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12.09.2011

Album 2011 #20 Metal Mountains "Golden Trees"

Arrivati a questo punto dell'anno tutti quanti stilano le solite odiose classifiche (spesso identiche), ma tant'è, la tradizione vuole così... Come l'anno scorso la mia non è una "classifica", quanto più un indice di ascolti...anche perchè ciò che più mi ha colpita non può rientrare nell'elenco...ma verrà comunque anche il suo momento quando posterò la playlist '11 ad inizio gennaio. Ovviamente le mie scelte non hanno nulla in comune con le scelte Pitchfork o Stereogum (e questo delinea bene il fatto che di musica sì ne ascolto parecchia, ma in fin dei conti non ne capisco nulla), e quindi spazio per Bon Iver o Radiohead od ancora Wilco (tutti e tre mi sono antipatici in egual misura), non c'è!
Di tutti gli album si è già parlato nel corso dell'anno, quindi per informazioni e (soprattutto) per il download rimanderò al post dedicato su questo blog.
Random dalla 20 alla 30
Sam Mickens "Slay & Slake"
CindyTalk "Hold Everything Dear"
Okkyung Lee "Noisy Love Songs"
Esmerine "La Lechuza"
Wires Under Tension "Light Science"
Fennesz + Sakamoto "Flumina"
Bonnie Prince Billy "Wolfroy Goes to Town"
Current93 "HoneySuckle Aeons"
Justin Vivian Bond "Dendrophile"
Bjork "Biophilia"

#20 METAL MOUNTAINS "GOLDEN TREES"
Rimando al post originale:

Buon ascolto! :)

11.17.2011

Slay-&-Slake

SAM MICKENS "SLAY & SLAKE"
Un anno fa, circa nello stesso periodo usciva "Blue Water White Death", collaborazione tra Jamie Stewart e Jonathan Meiburg (Shearwater), album che nulla c'entra con questo di Mickens se non indirettamente per lo stesso Stewart e per aver reso necessaria una completa revisione (ora come allora) della playlist di fine anno, prematuramente pronta...se poi si cambia un brano si scombina tutto!
Comunque sia, "Slay & Slake" è l'album di debutto da solista di Sam Mickens, già noto come membro degli Xiu Xiu, come vocalist e chitarrista dei The Dead Science, per le collaborazioni con Parenthetical  Girls, Deerhoof e Carla Bozulich. Registrato a Brooklyn e composto/eseguito interamente dallo stesso Mickens, non si distacca di molto dai suoi precedenti lavori, quindi pop, avant-garde, vecchi sintetizzatori e la sua voce molto particolare che talvolta a me ricorda Justin Vivian Bond. Qui
Senza aggiungere null'altro, se non che quest'album (almeno per me) è più una piacevole sorpresa, lascio il teaser e la spiegazione per il mantello di Batman (non da l'idea del super-eroe sfigato un po' come John Grant?) :) http://www.comicsalliance.com/2011/10/17/batman-lord-death-man-song-sam-mickens/
SAM MICKENS/ "Slay&Slake" Record Teaser from sue-ling braun on Vimeo.


Sotto 20 minuti della stessa sessione:
http://vimeo.com/m/20432691

Passando ad altro, recentemente la Pitchfork, in occasione del suo festival Europeo curato da Bon Iver (a Parigi), ha pubblicato questa piccola performance dei Wild Beasts:

10.21.2011

Tamer Animals

 Il progetto Other Lives nasce nel 2004 sotto il nome "Kunek", inizialmente un terzetto formato da Jesse Tabish, che potrebbe essere considerato il front-man del gruppo, alla voce, piano e chitarra, Jenny Hsu al violoncello, violino, autoharp, e Colby Owens alla batteria, la cui unica pubblicazione "Flight of the Flynns" risale al 2006.
Al terzetto di Stillwater (Oklahoma), si aggiungono altri due elementi: John Onstott al basso ed organo, e Jonathan Mooney al violino, chitarra, tromba e piano; a questo punto il nome della formazione cambia in Other Lives. Il primo album esce nel 2009 e prende il nome della band, un disco che ha avuto un discreto successo, ma che comunque suona un po' scarno ed incompleto, cadendo a volte anche in una certa mielosità...
Tutt'altra questione è invece il soggetto del post, ossia il loro secondo album "Tamer Animals", uscito a maggio negli USA e soltanto a fine settembre anche qui in Europa, un album di facile ascolto benchè piuttosto complesso e ricco di strumentazioni che si intrecciano, tanto da aver necessitato di 14 mesi di lavorazione, un album notturno, ma soprattutto dal forte potere evocativo....come scritto da più parti, la soundtrack perfetta per un lungo viaggio in auto attraverso paesaggi naturali che si alternano attraverso differenti condizioni di luce. Si trovano chiari riferimenti ai ritmi ripetitivi ed ossessivi di Philip Glass nel brano di apertura "Dark Horse" (di cui Tabish si dice ossessionato), ed un chiaro omaggio alle soundtracks dei vecchi film western curate da Morricone in "Old Statues", una perfetta unione tra indie-folk ed orchestrazioni classiche usate sempre con parsimonia senza cadere in un eccesso fastidioso.

Forse non si tratta di un album immediato, richiede più e più ascolti per poter apprezzare ogni singolo contributo di ogni membro del gruppo (tutti quanti polistrumentisti); nessun brano spicca sugli altri, nessun potenziale singolo...o forse sono tutti potenziali singoli...l'importante è ascoltare l'intero lavoro nella sua completezza per capire che ogni brano è strettamente legato a tutti gli altri.Qui
L'8 novembre suoneranno a Milano (unica data italiana), mi sembra un'ottima occasione per vederli dal vivo:
"For 12"


"Weather"


"Dust Bowl III"

Other Lives - Dust Bowl III from HearYa.com on Vimeo.

Qui lascio il link per l'intera sessione per HearYa.com:
http://www.hearya.com/2011/10/12/other-lives-live-session-94/

Buon week-end! :)

8.25.2011

Qualcuno le comprende...le sorelline baffute!

Avevo detto per un po' basta con drone/ambient/glitch...e ne avevo tutte le intenzioni, sicchè il nuovo Fennesz/Sakamoto non l'avevo nemmeno messo sull'iPod, poi vado a vedere tra le statistiche del blog e vedo che un mucchio di utenti erano capitati qui cercando appunto "Flumina"...allora ho fatto lo sforzo e ieri sera l'ho ascoltato accompagnata dai 38°C che rendono in questi giorni Torino una città torrida e deserta...non proprio l'ideale per questo doppio album! Non c'è che dire, da due menti del genere non può che venire fuori una meraviglia...però, consiglierei di lasciarlo lì da parte ed ascoltarlo magari tra un mese. Comunque sia, qui.E con questo si chiude il capitolo cupezze elettroniche!

Mese musicalmente floscio, almeno, nulla mi ha entusiasmata...sarà anche colpa  della fissa-pre-Antony e sapere che in scaletta sono inclusi "nuovi" brani come "Swanlights", "Cut the World", "Snowy Angel", "The Spirit was Gone" e poi "You Are My Sister" ed "Hope There's Someone" in versione sinfonica...a confronto tutto il resto mi sembra davvero poca cosa, eccezion fatta che per...

...l'illuminazione del mese SISTER CRAYON "BELLOW"
mi hanno mandato in fissa, partendo dalla copertina che mi ha convinta da subito. Sono un quartetto di Sacramento e sono indie...indie ma pop/trip-hop ed una miscellanea di generi tra cui non mancano anche venature di quel "freak-folk" da sempre tanto criticato, difatti è subito chiara l'influenza sia estetica che musicale delle CocoRosie (evvai, qualcuno che finalmente capisce ed apprezza le sorelline baffute!!). La voce di Terra Lopez, che sostiene tutti i brani dandogli un certo fascino, infatti ricorda a tratti sia Bianca che Sierra Casady, ma talvolta anche la mia adoratissima Matteah Baim (che con le due ha collaborato più volte e che è parte del progetto Metallic Falcons). Del resto Terra Lopez si era cimentata già con una cover delle CocoRosie "Honey or Tar" (QUI), direi ben riuscita, e se ben ascoltate "Here we Never Die", non vi ricorda moooolto "Girl and the Geese" delle Casady?? Qui
Promettono molto più che bene, intanto qui sotto "(in)Reverse" in versione live :

Esiste anche un videoclip dello stesso brano, molto carino, ma l'elemento di spicco è senza dubbio il giubbottino smanicato di pelo di topo indossato dalla Lopez...lo voglio anch'io!! 0_o http://www.youtube.com/watch?v=BklxcL7li_o
Per me sono adorabilissimi!! :)
 
2- A Winged Victory for The Sullen titolo del progetto e titolo dell'album.
Del resto Dustin O'Halloran rientrava già tra i miei ascolti preferiti di quest'anno con la sua precedente uscita "Lumiere", qui invece si trova a collaborare con il compositore Adam Wiltzie ed Hildur Gudnadottir al violoncello.
Il tutto inizia a Bologna nel 2007 durante uno degli ultimi live europei di Mark Linkous come Sparklehorse (se non ricordo male, il suo ultimo live fu a Parigi con Fennesz), data in cui O'Halloran e Wiltzie s'incontrano ed intravedono una successiva unione d'idee.
...cosa che è poi avvenuta e da cui è venuto fuori un album estremamente curato, raffinato...ed anche commovente, al piano (o meglio ai pianoforti...ne ha usati ben 9 diversi) lo stesso O'Halloran, a cui si uniscono fiati ed un quartetto d'archi delicatissimo tra cui spiccano Hildur Gudnadottir appunto al violoncello, e Peter Broderick al violino. Registrato per metà a Berlino nella Grunewald Church e per metà a Ferrara, include anche un omaggio con il brano "Requiem for the Static King. Part One"allo stesso Linkous che poco più di un anno fa ha deciso di risolvere i suoi problemi esistenziali in maniera definitiva. Qui...

Buon ascolto!! :)

7.27.2011

Ascolti complessi e confusioni geografiche

Prima di passare alla solita cupezza, subito qualcosa di ben più leggero (forse addirittura frivolo?...ma a me piace!); dopo 4 anni dalla sua ultima uscita  (piuttosto di successo) "The Reminder", il 4 ottobre uscirà il nuovo album di Leslie Feist. S'intitolerà "Metals", includerà 12 tracce ed oltre alla consolidata collaborazione con Gonzalez, si aggiungerà anche lo zampino (e che zampino!), di Valgeir Sigurdsson...sicchè a tempo debito il discorso verrà qui ampliato.
Ora si torna alla cupezza, ma forse più che questa, meglio dire "introspezione", a volte indigesta ed a volte inaspettatamente lineare, se non melodica...il tutto in 3 album (e per una volta gli archi quando presenti , sono solo una piccola aggiunta):

FENNESZ "Seven Stars"
Registrato lo scorso gennaio a Vienna in 3 settimane, con la collaborazione di Christoph Amann alla batteria nel brano "Seven Stars".
Da più parti ho letto che le intenzioni di Fennesz per quest'ultimo lavoro erano di fare un album più leggero, con sonorità meno violente ed ossessive ma che includesse anche questa "novità", l'aggiunta di una batteria. In effetti a ben ascoltarlo risulta subito chiaro che la sua indole di lunghi e sconfinati drone e suoni glitch è messa un po' da parte, sì,  permangono in 3 brani su 5 ma tutto sommato di breve durata e non così aggressivi, ma questi vengono meno nel brano "Luminal", e di sorpresa spariscono nella title-track "Seven Stars"...forse sono io che ho l'orecchio abituato alle sue distorsioni, ma a me pare un vero e proprio brano, persino dotato di melodia!
Intanto si sa che la sua terza collaborazione con Ryuichi Sakamoto, dal titolo  "Flumina", dovrebbe uscire a breve...ed anche per questo, il discorso verrà ampliato qui. Qui


NICHOLAS SZCZEPANIK "Please Stop Loving Me"
Cognome impronunciabile ed indefinibile la sua sonorità. "Please Stop Loving Me" è una singola traccia lunga quasi 48 minuti, ma nonostante la lunghezza, non ha nulla a che fare con i loops continui e ripetuti di Basinski.
Lungo questi lunghissimi (e dilatati) 48 minuti vi è una continua evoluzione, sottili ed impercettibili variazioni che si sommano pian piano, capaci di portare alla percezione che la sonorità si sta ascoltando ora è completamente differente da quella iniziale, soltanto quando si è in prossimità del finale. Complesso rendere l'idea, l'unica è trovare ed il tempo e soprattutto l'attenzione necessaria. Certo rientra in tutto e per tutto in quel genere di ascolti non adatti a tutti, persino io l'ho trovato estenuante ed a tratti la tentazione di pigiare stop è stata davvero forte, ma ero in auto da sola  e ne avevo per almeno un paio di ore di guida, sicchè era la classica situazione "ora o mai più"...pesante sì, ma alla fine è stato piacevole! Qui (e buona fortuna:)!)

FJORDNE "Charles Rendition"
Il nome del progetto e la copertina dell'album inducono facilmente a pensare si tratti di un artista del nord Europa, Norvegia, Svezia o Islanda, invece si tratta di un musicista giapponese, Fujimoto Shunichiro e tra l'altro distribuito da un'etichetta di Singapore, la Kitchen. A questo punto è altrettanto facile pensare al minimalismo al tempo stesso geometrico e contorto dei musicisti giapponesi (escludiamo tra i pochi Sakamoto), invece si tratta di un album piuttosto elaborato, ricco di incursioni jazz, e soprattutto strumentale, difatti Fujimoto compone i suoi brani utilizzando strumenti acustici  (in quest'album è prevalente l'uso del pianoforte, ma non mancano anche fiati e qualche arco), poi modula il tutto in forma elettronica, con un risultato tutt'altro che sintetico. Brani piuttosto introspettivi come "Gathering", "Forfeiture", uno solo include una voce molto posata e retrò "Hope", fino ad arrivare al brano secondo me più accattivante "Ald Square" in cui fiati e pianoforte si mischiano dando un senso quasi ipnotico e disorientante.
Ispirato al romanzo "Great Expectations" di Charles Dickens, "Charles Rendition" è il quinto album di Fjordne, ben 3 rilasciati nel 2008 ”Unmoving” , “The Last 3 Days of Time” e “Stories Apart from the World”, ed uno rilasciato nel 2009 “The Setting Sun”. Qui

Buon ascolto! :)

3.08.2011

Julia Kent "Green and Grey"

Si legge da una sua intervista pubblicata qualche giorno fa su Pitchfork (qui) che la sensibilità di Antony riguardo la tutela ed il rispetto della Natura e dell'ambiente, alla fine l'ha fortemente influenzata. "Green and Grey", come facilmente deducibile già dal titolo stesso, esplora la convivenza tra i due mondi, il verde, colore con cui s'identifica la Natura, ed il grigio, il colore prevalente nell'artificialità umana.
Re-interpretando "Delay", il primo album solista della Kent (2007), ora potrebbe essere visto come un preludio, l'inizio di un percorso di consapevolezza; in copertina una fila di carrelli per il trasporto delle valigie in aeroporto, il tutto ben riassunto proprio in quel colore triste ed occludente: il grigio. "Delay" difatti è stato ideato e composto per la maggior parte negli aeroporti da cui prendono titolo i brani dell'album, "Fontanarossa", "Malpensa", "Venizelos"... Solita prendere una miriade di voli aerei per via dei tour e subendo gli annessi ritardi (appunto "Delay"), la Kent ha potuto esplorare a fondo l'alienazione, l'omologazione, la tristezza di questo non-luogo...da una parte con i vari interludi inseriti tra un brano e l'altro: il vociferare in sottofondo, segnalazioni acustiche, passi, bagagli trascinati  velocemente a terra...tutti registrati in presa diretta e talvolta campionati; dall'altra parte i brani veri e propri che sembrano voler descrivere un rifugio da quel caos, ma che in fondo lasciano la sensazione di una profonda claustrofobia e di disagio. Almeno, questo è quel che ne ho riassuntivamente percepito...ma poi non è sempre possibile poter descrivere le proprie sensazioni con particolare finezza, tanto più se si tratta di un album strumentale.


L'estate scorsa l'Ep "Last Day in July", e qui, come scritto da me a proposito, si ha a che fare con con un temporalone che segna la fine dell'estate...la Kent con il suo violocello è capace di descrivere in musica quel preciso momento, quel passaggio, ed è capace si farlo con una grazia ed un profondità tale da poter essere immaginato visivamente, come se si trattasse di un documentario. Tra un brano e l'altro mancano gli interludi, sostituiti invece da sensazioni acustiche (la pioggia, i passi sulle pozzanghere, l'acqua), come parte integrante del brano stesso...è come se mancasse il distacco tra realtà e necessità, ben radicato invece in "Delay"...la Natura, la quiete, l'osservazione dei fenomeni, sembrano coincidere con le aspettative e le necessità della stessa Kent.


 Poi arriva "Green and Grey":
         http://music.juliakent.com/
In linea generale concordo con la recensione del The Liminal: http://www.theliminal.co.uk/2011/02/julia-kent-green-and-grey/
il punto di vista può essere duplice  e soggettivo, ossia: si tratta di osservazioni dei fenomeni naturali visti all'interno di un contesto urbano? Oppure si tratta di fenomeni naturali, visti e vissuti nel loro ambiente, con lo stupore di chi però a quell'ambiente si sente ormai estraneo?
Di sicuro c'è il fatto che il contesto Natura rappresenta una fuga dal caos, il luogo dove trovare calma e serenità, un fattore da riscoprire...il punto di arrivo di un percorso. Ma andiamo con ordine:
Julia racconta  che in effetti erano circa 3 anni che lavorava dietro a quest'album, ed il tutto nacque mentre stava registrando con Antony (suppongo l'album "The Crying Light"), in un piccolo studio poco fuori New York, praticamente localizzato nel mezzo di un bosco. Qui rimase affascinata dalla ritmicità dei suoni emessi dagli insetti (nello specifico, delle cicale), cominciò così a realizzare svariate registrazioni dei rumori ambientali circostanti, senza però avere un'idea precisa di cosa farne...successivamente, nelle brevi pause tra un tour e l'altro, ha riflettuto sul significato di quei suoni, ha riflettuto sul perchè si sia sentita allo stesso tempo affascinata, intimorita e spaesata  in un ambiente non urbano, e quindi sul suo rapporto con la Natura. Tornata dunque nella tranquillità del suo appartamento a Manhattan ha messo insieme tutte quelle registrazioni...
- L'album comincia con "Pleiades", le cicale introducono il brano che parte lento, riflessivo (a tratti mi ricorda Philip Glass nella soundtrack "The Hours")...sembra quasi l'avvicinarsi cauto e circospetto ad un mondo sconosciuto, che pian piano diventa sempre più familiare, fino ad abbandonarsi allo stupore. Resta sempre la doppia possibilità: si tratta di un'esperienza vissuta nel contesto urbano, quindi le cicale si trovano nel giardino, le stelle vengono guardate da dietro una finestra? Oppure il tutto viene vissuto in un contesto non urbano?
- "Ailanthus", (già contenuto nell' Ep "Last Day in July") , detta anche "pianta del paradiso" per via delle altezze che può raggiungere (fino a 25m di altezza), è una pianta infestante...il fatto che il brano parta con dei passi sull'asfalto e che continui con ritmo ripetitivo, che sembra quasi delineare un cerchio che si espande, mi fa percepire il lungo e lento lavoro attuato per impossessarsi di un luogo...resta poi da capire quale sia la vera "pianta" infestante...
- In "Toll", ossia il dazio, il conto da pagare sempre inteso nell'ottica della duplice visione Natura/uomo, si torna ad una classicissima Kent, il brano si apre, si sviluppa con il caratteristico intrecciarsi di loops che man mano si aggiungono, per poi tornare su stesso nella conclusione, il tutto caratterizzato da una certa cupezza...che forse lascia intendere quale sia la sua personale visione.
- Si arriva ad "Acquario"...il rumore dell'acqua ben delineato all'inizio, accompagna tutto il corso del brano in sottofondo...la Kent è capace di trasformare il suono prodotto dal suo violocello in correnti, mulinelli, cascate, le sue sonoritè sono fluide, liquide, diventano l'artificio capace di descrivere in immagini lo scorrere dell'acqua...e che si trovi in un acquario posto nel salotto di casa o si tratti di un torrente od un corso d'acqua, ha ben poco conto.
-"Tithonos", le cicale aprono ed accompagnano tutto il brano...qui rientra la mitologia greca...
la leggenda narra che Eos (amante di Titone) chiese a Zeus di donargli l'immortalità, dimenticando di richiedere anche l'eterna giovinezza. Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio e privo di forze, Eos ottenne che esso fosse mutato in cicala
-"Guarding the Invitations", tra i miei preferiti, con aperture da brividi ed un'eleganza senza pari. Fortunatamente si trova una sua performance su YouTube, relativa ad un live tenuto lo scorso maggio a Milano (in cui ovviamente c'ero). Il titolo che appare sul video è "Venizelos" (contenuto in "Delay), ma chiaramente si tratta di un errore, e dunque:



- Si continua con "Overlook" e grazie alla capacità descrittiva della Kent, non vi è molto da aggiungere...la vista di un paesaggio, le sue caratteristiche fin nel dettaglio (naturali e non...)
- "A Spire", ecco il capolavoro dell'album (almeno per me)! L'unico riferimento chiaro ad un costrutto umano: "spire", una torre, una guglia...a simboleggiare un po' l'orgoglio di ergersi al di sopra della Natura. Al primo ascolto sono rimasta inebetita! Ricorda molto Zoe Keating nella migliore condizione (d'altra parte anche lei era parte delle Rasputina); ok, non è certo la prima volta che Julia Kent inserisce altre strumentazioni alle sue composizioni (piccoli e vecchi sintetizzatori), ma questa volta entrano a farne parte un beat (ma leggero neh!) in sottofondo e quello che sembra essere uno xilofono (che sia poi al sintetizzatore o no, questo non lo so...). Posso dire che potrei ascoltarlo tutto il giorno senza sosta e rimarrei sempre a bocca aperta! :)
- E dunque "Missed", che io percepisco come la sensazione di estraniazione nei confronti di una realtà che non ci appartiene più. La stessa Kent dice infatti che nonostante questa sua riflessione, e nonostante essere più sensibile ed attenta ora ai fenomeni naturali, ne è comunque spaventata...intendendoli come manifestazioni molto al di sopra delle nostre possibilità e decisioni.
- "Dear Mr. Twombly"...brano più meditativo, anche questo caratterizzato dalla piccola "intromissione" di un sintetizzatore (che ricorda un po' "Fontanarossa"). Resta un po' un punto interrogativo, di Twombly conosco un pittore americano che fu capace di unire lo stile grafico del disegno, alla pittura...e dubito si riferisca a lui.
- Si giunge al finale con "Wake Low"; indicano le linee (si può dire isobare?) che delimitano le aree di bassa pressione,  che sono poi quelle più soggette a fenomeni atmosferici legati maltempo, come la pioggia ed il vento. Da l'idea di una lunga e ponderata riflessione che termina con una presa di coscienza, una nuova percezione...a terminare il brano (e quindi l'album) è lo stesso rumorio emesso dalle cicale, con cui si apre "Green and Grey"...ma giunti a questo punto, è chiaro che il significato di questo fenomeno non è più lo stesso. Dapprima si tratta di un episodio forse un po' banale, ma che suscita un certo stupore, è una scoperta...lo stupore poi stimola una riflessione che porta ad una comprensione profonda del suo significato e questa infine ad una nuova consapevolezza.

Non amo dare voti,  ne subisco già abbastanza di mio e so quanto possono essere ingiusti...ma per me Julia Kent si prende nuovamente il massimo dei voti, d'altra parte non nascondo la mia smisurata "venerazione" per lei :)
Come al solito, le mie parole a sproposito non sono minimamente in grado di lasciar intendere la reale sostanza (e  bellezza) del lavoro in questione, ed ho anche un po' l'impressione di aver qua e la sviato dall'essenzialità del suo significato...il fatto è che ci sarebbero da aggiungere parecchie "cose" su quest'album e sulla sua lavorazione che il post risulterebbe illeggibile. L'unica speranza è quella di non aver allontanato nessun dall'ascolto di questo capolavoro! :)