oscuri e claustrofobici, e tanto meno senza mai slanciarsi in momenti d'effetto. Si ha un po' la sensazione che l'ispirazione e che il tema centrale che sviluppa le tracce siano ricordi malinconci e nostalgici che riemergono nella luminosità accesa di agosto, che riesce così ad attenuarne la carica drammatica. Il tratto di unione classicità del violoncello/sperimentazione elettronica seppur sottile, riesce comunque ad emergere nel brano che chiude l'album "The Night is For You and for Me", creando un effetto ipnotico e dispersivo che se curato anche nel resto dei brani avrebbe sicuramente dato un contributo notevole alla riuscita dell'album.
Musicista elegante e molto piacevole...tuttavia, non per una questione di sessismo, ma personalmente continuo a preferire le colleghe violoncelliste...riescono a trasmettere più profondità sotto il profilo emotivo ed estetico...
Buon ascolto!! :)
DANNY NORBURY
Musicista già accennato in precedenza in merito alla sua collaborazione al recente album dei The Boats "Ballads for the Research Departement", e per aver preso parte alla compilation omaggio al compositore Erik Satie "Erik Satie et les nouveaux jeunes", Danny Norbury è un violoncellista di Manchester che oltre le varie collaborazioni, ha pubblicato due lavori da solista :
- Dusk nel 2007
- Light in August nel 2009
A suo modo è anche lui un violoncellista sperimentatore, difatti si avvale di laptop, loops, field-recordings e collabora con formazioni dal taglio più elettronico, tuttavia nella sua musica è difficile riuscire a cogliere un' indole di ricerca/sperimentazione sonora, quanto più una maggiore affinità a ciò che più quietamente rientra nella musica neo-classica.
In "Light in August" il violoncello suonato da Norbury si fa accompagnare da un pianoforte, con cui costruisce progressivamente melodie malinconiche e riflessive che procedono con una certa linearità senza mai eccedere in tratti oscuri e claustrofobici, e tanto meno senza mai slanciarsi in momenti d'effetto. Si ha un po' la sensazione che l'ispirazione e che il tema centrale che sviluppa le tracce siano ricordi malinconci e nostalgici che riemergono nella luminosità accesa di agosto, che riesce così ad attenuarne la carica drammatica. Il tratto di unione classicità del violoncello/sperimentazione elettronica seppur sottile, riesce comunque ad emergere nel brano che chiude l'album "The Night is For You and for Me", creando un effetto ipnotico e dispersivo che se curato anche nel resto dei brani avrebbe sicuramente dato un contributo notevole alla riuscita dell'album.
Musicista elegante e molto piacevole...tuttavia, non per una questione di sessismo, ma personalmente continuo a preferire le colleghe violoncelliste...riescono a trasmettere più profondità sotto il profilo emotivo ed estetico...
Buon ascolto!! :)
1.26.2012
"Les Nouveaux Jeunes"
ERIK SATIE & LES NOUVEAUX JEUNES
Finalmente sono usciti un bel po' di album interessanti (Perfume Genius, Xiu Xiu, Ilyas Ahmed, From the Mouth of the Sun, ed un ottimo EP di tali MayMay), verrà il loro momento, ma per adesso volevo indicare questo album (in realtà doppio), uscito nel corso del 2011.
"Erik Satie & les Nouveaux Jeunes" è una compilation di brani ispirati al pianista e compositore francese Satie (tra l'altro considerato come un precursore del minimalismo), si tratta di rivisitazioni delle sue più note "Gymnopédies" e "Gnossiennes", e di brani che traggono soltanto ispirazione dai suoi componimenti. Non si ha a che fare con un compilation classica, bensì sperimentale dato che i suoi brani vengono rivisitati sotto chiavi elettroniche, drone, ambient, ma anche strumentali da 32 artisti diversi, che spaziano tra pianoforte, violoncello, chitarre elettriche, sintetizzatori, laptop, chitarre acustiche, archi e field-recordings. Tra gli artisti che hanno aderito a questo tributo: Dustin O'Halloran, Hauschka, Max Richter, The Boats e Danny Norbury (entrambi citati nel post precedente), Julia Kent, Peter Broderick, Rachel Grimes, ed Astrid. Come detto si tratta di un doppio album, quindi qui e qui.
Difficile scegliere quali brani scegliere, per questioni affettive vi posto questi:
Buon Ascolto!! :)
Finalmente sono usciti un bel po' di album interessanti (Perfume Genius, Xiu Xiu, Ilyas Ahmed, From the Mouth of the Sun, ed un ottimo EP di tali MayMay), verrà il loro momento, ma per adesso volevo indicare questo album (in realtà doppio), uscito nel corso del 2011.
"Erik Satie & les Nouveaux Jeunes" è una compilation di brani ispirati al pianista e compositore francese Satie (tra l'altro considerato come un precursore del minimalismo), si tratta di rivisitazioni delle sue più note "Gymnopédies" e "Gnossiennes", e di brani che traggono soltanto ispirazione dai suoi componimenti. Non si ha a che fare con un compilation classica, bensì sperimentale dato che i suoi brani vengono rivisitati sotto chiavi elettroniche, drone, ambient, ma anche strumentali da 32 artisti diversi, che spaziano tra pianoforte, violoncello, chitarre elettriche, sintetizzatori, laptop, chitarre acustiche, archi e field-recordings. Tra gli artisti che hanno aderito a questo tributo: Dustin O'Halloran, Hauschka, Max Richter, The Boats e Danny Norbury (entrambi citati nel post precedente), Julia Kent, Peter Broderick, Rachel Grimes, ed Astrid. Come detto si tratta di un doppio album, quindi qui e qui.
Difficile scegliere quali brani scegliere, per questioni affettive vi posto questi:
Buon Ascolto!! :)
1.23.2012
The boats
...con l'oscuramento del sito megaupload sono andate perse gran parte delle playlist, nonchè l'ultima riassuntiva del 2011...quest'ultima la caricherò nuovamente su qualche altro sito file hosting, per quelle passate, invece, lo farò su richiesta.
"Ballads of the Research Department" è credo il 4° album dei The Boats, inizialmente un duo formato da appunto Craig Tattersall ed Andrew Hargreaves (Tape Loop Orchestra), a cui nel tempo si sono aggiunti svariati collaboratori, ed in quest'ultimo lavoro oltre al già citato Danny Norbury, anche la vocalist giapponese Cuushe e Chris Stewart.
Il titolo stesso mette di fronte ad un contrasto che si riflette anche nelle sonorità e nelle sperimentazioni che caratterizzano l'album, dunque l'idea strumentale ed un po' datata delle classiche ballate e l'idea di artificiosità, tecnologia, elementi freddi che trasmette la scienza. Sintetizzatori, strumentazioni contemporanee, laptop, batterie elettroniche, sonorità ambient e post-rock che si uniscono, si alternano e si susseguono con coerenza a strumentazioni classiche, nel caso, un violoncello, un pianoforte ed archi.
Quattro brani dai tempi piuttosto dilatati, ciascuno dura più di 10 minuti, ma non si ha mai a che fare con estenuanti drone, suoni glitch e distorsioni di qualsiasi tipo. E' un album dal forte approccio sperimentale e complesso nelle sue alternanze, ma comunque giocato su melodie che non danno una sensazione di freddezza, tutto al contrario sono pacate, meditative e nel loro insieme hanno una certa componente emotiva. Ogni brano ha una sua evoluzione, è diviso in più momenti distinti, mutevoli a tal punto che ciascuno sembrerebbe includere almeno 3 tracce differenti.
Per dare un'idea della mutevolezza, in "The Ballad for Achievement"si ha a che fare nei primi 5 minuti con loops che si sommano tra loro, a tratti basinskiani con il loro effetto "lontananza", effetto che man mano si dissolve complice il vento che le trascina più in prossimità e che ne ripulisce i suoni fino a rimuoverne il fruscio e dare spazio ad un violoncello che subentra con estrema delicatezza, per poi svanire lasciando spazio ad una batteria elettronica e suoni più indirizzati al dub, ed ancora riapparire sommandosi a questi elementi sul finale. "The Ballad for the Girl on the Moon" si apre con un intro pianoforte-violoncello a cui poi si aggiungono sintetizzatori che andranno sostituirli per poi dare spazio a tutti gli elementi riuniti creando una melodia che si aggancia alla precedente per mutare nuovamente negli ultimi (bellissimi) 3 minuti del brano. In "Ballad of Indecision" si aggiunge la voce delicata ed affascinante quanto piuttosto inquietante di Cuushe, che canta in giapponese su quella che sembra una rivisitazione (che poi muterà nuovamente, ovvio), dei 3 minuti finali del brano precedente, che ritornerà a più riprese durante il suo corso, fino a lasciar spazio alla componente esclusivamente artificiale che chiuderà l'album così come si è aperto.
Difficile rendere l'idea di tutte queste alternanze a parole, tuttavia si tratta di un lavoro decisamente raffinato e che necessita un ascolto attento seppur non si tratti di un album poi così complesso ed estenuante da ascoltare. Qui
The Boats - Ballads of the Research Department - The Ballad for Failure (excerpts) (12k) by pdis_inpartmaint
Buon Ascolto! :)
THE BOATS - "BALLADS OF THE RESEARCH DEPARTMENT"
Qualcosa mi suonava familiare nell'ascolto di questo album (tra l'altro il primo che mi è capitato sotto mano dei The Boats), e con stupore questa sensazione di déjà-vu ha trovato riscontro quando informandomi a riguardo, ho letto che uno dei componenti di questo progetto è Craig Tattersall, ex membro degli Hood (gruppo di Leeds per cui ho sempre avuto un debole, e di cui ho scritto qui), ed uno dei musicisti che ne hanno preso parte è il violoncellista Danny Norbury, di cui scriverò nei prossimi post per questioni di pari apportunità...dato che si parla sempre di violoncellistE! :)"Ballads of the Research Department" è credo il 4° album dei The Boats, inizialmente un duo formato da appunto Craig Tattersall ed Andrew Hargreaves (Tape Loop Orchestra), a cui nel tempo si sono aggiunti svariati collaboratori, ed in quest'ultimo lavoro oltre al già citato Danny Norbury, anche la vocalist giapponese Cuushe e Chris Stewart.
Il titolo stesso mette di fronte ad un contrasto che si riflette anche nelle sonorità e nelle sperimentazioni che caratterizzano l'album, dunque l'idea strumentale ed un po' datata delle classiche ballate e l'idea di artificiosità, tecnologia, elementi freddi che trasmette la scienza. Sintetizzatori, strumentazioni contemporanee, laptop, batterie elettroniche, sonorità ambient e post-rock che si uniscono, si alternano e si susseguono con coerenza a strumentazioni classiche, nel caso, un violoncello, un pianoforte ed archi.
Quattro brani dai tempi piuttosto dilatati, ciascuno dura più di 10 minuti, ma non si ha mai a che fare con estenuanti drone, suoni glitch e distorsioni di qualsiasi tipo. E' un album dal forte approccio sperimentale e complesso nelle sue alternanze, ma comunque giocato su melodie che non danno una sensazione di freddezza, tutto al contrario sono pacate, meditative e nel loro insieme hanno una certa componente emotiva. Ogni brano ha una sua evoluzione, è diviso in più momenti distinti, mutevoli a tal punto che ciascuno sembrerebbe includere almeno 3 tracce differenti.
Per dare un'idea della mutevolezza, in "The Ballad for Achievement"si ha a che fare nei primi 5 minuti con loops che si sommano tra loro, a tratti basinskiani con il loro effetto "lontananza", effetto che man mano si dissolve complice il vento che le trascina più in prossimità e che ne ripulisce i suoni fino a rimuoverne il fruscio e dare spazio ad un violoncello che subentra con estrema delicatezza, per poi svanire lasciando spazio ad una batteria elettronica e suoni più indirizzati al dub, ed ancora riapparire sommandosi a questi elementi sul finale. "The Ballad for the Girl on the Moon" si apre con un intro pianoforte-violoncello a cui poi si aggiungono sintetizzatori che andranno sostituirli per poi dare spazio a tutti gli elementi riuniti creando una melodia che si aggancia alla precedente per mutare nuovamente negli ultimi (bellissimi) 3 minuti del brano. In "Ballad of Indecision" si aggiunge la voce delicata ed affascinante quanto piuttosto inquietante di Cuushe, che canta in giapponese su quella che sembra una rivisitazione (che poi muterà nuovamente, ovvio), dei 3 minuti finali del brano precedente, che ritornerà a più riprese durante il suo corso, fino a lasciar spazio alla componente esclusivamente artificiale che chiuderà l'album così come si è aperto.
Difficile rendere l'idea di tutte queste alternanze a parole, tuttavia si tratta di un lavoro decisamente raffinato e che necessita un ascolto attento seppur non si tratti di un album poi così complesso ed estenuante da ascoltare. Qui
The Boats - Ballads of the Research Department - The Ballad for Failure (excerpts) (12k) by pdis_inpartmaint
Buon Ascolto! :)
1.19.2012
Emma Ruth Rundle
Bisogna ringraziare nuovamente Giancarlo, che in un periodo di torpore musicale (ma prossimamente uscirà il nuovo di Perfume Genius ed il nuovo di Shearwater), ha saputo consigliarmi quest'ottima musicista qui sotto, protagonista del post in duplice veste:
EMMA RUTH RUNDLE "ELECTRIC GUITAR 1"
Musicista nativa di Los Angeles, chitarrista di un gruppo prog-metal chiamato "Red Sparowes" (no, non fanno decisamente per me...), e componente di un altro progetto musicale, "The Nocturnes" (di cui sotto invece si approfondirà), che lasciando perdere il metal e tutte le sue diramazioni (che non conosco e non voglio conoscere), invece si dedica a sonorità folk-rock un po' depresse, dunque con qualche accenno slowcore.
"Electric Guitar Vol. 1", uscito nel 2011, è il suo album di esordio come solista, e come la Rundle scrive sul suo bandcamp, si è sviluppato nel 2010 durante le sei settimane di tour Europeo con i "Red Sparowes". Passando quindi un mucchio di tempo sul pulmino tra una tappa e la successiva, ha tratto ispirazione dal susseguirsi di paesaggi che poteva scorgere attraverso il finestrino, per comporre con una chitarra elettrica, improvvisazioni di stampo ambient.
Le improvvisazioni si sono poi trasformate in 6 tracce che compongono l'album. I brani hanno continuità ed coerenza tali che nell'insieme danno l'impressione di essere fusi insieme in un'unica traccia audio, in cui si alternano momenti puramente ambient e persino melodici, a distorsioni caotiche e momenti drone.
Beh, aspettiamo il Vol. 2!
Non lascio il link...basta digitare il suo nome per trovarne, ma lascio il suo bandcamp:
THE NOCTURNES "AOKIGAHARA"
(Sapevo che la mia passione per il Giappone un giorno mi sarebbe stata utile, oltre che per il nome di questo blog).
Mentre il Monte Fuji nello Shintosimo è considerato un luogo sacro, tanto da essere considerato meta di pellegrinaggio, la foresta di Aokigahara (detta anche Jukai), situata alle sue pendici, è considerata invece un luogo infestato da "spiriti" ed "energie negative"...non è un luogo ospitale questo sì, è ricca di grotte vulcaniche, formazioni rocciose taglienti, e la sua traduzione suonerebbe come "mare di alberi", quindi un luogo in cui la vegetazione è piuttosto fitta, un luogo umido e buio. Forse proprio l'intrecciarsi di queste caratteristiche ha fatto sì che fin dall'antichità la foresta di Aokigahara sia considerata un luogo ideale per suicidarsi, tanto da venire anche appellata come "la foresta dei suicidi", date le decine di corpi che vengono ritrovati ogni anno tutt'oggi. In tal proposito, giusto qualche settimana fa anche il sito vice.com ha riportato il fatto, proponendo un documentario interessante:
http://www.vice.com/it/vice-news/aokigahara-suicide-forest-v3
Mentre nell'epoca "nobile" del Giappone, quella dei ronin, il suicidio prevedeva un rituale specifico in cui la parte estetica aveva un ruolo di primaria importanza, oggi gli aspiranti suicidi sono più che altro "hikikomori" (post-adolescenti e non...), che non riuscendo a ritagliarsi un posto nella società, si isolano del tutto serrandosi in casa rifiutando qualsiasi tipo di relazione interpersonale, a questi si sommano poi anche i disoccupati a causa dalla crisi economica (e sappiamo tutti quanto il lavoro in Giappone sia alla base della propria dignità ed onore). I metodi più comuni oggi sono l'avvelenamento o l'impiccagione...spesso affidandosi ai consigli di volumi come "Il Manuale del Suicidio Perfetto" di Tsurumi...
Ben altra cosa era invece il Seppuku, il rituale del suicidio adottato dai samurai volto a preservare l'onore ed il prestigio. Avveniva con dinamiche molto precise ed aveva anche funzionalità estetiche: prevedeva il taglio del ventre (considerato come la sede dell'anima), che doveva avvenire da sinistra verso destra, e con un coltello tantō (il trattino raddoppia la vocale), oppure con una spada corta. Il samurai doveva compiere il gesto da inginocchiato, premendo a terra con le dita dei piedi, evitando così che il corpo si sbilanciasse e cadesse all'indietro invece che in avanti (sarebbe stato un tremendo disonore!).
Fin qui la tecnica è condivisa con il più noto Hara-kiri, invece il Seppuku (decisamente più onorevole), prevedeva anche il taglio della testa attuato quasi contemporaneamente allo sventramento. Il compito della decapitazione spettava alla persona più fidata e vicina al suicida, infatti doveva calibrare così bene il tempo da non permettere che il viso del samurai avesse il tempo di contorcersi in espressioni di dolore in seguito al suo sventramento! :)
Esisteva anche una variante femminile riservata soltanto alle mogli dei samurai, detta Jigai, che prevedeva invece il taglio della gola (mirando alla vena giugulare esterna...e dato il calibro e la portata immagino il fiotto di sangue che doveva partire...), sempre utilizzando un coltello tantō, e cosa fondamentale, i piedi dovevano esser legati in modo tale che il corpo restasse in posizione seduta, o se nel caso fosse caduto, comunque si sarebbero evitate posizioni disonorevoli per una donna...mah! :)
Ho svarionato un po', comunque, l'album parla ovviamente di morte, ma lo fa senza troppi patemi e senza atmosfere eccessivamente e scontatamente cupe. E' un viaggio ed una riflessione attraverso le tappe canoniche della vita di ciascuno, "The Cradle" ossia la culla, "The Road", "Craving" ossia il desiderio, "Love"... Nessuno brano prevale sugli altri, il tutto procede con la stessa intensità e sullo stesso livello. Emma Ruth Rundle contribuisce oltre che con la chitarra, anche con la sua voce che dona un chè di etereo a tutto il lavoro.
"Aokigahara", è il secondo album dei The Nocturnes, progetto nato nel 2007 inizialmente formato soltanto dalla Rundle e Dave Clifford, a cui si sono aggiunti Julian Rifkin e Paris Patt, con la pubblicazione nel 2008 dell'EP "Wellington" e nel 2009 del primo "A Year of Spring" (che consiglio di andare a ripescare).
L'album è scaricabile in via del tutto gratuita sul loro bandcamp:
Buon ascolto!! :)
EMMA RUTH RUNDLE "ELECTRIC GUITAR 1"
Musicista nativa di Los Angeles, chitarrista di un gruppo prog-metal chiamato "Red Sparowes" (no, non fanno decisamente per me...), e componente di un altro progetto musicale, "The Nocturnes" (di cui sotto invece si approfondirà), che lasciando perdere il metal e tutte le sue diramazioni (che non conosco e non voglio conoscere), invece si dedica a sonorità folk-rock un po' depresse, dunque con qualche accenno slowcore.
"Electric Guitar Vol. 1", uscito nel 2011, è il suo album di esordio come solista, e come la Rundle scrive sul suo bandcamp, si è sviluppato nel 2010 durante le sei settimane di tour Europeo con i "Red Sparowes". Passando quindi un mucchio di tempo sul pulmino tra una tappa e la successiva, ha tratto ispirazione dal susseguirsi di paesaggi che poteva scorgere attraverso il finestrino, per comporre con una chitarra elettrica, improvvisazioni di stampo ambient.
Le improvvisazioni si sono poi trasformate in 6 tracce che compongono l'album. I brani hanno continuità ed coerenza tali che nell'insieme danno l'impressione di essere fusi insieme in un'unica traccia audio, in cui si alternano momenti puramente ambient e persino melodici, a distorsioni caotiche e momenti drone.
Beh, aspettiamo il Vol. 2!
Non lascio il link...basta digitare il suo nome per trovarne, ma lascio il suo bandcamp:
THE NOCTURNES "AOKIGAHARA"
(Sapevo che la mia passione per il Giappone un giorno mi sarebbe stata utile, oltre che per il nome di questo blog).
Mentre il Monte Fuji nello Shintosimo è considerato un luogo sacro, tanto da essere considerato meta di pellegrinaggio, la foresta di Aokigahara (detta anche Jukai), situata alle sue pendici, è considerata invece un luogo infestato da "spiriti" ed "energie negative"...non è un luogo ospitale questo sì, è ricca di grotte vulcaniche, formazioni rocciose taglienti, e la sua traduzione suonerebbe come "mare di alberi", quindi un luogo in cui la vegetazione è piuttosto fitta, un luogo umido e buio. Forse proprio l'intrecciarsi di queste caratteristiche ha fatto sì che fin dall'antichità la foresta di Aokigahara sia considerata un luogo ideale per suicidarsi, tanto da venire anche appellata come "la foresta dei suicidi", date le decine di corpi che vengono ritrovati ogni anno tutt'oggi. In tal proposito, giusto qualche settimana fa anche il sito vice.com ha riportato il fatto, proponendo un documentario interessante:
http://www.vice.com/it/vice-news/aokigahara-suicide-forest-v3
Mentre nell'epoca "nobile" del Giappone, quella dei ronin, il suicidio prevedeva un rituale specifico in cui la parte estetica aveva un ruolo di primaria importanza, oggi gli aspiranti suicidi sono più che altro "hikikomori" (post-adolescenti e non...), che non riuscendo a ritagliarsi un posto nella società, si isolano del tutto serrandosi in casa rifiutando qualsiasi tipo di relazione interpersonale, a questi si sommano poi anche i disoccupati a causa dalla crisi economica (e sappiamo tutti quanto il lavoro in Giappone sia alla base della propria dignità ed onore). I metodi più comuni oggi sono l'avvelenamento o l'impiccagione...spesso affidandosi ai consigli di volumi come "Il Manuale del Suicidio Perfetto" di Tsurumi...
Ben altra cosa era invece il Seppuku, il rituale del suicidio adottato dai samurai volto a preservare l'onore ed il prestigio. Avveniva con dinamiche molto precise ed aveva anche funzionalità estetiche: prevedeva il taglio del ventre (considerato come la sede dell'anima), che doveva avvenire da sinistra verso destra, e con un coltello tantō (il trattino raddoppia la vocale), oppure con una spada corta. Il samurai doveva compiere il gesto da inginocchiato, premendo a terra con le dita dei piedi, evitando così che il corpo si sbilanciasse e cadesse all'indietro invece che in avanti (sarebbe stato un tremendo disonore!).
Fin qui la tecnica è condivisa con il più noto Hara-kiri, invece il Seppuku (decisamente più onorevole), prevedeva anche il taglio della testa attuato quasi contemporaneamente allo sventramento. Il compito della decapitazione spettava alla persona più fidata e vicina al suicida, infatti doveva calibrare così bene il tempo da non permettere che il viso del samurai avesse il tempo di contorcersi in espressioni di dolore in seguito al suo sventramento! :)
Esisteva anche una variante femminile riservata soltanto alle mogli dei samurai, detta Jigai, che prevedeva invece il taglio della gola (mirando alla vena giugulare esterna...e dato il calibro e la portata immagino il fiotto di sangue che doveva partire...), sempre utilizzando un coltello tantō, e cosa fondamentale, i piedi dovevano esser legati in modo tale che il corpo restasse in posizione seduta, o se nel caso fosse caduto, comunque si sarebbero evitate posizioni disonorevoli per una donna...mah! :)
Ho svarionato un po', comunque, l'album parla ovviamente di morte, ma lo fa senza troppi patemi e senza atmosfere eccessivamente e scontatamente cupe. E' un viaggio ed una riflessione attraverso le tappe canoniche della vita di ciascuno, "The Cradle" ossia la culla, "The Road", "Craving" ossia il desiderio, "Love"... Nessuno brano prevale sugli altri, il tutto procede con la stessa intensità e sullo stesso livello. Emma Ruth Rundle contribuisce oltre che con la chitarra, anche con la sua voce che dona un chè di etereo a tutto il lavoro.
"Aokigahara", è il secondo album dei The Nocturnes, progetto nato nel 2007 inizialmente formato soltanto dalla Rundle e Dave Clifford, a cui si sono aggiunti Julian Rifkin e Paris Patt, con la pubblicazione nel 2008 dell'EP "Wellington" e nel 2009 del primo "A Year of Spring" (che consiglio di andare a ripescare).
L'album è scaricabile in via del tutto gratuita sul loro bandcamp:
Buon ascolto!! :)
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Premetto che per questa volta non ho potuto fare a meno di concedermi un certo grado di melensità e stucchevolezza, ciò non senza imbarazzi....
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PLAYLIST 3/3 2012 DOWNLOAD 1 Flatlands CHELSEA WOLFE 2 Black Summer EFTERKLANG 3 Come Play Frolic CHILDREN OF THE WAVE 4...