Dopo molteplici riferimenti e svariati post dedicati ad album in cui lei stessa ha preso parte, questa volta è arrivato il turno di un'altra violoncellista pratica della tecnica looping, ossia
Hildur (Ingveldardóttir) Guðnadóttir.
Musicista e compositrice islandese, per un certo senso il suo processo creativo potrebbe essere accostato a quello della qui ben nota
Julia Kent, oltre che per la tecnica looping applicata al violoncello, anche per il modo di approcciarsi ad esso, ossia non limitandosi al campo delle sonorità classiche, ma integrando componenti elettroniche e field-recordings ampliando così di fatto le potenzialità dello strumento.
Come la Kent,
Hildur Gudnadottir si divide tra un percorso solista, in cui oltre al violoncello ha sperimentato anche l'arpa, il vibrafono e la viola da gamba (antecessore del violoncello), ed un percorso di collaborazioni con altri sperimentatori sonori, in cui nonostante la giovane età, rientrano già
Johann Johannsson,
Valgeir Sigurdsson,
Nico Muhly,
Ben Frost,
Pan Sonic,
Throbbing Gristle,
Múm e più recentemente la collaborazione con il pianista tedesco
Hauschka per il concept album "
PanTone", e la partecipazione al progetto
A Winget Victory for the Sullen con
Dustin O'Halloran ed
Adam Wiltzie. Bisogna ancora aggiungere all'elenco che è stata opening-act per svariate date del tour del 2009 di
Fever Ray, ossia il progetto solista di
Karin Dreijer Andersson (parte del duo "
The Knife"). Nel 2006 pubblica sotto nome "
Lost in Hildurness", il suo primo lavoro da solista, "
Mount A", registrato in parte a New York ed in parte in una baracca nel nord dell'Islanda, in cui a suo dire, la qualità del legno norvegese con cui è stata costruita, era perfetta per l'acustica.
Mount A è stato poi rivisto e ripubblicato nel 2010.
L'album che lascio qui però è il successivo "
Without Sinking", uscito nel 2009 e registrato nel
Greenhouse Studios di
Sigurdsson. A questo punto salta fuori un'altra analogia:
Julia Kent nel 2007 ha pubblicato il suo album di esordio (come solista) "
Delay", lavoro elaborato nel corso dei suoi numerosissimi spostamenti aerei ed incentrato sulle sensazioni che si vivono in un aeroporto...quasi un mondo a se, ed allo stesso tempo omologato a tutti gli altri...incontri, saluti, addii, lunghe attese, partenze, arrivi, stessi rumori, stesso vociferare etc etc; la
Gudnadottir invece nei suoi altrettanto numerosi spostamenti aerei, ha voluto indagare su ciò che si può osservare guardando al di fuori del finestrino, e più che sul susseguirsi di panorami montani, marini, di pianura o luci urbane, si è concentrata invece sulle formazioni nuvolose, la loro composizione, il loro aggregarsi ed il loro oscurare la porzione di superficie terrestre che si trova al di sotto di esse. In effetti non è così scontato pensarci, è possibile rendersi conto che al di sopra dello strato nuvoloso è sempre e comunque sereno, il cielo è limpido...sono loro ad oscurarci dal Sole.
Ne risulta un disco incentrato dunque anche sulle condizoni di luce (e si sa bene quanto queste influiscano sul nostro stato emotivo), un lavoro di non facile ascolto, riflessivo, oscuro, dilatato, spesso le sonorità sono soffuse e le note vengono mantenute così a lungo da trasformarsi in drone che si trascinano a fatica attraverso graduali ed impercettibili variazioni.
qui
Oltre alla sua già citata discrezione e sobrietà (caratteristiche rare e sempre ben accette), nei pochi filmati relativi a qualche sua performance (e nell'unica volta che ho avuto modo di vederla dal vivo, qui a Torino nel 2010), a colpire è anche la naturale cura estetica dei suoi movimenti nel suonare il violoncello, strumento elegante di per se, ma elemento questo a cui non sempre viene data importanza...
Erupting Light:
Buon ascolto! :)