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12.19.2012

Album 2012 - appena fuori

Senza un ordine preciso, qui sotto gli album appena fuori dai 20 più ascoltati/apprezzati.

-) CHELSEA WOLFE - "UNKNOWN ROOMS: A COLLECTION OF ACOUSTIC SONGS"

Chelsea Wolfe - Flatlands (Glassroom Sessions) from Sargent House on Vimeo.

-) LITTLE ANNIE & BABY DEE "STATE OF GRACE"


-) MICHELLE BLADES "MARIANA"

-) PERFUME GENIUS "PUT YOUR BACK N 2 IT"


-) NICO MUHLY "DRONES"

-) KARINA ESP "DETACHMENT"


-) LINNEA OLSSON "AH!"


-) MARIELLE V. JAKOBSONS "GLASS CANYON"

-) KANDODO "KANDODO"

-) CARTER TUTTI VOID "TRANSVERSE"

CARTER TUTTI VOID - V3 (EDIT) from Mute on Vimeo.

-) CYCLOBE "SULPHUR - TAROT - GARDEN"

-) EXITMUSIC "PASSAGE"

Exitmusic | FOR NO ONE from FOR NO ONE on Vimeo.

-) PAUL CORLEY "DISQUIET"

-) MOUNT EERIE "CLEAR MOON"

-) MICHELLE BLADES "MARIANA"  

Buon Ascolto! :) 
Da domani si comincia con il #20

12.04.2012

Desertshore/The Final Report

X-TG "DESERTSHORE/THE FINAL REPORT"

L'idea dei Throbbing Gristle (alla formazione X-TG poi ci arriviamo), di rivisitare l'album "Desertshore" di Nico e John Cale, non è certo una novità recente; fu infatti Peter Christopherson nel 2006, ad un paio di anni dalla fortunosa reunion TG a proporre il progetto agli altri membri. In 6 anni il progetto è mutato più volte ed ha subito i numerosi ed imprevisti contraccolpi che hanno caratterizzato la recente storia dei membri TG.
Andando con ordine: i Throbbing Gristle si riunirono nel 2004 dopo più di un ventennio dal primo sciogliemento, avvenuto nel 1981 dovuto a questioni di incompatibilità e per dare spazio ai progetti "collaterali" (termine ovviamente senza alcuna connotazione di secondarietà), intrapresi successivamente dai suoi membri...Cosey Fanni Tutti e Chris Carter riuniti nel progetto Carter/Tutti, Peter Christopherson membro portante dei Coil e Genesis P-Orridge nel progetto Psychic TV. Inaspettatamenete l'idea di una reunion non cadde in un inutile trascinarsi avanti di cariatidi senza più nulla da proporre (esempi del genere sono ben altri...), ma anzi, portò la produzione di nuovo materiale, tra cui un cofanetto di 7 DVD, l'inedito "Part Two" e l'uscita in edizione limitata in 777 copie della rivisitazione "The Second Annual Report". Nel 2007 il progetto "Desertshore" cominciò a prendere la sua prima forma, e le prime basi vennero rese pubbliche con un'installazione presso l'ICA di Londra; in seguito questa prima versione in cui la voce era affidata a Genesis P-Orridge fu pubblicata in ediziona limitata in un cofanetto di 12 CD.
Nel 2010 la rottura di Genesis P-Orridge con i Throbbing Gristle fu definita, ed avvenne nel bel mezzo di un tour europeo...sicchè i restanti componenti, Cosey Fanni Tutti, Chris Carter e Peter Chistopherson terminarono le date rimanenti con il nome X-TG...niente di più concreto di una scelta simile.
La reinterpretazione di "Desertshore" dunque prese un'altra piega, e la voce di P-Orridge venne eliminata dal progetto, nonostante ciò i 3 continuarono a lavorarci su fino a che, ennesimo contraccolpo, Christopherson morì nel sonno nella sua casa a Bangkok nel 2011.
Carter/Fanny Tutti in memoria di "Sleazy" decisero di proseguire ulteriormente, introducendo la partecipazione di figure musicali e cinematografiche capaci di dare la giusta atmosfera ad un progetto così ambizioso...le loro scelte difatti sono ricadute su Blixa Bargel, Antony Hegarty, Marc Almond sul regista Gaspar Noè e l'attrice Sasha Grey.  La première del progetto (quasi) ultimato si tenne a Newcastle pochi mesi dopo la scomparsa di Christopherson, divenendo di fatto una commemorazione, così come la versione finale dell'intera rivisitazione di "Desertshore", confezionata in un packaging davvero pregevole contenente un doppio CD dal titolo "Desertshore/The Final Report", dove quest'ultimo segna appunto l'ultimo atto di ciò che restava dei TG riprendendo le ultime registrazioni di materiale inedito effettuate con "Sleazy".
Venendo all'album, negli anni più e più artisti si sono prestati a reinterpretare i brani di Nico (ne è un ottimo  esempio Soap&Skin con "Janitor of Lunacy" ) , ma ciò che risulta davvero pregevole nel lavoro X-TG è che l'intero progetto "Desertshore" non appare come un semplice (ma bellissimo) album di cover, ma  invece come una sua completa rivisitazione ed in alcuni casi persino come uno stravolgimento.
Ad aprire vi è Antony Hegarty (che in passato aveva offerto la sua voce ad una personale quanto empatica versione di "Afraid"), con "Janitor of Lunacy"...brano di raro magnetismo in cui la sua voce ululante e se possibile, più enigmatica ed oscura che mai, si fonde a riverberi, drone e fiati pulsanti a sostituire l'harmonium della versione originale, dando l'impressione di essere inghiottita da un vortice oscuro di desolazione. Nulla a che fare con l'effetto disturbante e disperato quanto caratteristico del fascino unico di Nico (ça va sans dire), e lo stesso effetto di calore è dato dall'interpretazione di Marc Almond per "The Falconer".
A Blixa Bargeld spetta il compito di esaltare ed in qualche modo riprendere il magnetismo dell'accento teutonico di Nico, reinterpretando in maniera disturbante  e dura "Abschied" e "Mutterlein", accompagnati entrambi dalle distorsioni e dai drone di Fanni Tutti e Carter.
"Afraid", brano che nella sua versione originale era caratterizzato da un forte aspetto emotivo e che rispecchiava in maniera struggente la solitudine ed il disagio, nella versione X-TG è affidato all'attrice Sasha Grey che riesce a donare al brano un'inaspettata apatia...la disperazione si trasforma nella resa e nella totale mancanza di emotività, mentre l'inquietante voce bianca accompagnata da un clavicembalo in un motivetto infantile in "Le Petit Chevalier", con il regista Gaspar Noè si trasforma in una voce baritonale soggetta a continue distorsioni metalliche, accompagnata da pulsanti trame elettroniche.
A Cosey Fanni Tutti sono riservate "All That is My Own" e "My Only Child", a cui inaspettatamente, nonostante l'abbondante conversione elettronica e drone, la sua voce riesce ad imprimere una nota di calore ed emotività. A chiudere "Desertshores", brano che apre con note rarefatte al pianoforte per poi sprofondare gradualmente in uno spettrale vortice sospeso di eterna disperazione che non lascia vie di fuga, vortice in cui le voci si alternano a rotazione per poi sovrapporsi in maniera convulsa e disordinata nello stesso loop che ripete la frase "meet me on a desertshore" a dare un senso claustrofobico di rassegnazione.

Oltre a tutto questo mio banale ciarlare, lascio sotto alcune delle interviste realizzate da The Quietus, che ha seguito da vicino tutto l'evolversi di "Desertshore":
Blixa Bargeld
http://thequietus.com/articles/10761-desertshore-blixa-bargeld-interview
Antony Hegarty
http://thequietus.com/articles/10775-antony-hegarty-desertshore-interview
Sasha Grey
http://thequietus.com/articles/10743-sasha-grey-desertshore-interview



Qui sotto invece una lunga intervista a Cosey Fanni Tutti, in cui non si fa accenno a "Desertshore", ma si tratta comunque di un'ottima lezione di musica:

Lecture: Cosey Fanni Tutti (London 2010) from Red Bull Music Academy on Vimeo.

Buon Ascolto :)

11.20.2012

Paul Corley "Disquiet"

PAUL CORLEY "DISQUIET"

Paul Corley, spesso definito come il nuovo acquisto Bedroom Community, in realtà fa parte dell'entourage che ruota attorno a Valgeir Sigurdsson sin dal 2007, ossia da poco dopo la fondazione della nota etichetta islandese. Compositore ed ingegnere del suono, in precedenza aveva collaborato con Ben Frost, Tim Hecker e lo stesso Sigurdsson, ma "Disquiet" segna il suo esordio come musicista solista, anche se al suo lavoro figurano collaborazioni del calibro di Ben Frost, Matthew Collings, Sigurdsson, ed il contrabbassista Borgar Magnasson.
"Disquiet" continua ed aggiunge un tassello allo strano percorso musicale intrapreso dalla Bedroom, strumenti organici, in questo caso il pianoforte che serve da base a tutto il lavoro, chitarra elettrica ed un contrabbasso, e parti inorganiche che si sviluppano in evoluzioni drone arricchite da field-recordings che si fondono fino a creare qualcosa che non può essere definito elettroacustica, ma che rimane ancora nel campo della sperimentazione, e dell'indefinito.
L'intero lavoro si articola in 4 brani, ciascuno dalla durata piuttosto lunga, e tutti finemente legati l'un l'altro...inutile dire che l'ascolto richiede tempo, attenzione e soprattutto la capacità di "immergersi" nelle sue sonorità riuscendo a catturare ognuna delle numerose sfumature che man mano si evolvono fino a dare forma alla complessità dell'insieme. Il tutto sembra voler evocare una lunga riflessione dettata dallo sconforto e dalla malinconia più profonda, i toni sono oscuri ed opachi ma non bisogna aspettarsi slanci emotivi di alcun tipo, si tratta di una riflessione su ciò che non può più essere cambiato, una riflessione nostalgica, ed i numerosi scricchiolii inducono ad immaginare un vecchio pavimento in legno ed una casa vuota in cui la polvere ha ormai ricoperto ogni angolo, rendendo l'atmosfera grigia e carica di abbandono e silenzio. 
Apre l'album "She's in the Ground", che inizia con un lento ripetersi di note sommesse al pianoforte esaltando immediatamente il tratto malinconico, si aggiungono numerosi field-recordings composti da scricchiolii, gocce che man mano si raccolgono a formare una pozza e sospiri, il tutto in un'atmosfera di oscura quiete. Si aggiunge a poco a poco la parte dronica che sostituisce la malinconia con una forte sensazione di sconforto e disperazione, accentuata dalla caoticità  della tecnica fingerstyle applicata al piano (di cui Muhly, restando in tema Bedroom Community, è un maestro). Il tutto collassa lentamente su se stesso dando spazio a brevi ed alternati effetti pulsanti a cui si aggancia la successiva "Narrow", brano che appare frammentato in suggestioni di crescente tensione emotiva (e qui è facile intuire il contributo di Frost), le atmosfere quiete del pianoforte spariscono nella prima parte del brano per lasciare spazio in maniera più accentuata all'inquietudine delle corde manipolate dalle mani, per poi caratterizzare la sua conclusione distendendosi su nitidi accordi alla chitarra elettrica. "Dialogue & Passing Judgement" suona come un cuore pulsante mentre manipolazioni agli archi donano un effetto di lontananza più che spaziale, temporale. Un loop quasi basinskiano a cui si aggiungono via via elementi, come un confuso ricordo evocato d'improvviso, che pian piano diventa sempre più vivo e ricco di dettagli...tanto (forse) da diventare insostenibile...ad ogni modo viene abbandonata la polverosa stanza con il pavimento in legno, passi pesanti scendono le scale e si allontanano dal luogo che fino a questo momento ha  evocato pensieri e ricordi così oscuri. A chiudere è la title-track "Disquiet", brano che si sviluppa in 14 minuti come un requiem caratterizzato da pesanti note fumose, che sembrano però concludersi in una rassegnata accettazione.
Un esordio incredibilmente raffinato e complesso, tanto evocativo che assume quasi i tratti di una seduta psicanalitica...che sia questo l'intento di Corley o no, poco importa, è talmente abile a ricreare in musica lo spazio fisico di una stanza vuota e polverosa da permettere all'ascoltatore di trovarsi esattamente lì a riflettere e sviscerare le proprie inquietudini.
 
Buon Ascolto! :)

11.06.2012

A Gentleman's Agreement

Gli avevamo lasciati un anno fa con "Sàga", album composto in collaborazione con la BOX (Baroque Orchestration X) e dotato di un particolare fascino ottenuto con una serie di strumenti a corda ed a fiato di epoca barocca. In "A Gentleman's Agreement" i Dez Mona riprendono e ripartono dal loro precedente album (2009) dal titolo "Hilfe Kommt" con un maggior arricchimento strumentale dato da una chitarra elettrica e sobrie componenti elettroniche...ma non mi dilungherò qui con un post infinito come per Sophie Hutchings o Kaki King. Punti alti e punti più bassi, lascio sotto l'intero album in streaming ed a chi lo ascolterà (o lo ha già fatto), l'invito a scrivere la propria opinione:


Funny Games

Buona Ascolto! :)

10.30.2012

Night Sky - Sophie Hutchings

SOPHIE HUTCHINGS "NIGHT SKY"
In quella che viene definita musica "neo-classica", senza badare alle sottigliezze dei suoi svariati sotto-generi, è ormai diventato piuttosto frequente trovarsi ad ascoltare interi album concepiti attraverso l'osservazione di fenomeni naturali e delle interazioni che essi stringono con le attività umane (o forse sarebbe meglio invertire l'ordine); in ogni caso il ruolo del concept-album è divenuto pian piano sempre più centrale e diffuso. Restando nell'ambito neo-classico sono noti i lavori di compositori come la violoncellista islandese Hildur Gudnadottir che ha indagato sulle stratificazioni nuvolose, in seguito all'espandersi della luce ed ancora su un unico colore e le sue sfumature: il blu; altro compositore islandese piuttosto conosciuto è Valgeir Sigurdsson che ha scelto di concentrarsi in "Draumlandid" sul paesaggio alieno della sua terra, od ancora Julia Kent, capace di indagare sulle connessioni possibili tra il mondo artificiale ed il mondo naturale...e così via, i casi sono numerosi.
Non si discosta da questo prologo la pianista e compositrice di Sidney, Sophie Hutchings, che per la sua seconda uscita si è soffermata sul lasso di tempo che intercorre tra il crepuscolo ed i primi bagliori all'alba, da qui il titolo "Night Sky"...il cielo notturno e le sue suggestioni.
È da dire che non ci viene fornita indicazione sul periodo dell'anno in cui questa nottata ha luogo, se sia un lento imbrunire al termine di una lunga giornata estiva oppure il brusco far sera in un freddo pomeriggio invernale (invertendo i processi nel caso dell'emisfero australe), ma forse si tratta di un dettaglio che non ha poi così importanza. Ciò che conta però, in virtù del fatto che si tratta di un concept-album caratterizzato da una rara capacità di narrazione pressoché cinematografica ottenuta grazie ad una successione di tempi scanditi ed una complessità compositiva, è prestare una particolare attenzione al suo ascolto, tanto meglio se in un luogo in cui la visione delle stelle non è offuscata da nubi, smog ed inquinamento luminoso... Se poi non ci fosse questa possibilità ed il cielo è piuttosto plumbeo, beh...ci sono sempre quegli stickers piuttosto infantili che riprendono la forma di pianeti, stelle e lune...ovviamente un'offesa ad un lavoro così rifinito e poetico come "Night Sky" è ma tant'è se bisogna ricreare il contesto ideale all'ascolto per perdere i propri pensieri nella vastità dell'Universo che un cielo stellato è in grado di evocare :)
"Night Sky" si compone di 8 brani dotati di una maggiore ricchezza strumentale rispetto al precedente lavoro della Hutchings dal titolo "Becalmed", il pianoforte si lega a violoncello, violino, harmonium, percussioni e theremin a dare un aspetto cameristico di particolare umore melanconico e profonda carica emotiva. Un progressivo abbandonarsi al buio e con esso al sonno oppure alla contemplazione di questo fenomeno ciclico che si ripete quotidianamente eppure sempre carico di un senso di mistero, quasi primordiale...sensazione molto ben evocata dalla Huthcings tramite l'utilizzo di numerosi sussurri caotici e sovrapposti a riprendere le mille incertezze e domande che ci si pone davanti al buio.
Il buio e l'oscurità non sono dunque ricreati sotto-forma di atmosfere inquiete e negative, ma anzi, legati a sensazioni di quiete ed intimità, convertendo la musica in immagini nitide che seguono i gradi di luminosità.
"Half Hidden" apre l'album, siamo nella fase che precede il crepuscolo, il sole non è ancora tramontato dietro la linea dell'orizzonte, la sua sagoma è ancora visibile seppur gradualmente sempre più fioca. Il buio si costituisce lentamente, poche note al pianoforte si ripetono intervallate da lunghe pause per poi, quasi a voler dividere idealmente il brano in due parti, con dolcezza il piano diventa più omogeneo e si unisce al violoncello, al violino ed all'harmonium in una rara abilità di conversione della musica in immagini che seguono il fenomeno del tramonto e gli stati emotivi da esso provocati. Segue "Still Light", brano giocato su un breve accordo gradualmente discendente in tonalità, a riprendere il graduale diminuire d'intensità della luce e l'arrivo della notte; mentre "Shadowed" è di umore più melanconico ed introspettivo, in cui emergono i numerosi pensieri e riflessioni sotto-forma di echi. Il piano si sviluppa in un incantevole ed oscuro effetto a spirale mentre il violoncello da componente di sfondo, pian piano emerge con la sua carica emotiva in un lungo trascinarsi pregno di solitudine.
"Between Earth and Sky" si sviluppa in una lenta e graduale progressione di accordi al piano che si ripetono come loop fino al cambio improvviso di ritmo in un crescendo in cui lo stesso pianoforte assume un tratto singhiozzante, mentre il violoncello si evolve in suggestivi ed ipnotici glissando a cui si somma la sensazione astratta evocata dal theremin...il tutto in 7 minuti di rara grazia profondità.
"Saber's Beads" perfetto per una soundtrack, suona come un intermezzo, un momento di sospensione con note quasi improvvisate e dettate dal momento cui si aggiunge un tratto onirico all'harmonium.
Segue "By Night", un loop a cui ogni ripetizione si aggiunge una linea melodica, un brano di forte carica drammatica in cui oltre all'utilizzo del theremin si fa ricorso anche ad uno straziante oboe ed a qualche etereo vocalizzo che evoca abilmente quella strana ed indefinita sensazione di meraviglia ed impotenza che si prova nel silenzio della tarda notte.
Si procede con "The Near Side", siamo ormai al punto in cui inizia ad intravedersi il nuovo giorno, l'aurora che giunge e porta con se una leggera pioggia che fa da sottofondo. Il ciclo luce-buio di ripete ancora, come ogni giorno, lentamente l'atmosfera creata fino ad ora svanisce e con se il silenzioe la solitudine, le strade ricominciano a riempirsi di rumori, voci, a riempirsi della quotidianità. Il violoncello si fa meno oscuro e meno melanconico per far spazio ad atmosfere sognanti e macchinose che accompagnano lentamente ma sempre più da protagoniste la fine di un altro ennesimo ciclo. Infine "Last" a chiudere l'album, i suoni sono più caldi, così come la luminosità del sole via via più intensa inizia a riscaldare l'ambiente. Resta il ricordo confuso delle sensazioni portate dalla notte. Il pianoforte si fa più acuto, così come il violoncello, quasi a riprendere la sensazione dello scintillio dei raggi del sole su ciò che resta dell'umidità notturna.






Buon Ascolto! :)

10.19.2012

Glow - Kaki King

KAKI KING "GLOW"
Probabilmente per scrivere di Kaki King bisognerebbe essere esperti in tecniche per suonare la chitarra o perlomeno essere degli appassionati dello strumento e sapersi destreggiare con cognizione di causa tra la moltitudine di chitarre da lei adoperate e le svariate modalità di suonarle. Forse in questo caso, più di altri, bisognerebbe dar risalto a questi aspetti, ma come consuetudine qui non ci si dilungherà nella parte tecnica nè si darà risalto ai virtuosismi (di cui ignoro l'effettiva entità), ma piuttosto ci si sofferma all'album in se...compito più facile ed alla portata di tutti :)
"Glow" arriva dopo 5 full-lenght e 3 EP, il tutto in meno di 10 anni, periodo in cui Kaki King ha certamente messo il marchio su un sound del tutto personale ed al tempo stesso ha saputo caratterizzare ogni sua pubblicazione concentrandosi su aspetti diversi...passando dallo stile più minimale e lo-fi in "Everyboby Loves You", alle atmosfere eteree che contraddistinguono i due lavori  che hanno segnato il suo successo: "Legs to Make Us Longer" ed "...Until We Felt Red", per poi passare ad una maggiore ricchezza strumentale e vocale in "Dreaming of Revenge", per poi ancora prendere la forma di una vera e propria band nel meno fortunoso "Junior"...quest'ultimo a mio modestissimo parere molto meno affascinante rispetto ai suoi precedenti proprio per il venir meno di quell'atmosfera intima e soft creata sino ad allora, nonchè nei suoi live che poi sono sempre stati uno dei suoi punti di maggior forza. Chiunque l'abbia vista dal vivo almeno una volta ha ben presente cosa intendo...per chi la vedrà per la prima volta magari quando il suo tour giungerà nuovamente in italia (suona spessissimo dalle nostre parti), beh, posso dire che l'epressione incredula è una costante che vi accompagnerà durante tutta la sua esibizione.
Tornando a "Glow", bisogna dire inanzitutto che si tratta di un album postumo ad un forte periodo di crisi in cui Kaki King ha meditato anche di smettere di suonare del tutto per dedicarsi ad altro e capire come la sua vita sarebbe senza imbracciare una chitarra (cosa a cui è abituata da quando ha 4 anni), per poi rimettersi sui suoi passi e capire che ciò di cui aveva bisogno era riavvicinarsi al suo "vecchio" (meglio dire classico) modello, componendo un album per sola chitarra eliminando la parte vocale ed ogni componente superflua. Del resto, quando l'anticipazione dell'uscita di un nuovo album non era ancora circolata, Kaki King aveva già ripreso a suonare dal vivo mettendo da parte il resto della band per farsi accompagnare soltanto dal suo innumerevole set di chitarre...e questa per chi ha visto qualche data italiana dell'inverno 2011 o della scorsa estate, è stata una sorpresa di per sè che si è poi sommata dall'anticipazione live di qualche brano che sarebbe stato parte di "Glow" (su youtube gran parte dell'album era già presente sottoforma di live da mesi...).
Ideato come un album per sola chitarra in realtà "Glow" è probabilmente il suo lavoro più ricco a livello di strumentazioni, che includono una moltitudine di percussioni anche artigianalmente create dalla stessa Kaki, un basso, sintetizzatori (usati in maniera dell tutto parsimoniosa) ed il quartetto d'archi ETHEL di New York, una richezza di elementi che non sovrasta in alcun modo l'elemento centrale che è la chitarra, ma che anzi riesce a risaltarla in maniera particolare.
Il risultato si compone di 12 brani dai titoli piuttosto evocativi (e non sempre legati a storie specifiche), che spaziano tra diversi umori e ritmicità comunque dando nell'insime una sensazione più oscura e corposa  (ed a mio parere affascinate), rispetto ai suoi lavori precedenti. L'apertura "Great Round Burn" (titolo ispirato ad una giornata afosa ed assolata), è suonata con una chitarra a 12 corde a cui si sommano archi che invece di donare un aspetto cameristico al brano si sviluppano in convulsi volteggi che riportano ad una tradizione folkloristica celtica. La stessa chitarra a 12 corde riappare in "King Pitzel", brano anche questo ispirato alla tradizione irlandese, e nella più quieta e meditativa "Fences". "Streetlight In the Egg" vede l'uso del suo consolidato finger-tapping ed un accenno di sintetizzatori molto ponderato , così come in "Kelvinator, Kelvinator" e nella maliconica "No True Masterpiece Will Ever Be Complete". 
In un album che scorre lineare senza effettivi brani che valgono da singolo, a  modesto ed inesperto parere della sottoscritta, sono proprio i brani più meditativi ed evocativi a donare un fascino del tutto particolare a "Glow": "Bowen Island" è suonata con una chitarra modificata in modo tale da tendere le corde a creare un angolo su un piano di appoggio sistemato lungo la tastiera (si dice così?!?), ha un effetto che mi ricorda a tratti il suono sia di un koto che di un shamisen (strumenti a corde della tradizione giapponese...) e mi chiedo se lei abbia tratto ispirazione da questi, in ogni caso il risultato è davvero pregevole: 
mentre "Cargo Cult" il cui sottofondo è affidato al rumore della pioggia si sviluppa tra finger-tapping, percussioni e continui cambi di ritmo che esaltano la capacità di Kaki King di conferire corposità al suono:  
Spiccano poi l'oscura "Skimming The Fractured Surface to a Place of Endless Light" giocata sull'alteranza di continue pause e lente e faticose riprese, mentre sul finire dell'album giunge il piccolo capolavoro "The Fire Eater", brano in cui Kaki King è accompagnata dal quartetto d'archi Ethel...brano che si sviluppa a poco a poco in un intreccio di pizzicato che rende impossibile distinguere chitarra, violini e violoncello, per poi aprirsi in un crescendo armonico dal forte impatto cameristico in cui ogni parte è singolarmente distinguibile ed apprezzabile...la brutta notizia è che dal vivo probabilmente non la sentiremo nel prossimo tour, ma la buona notizia è che la sua collaborazione con ETHEL continuerà anche in futuro. Del resto, se avete già sentito in passato la versione "Bowen Island" suonata con la violoncellista Zoe Keating è immediatamente chiaro che un accompagnamento d'archi non può che impreziosire ulterioil suo sound (un album in collaborazione tra loro due me lo sogno da anni): http://youtu.be/xBQnBkIsMcE
 

Per farsi le idee un po' più chiare rispetto il continuo divagare del resto del post, qui il making of di "Glow".


King Pitzel


Buon Ascolto! :)

10.02.2012

Screws

NILS FRAHM "SCREWS"
Pensate di perdere, anche solo per un breve periodo di tempo, l'utilizzo del mezzo corporeo che più di altri vi permette di svolgere il vostro lavoro od attività e pensate al naturale stato d'ansia e preoccupazione, (oppure triste rassegnazione) che scaturisce dalla possibilità di perdere tutte le capacità acquisite dopo anni di studi od allenamenti...la mano per un chirurgo, il braccio per un tennista, la vista per un pilota, l'udito per un musicista e così via...
Il motivo dietro quest'ultimo lavoro del pianista berlinese Nils Frahm è proprio questo, la perdita (temporanea), di uno dei dieci mezzi che gli permettono di suonare, in seguito ad un banale caduta dal letto con annessa frattura del pollice sinistro e la necessità di ricorrere a ben 4 viti (da qui il titolo "Screws"), per risaldare le ossa tra loro.
Come lo stesso Frahm ha definito questo lavoro, si tratta di "9 brani per 9 dita", e che forse per incoraggiamento personale ha deciso di pubblicare in formato digitale il giorno del suo 30simo compleanno (20 settembre), ma per fine anno è prevista comunque l'uscita dell'album in formato CD/vinile. "Screws" deriva dalla necessità di suonare ugualmente nonostante i medici gli avessero consigliato un lungo periodo di pausa; nove brani i cui titoli riprendono la scala armonica, ed i pronomi "You" in apertura e "Me" in chiusura, quasi a voler mantenere allacciato il legame tra lui ed il suo pianoforte. Si tratta dunque di un album dal tratto fortemente intimista, che si muove tra rassegnazione e speranza, meditando sulla possibilità di non poter più recuperare la funzionalità manuale precedente al trauma.
A quanto pare però il suo pollice però ora ha recuperato la sua funzionalità motoria, ma ascoltando questo suo ultimo lavoro non si percepisce nulla in meno dei suoi precedenti, pur trattandosi di un virtuoso, la capacità emotiva della sua musica va ben oltre ad una limitazione tecnica.
Come mi è stato suggerito su un precedente post (grazie ancora!!), l'album si trova è disponibile in free download qui:
http://screws.durtonstudio.com/
...oppure soundcloud:


Qui sotto in versione live, con tutte le sue dita a disposizione:


Buon Ascolto! :)

9.27.2012

Architecture of Loss

                                                                                                                       

VALGEIR SIGURDSSON - "ARCHITECTURE OF LOSS"     
Ogni produzione della Bedroom Community, label fondata dallo stesso Sigurdsson nel 2006 a Reykjavik, prima di essere il risultato del lavoro di un singolo componente  dell'etichetta, è il risultato del lavoro collettivo di un gruppo di musicisti di formazione classica che da tempo portano avanti in sinergia un progetto comune (seppur con le proprie diramazioni), ossia l'intenzione di andare oltre ad ogni definizione di genere e categorie, unendo strumenti classici (persino orchestre sinfoniche) all'elettronica e creando un' inconfondibile miscela di sperimentazione capace di unire classica, ambient, drone, folk e quant'altro. I membri del collettivo (di cui su questo spazio web si è più e più volte parlato), sono: Valgeir Sigurdsson, Nico Muhly, Ben Frost, Nadia Sirota, Daniel Bjarnasson, Sam Amidon e Puzzle Muteson
Trattandosi di un collettivo, per tutti coloro che ben conoscono le precedenti produzioni sia di Sigurdsson che degli altri membri, si può quindi parlare di un ulteriore cambio di direzione, o meglio, uno sviluppo ancor più ambizioso ed affascinante, in cui la combinazione classica/elettronica viene certamente mantenuta, ma ora sono gli stessi strumenti classici ed in particolare gli archi a trasformarsi in suoni sintetici, drone, soundscapes ed in qualcosa di indefinibile. Se si pensa all'album "Solaris" in cui Ben Frost e Daniel Bjarnasson sono riusciti a trasformare il suono di un'intera orchestra sinfonica in qualcosa di sintetico e persino drone, od ancora alla recente collaborazione tra Nico Muhly e Nadia Sirota (a breve ne scriverò), si ha un ottimo punto di partenza per capire la complessità di questa terza uscita di Sigurdsson
"Architecture of Loss" è stato inialmente commissionato come musica di accompagnamento per l'omonimo balletto diretto da Stephen Petronio per capire poi che l'intera composizione aveva un'identità a se e decidere dunque di pubblicarla come album, aggiungendo poi soltanto un brano, l'ultimo: "Gone not Forgotten".
I  collaboratori ufficiali di Sigurdsson in questo progetto sono: Nadia Sirota alla viola, Nico Muhly al pianoforte e Shahzad Ismaily alla chitarra, basso e percussioni, ma tornando al discorso del collettivo dietro ogni lavoro sotto Bedroom Community, bisogna dire che anche gli altri membri hanno messo, chi più, chi meno, il loro zampino nella sua realizzazione.
Se i precedenti "Ekvilibrium" e "Draumlandid" erano caratterizzati da una linea più melodica e da un maggior peso orchestrale a dare una sensazione solenne ma eterea, Architecture of Loss invece si presenta subito come un lavoro più oscuro e complesso, caratterizzato dall'alternarsi di momenti di forte tensione che si delineano con vere e proprie esplosioni sonore, e momenti di tregua in cui i suoni sembrano dissolversi e trasformarsi in melodia. Un dinamismo che trasforma le basse frequenze di un ronzio, nell'apertura in tono solenne di una viola ondeggiante che si sofferma su una singola nota per poi incresparsi e trasformarsi con forza in effetti drone sintetici, accompagnati dall'inalterata linea melodica del pianoforte. Momenti caotici ed irrequieti e momenti di malinconica tregua, il tutto a simboleggiare la perdita ed il dolore che da essa naturalmente consegue. Insomma, un lavoro per nulla adatto ad un ascolto distratto o confinato al seplice sottofondo quanto piuttosto bisognoso di una particolare attenzione per riuscire a cogliere la continuità nel processo di trasformazione di ogni singolo elemento strumentale.
Dopo un ascolto del genere, proiettato oltre ad ogni tipo di definizione e che riesce a trasformare l'organico in sintetico per poi tornare nuovamente all'organico, viene da chiedersi (come del resto dopo "Solaris"): quale potrà mai essere il passo successivo??
Qui sotto lascio il link dove si può ascoltare l'intero album in streaming fino a domenica:

Buon ascolto! :)

9.21.2012

Unknown Rooms

CHELSEA WOLFE  "UNKNOWN ROOMS  -  A COLLECTION OF ACOUSTIC SONGS"

Per chi già conosce la complessità di Chelsea Wolfe, ciò che salta subito all'occhio di questa sua terza pubblicazione è la copertina dell'album, uno scatto capace di evocare nell'immediato una sensazione di fragilità ed intimità, in qualche modo uno scatto dotato di calore, insomma, nulla a che vedere con le immagini inquietanti dei precedenti due lavori ed in particolar modo del suo secondo "Apokalypsis", sulla cui copertina la Wolfe era ritratta priva di occhi. Per chi invece si accinge all'ascolto di Chelsea Wolfe per la prima volta, e proprio con questo suo terzo album "intermedio", più che di complessità bisognerebbe parlare di mutevolezza, una mutevolezza di stile non in relazione al bisogno di accontentare un pubblico sempre più variegato e dunque vasto (3 album in 3 anni, ed un quarto previsto a breve, non sorreggono questo tipo di tesi), ma piuttosto una mutevolezza simile a quella di Josephine Foster (volendo trovare paragoni), dunque data dalla necessità di esplorare la propria voce in relazione a contesti differenti, mantenendo comunque costante la sua affinità con il lato oscuro. 
Nel 2010 pubblica il suo primo album "The Grime and the Glow", caratterizzato da sonorità lo-fi legate al drone, ed in qualche misura ad influenze metal, nel 2011 "Apokalypsis" la cui costruzione sonora è stata riassunta dalla stessa Wolfe come "goth-folk-sperimentale", e si può pensare a musiciste come Fever Ray, o Zola Jesus od ancora Soap&Skin se solo si amplifica l'aspetto dark legato ai testi. Testi che riguardano paranoie, visioni post-atomiche e mancanza di prospettive future, senza comunque dover ricorrere al paragone con i Picastro o agli Hangin Freud (altra storia e ben altro fascino). Il passo "intermedio", come definito dalla stessa Wolfe, od un'altra evoluzione se si pensa al discorso fatto fino ad ora, consta in un album acustico di soli 25 minuti, in cui ad accompagnare la chitarra e la voce della Wolfe (peraltro in questa occasione dotata di particolare grazia) vi sono Ezra Buchla alla viola, Andrea Calderon al violino e Daniel Denton al basso. Per la sottoscritta questo "Unknown Rooms: A Collection of Acoustic Songs" è stata la prima occasione di ascoltare Chelsea Wolfe, o meglio, incantata dal brano di apertura "Flatlands" in cui violino e viola si intrecciano delicatamente su un testo melanconico ed una voce priva di forzature e naturalmente sofferta, ed a seguire dall'intero album, registrato tra i boschi della California del Nord riuscendo ad ottenere, forse di conseguenza, un maggior calore sonoro comunque mantenendo inalterata la solita cupezza caratteristica della Wolfe, dunque catastrofi naturali, paranoie e testi lugubri, spaziando però questa volta tra un indie-folk e un dark-folk piuttosto ricercati ed eleganti. Le mie convinzioni di aver "trovato" una nuova reginetta folk-sperimentale, tipo una versione dark-side di Matteah Baim, sono state immediatemnte troncate andando a cercare su youtube qualche video che la riguardasse...trucco a dir poco pesante e look esagerati nell'enfatizzare il suo lato oscuro, ma non delusa dai suoi precedenti lavori che certamente hanno il loro fascino. Tornando al discorso della mutevolezza, dopo questo terzo album ne è previsto un quarto in uscita nel 2013 in cui questa volta la Wolfe si confronterà con un contesto elettronico...un buon presupposto, staremo a vedere! "Unknown Rooms: A Collection of Acoustic Songs" uscirà il 16 ottobre e per ora si trova in formato video soltanto un'incantevole versione di "Flatlands"...in attesa di altre sessioni live:

 
Questo invece è uno dei suoi "stati" precedenti:  

Buon Ascolto e week-end! :)

8.28.2012

Ah!

Di Linnea Olsson si era già parlato qui un annetto fa, all'epoca non era ancora stato pubblicato nulla del suo progetto solista ma erano bastati pochi video in giro per il web per farmi drizzare le antenne ed annotare il suo nome tra quelli da tenere d'occhio. Riprendendo il discorso, Linnea Olsson è una violoncellista svedese (di Halmstad), più nota in precedenza per aver accompagnato Ane Brun in gran parte dei suoi tour e per il suo gruppo dal nome Paintbox, impegni comunque non accantonati, e che procedono in parallelo con l'inizio della sua carriera solista.
Per la sua prima release solista, il cui titolo suona come un'esclamazione: "Ah!", la Olsson ha adoperato finemente le tecniche looping e svariati effetti delay, pratiche ben consolidate e portate avanti dalla scuola delle qui ben note Kent, Gudnadottir, Keating, Rule, ma è bene subito chiarire che questa "nuova" violoncellista che si aggiunge ad un elenco sempre più corposo, non riprende le sfumature cupe e profonde (quanto dotate di un raro fascino) delle precedenti e nemmeno il loro approccio sperimentale, ma piuttosto la Olsson cerca una variante "pop" di più facile ascolto, sì, ma non per questo meno interessante.
Al violoncello abbina la sua voce acuta e testi decisamente leggeri e spensierati (talvolta ricorda Johanna Newsom, talvolta Feist), ambe due fattori che magari al primo approccio sembrano essere superflui per i puristi come me in fatto di violoncello, ma via via che il disco scorre il binomio risulta sempre più convincente e le ottime intuizioni nell'apertura "The Ocean", proseguendo per "Giddy Up!", "It's Ok", "Fortune" e nella grazia  totale che si sviluppa nei 3 minuti e mezzo della chiusura "Goodbye", non fanno che rendere "Ah!" un album davvero piacevole e che lascia ben sperare per i suoi prossimi lavori. E poi...basta guardare il videoclip per Dinosaur per rendersi conto che non è certo una che si prende troppo sul serio (nonostante le capacità), e questo è un valore aggiunto! :)
Qui sotto l'album in streaming:


The Ocean


Giddy Up!


Fortune

Buon ascolto! :) 
(venerdì caricherò la playlist 2/3 2012 prima di una piccola vacanza)

8.17.2012

Düde


XXL "Düde"

Con "Düde" il progetto XXL, nato nel 2005 dall'incontro tra gli Xiu Xiu ed i torinesi Larsen, giunge al suo terzo capitolo dopo i precedenti "¡Ciaütistico!" (2005) e "¿Spicchiology?" (2007).
Album arrangiato,registrato e realizzato all' O.F.F. Studio Torino nel corso di una decina di giorni con la collaborazione di Angela Seo (vocalist in "Krampus") ed Ernesto Tomasini i cui vocalizzi nel brano "Disco Chrome" sono stati registrati via telefono da Londra, ed uscito per l'etichetta Tin Angel Records lo scorso 2 luglio. Uscita acccompagnata da un lungo tour europeo che però (purtroppo) per cause esterne non è giunto, come da programma, nè a Torino nè a Bologna.
Düde oltre che in formato CD è disponibile anche in formato vinile, qui: www.tinangelrecords.co.uk 

Qui si può effettuare il download di "Disco Chrome": 
  
Film Me In The Laundry #1


Vaire


Disco Chrome


Oi! Düde!

Buon Ascolto! :)

8.03.2012

Sigur Ros live@Celebrate Brooklyn/Valtari Experiment

Qui sotto lo streaming del recente concerto dei Sigur Ros a New York (31/7/12), ricordando che il prossimo 2 settembre suoneranno a Verona e che sarà l'unica data italiana per il tour "Valtari" (credo comunque sold-out da tempo).
Setlist:
1 Ekki múkk 
2 Varúð 
3 Ný batterí 
4 Í Gær 
5 Vaka 
6 Sæglópur 
7 Svefn-g-englar 
8 Viðrar vel til loftárása 
 9 Hoppípolla 
10 Med blóðnasir 
11 Olsen Olsen 
12 Festival 
13 Hafsól 
14 Glósóli 
15 Popplagið



Il loro ultimo lavoro "Valtari" è un progetto che fin dall'inizio si è ampliato al mondo delle immagini, difatti i Sigur Ros hanno commissionato 12 differenti film-makers chiedendo loro, senza alcun tipo di indicazione o restrizione, di realizzare dei corti ispirandosi unicamente alle proprie percezioni e sensibilità. Fino ad ora ne sono usciti la metà, e con cadenza più o meno regolare i restanti video verranno pubblicati via via fino a novembre.

"Ég Anda" diretto da Ramin Bahrani. Il regista assicura che il pesce non è morto e che non ha sofferto in alcun modo durante le riprese...che non sia morto lo spero, ma che non abbia sofferto mi è alquanto difficile crederci :(

Sigur Rós - Ég anda from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

"Varúð" diretto da Ryan McGinley:

Sigur Rós: Varúð from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

"Fjögur píanó" diretto da Alma Ha'El e con Shia Labeouf:

Sigur Rós - Fjögur píanó from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

Per gli altri corti già pubblicati: http://vimeo.com/valtarifilmexperiment oppure, con le prossime date di pubblicazione: www.sigur-ros.co.uk/valtari/videos

Buon ascolto, buona visione, buon week-end!! :)

7.30.2012

Glass Canyon

MARIELLE V JAKOBSONS "GLASS CANYON"

E' stato alquanto complesso riuscire a trovare tra le recenti uscite un album capace di affascinare al primo ascolto, anzi, a dirla tutta sembra il triste trend di questo magro 2012. Quando il nome di Marielle V Jakobsons è apparso nuovamente in giro per il web, collegato al suo nuovo album (anzi, in un certo qual senso primo), dal titolo "Glass Canyon", il sentore che questo sarebbe andato in airplay sul mio iPod a lungo era scontato.
Si diceva poco più in su che "Glass Canyon" è il suo primo album, in realtà, è da specificare che si tratta del suo primo album solista sotto suo vero nome; nel 2009 aveva già pubblicato un album solista sotto moniker Darwinsbitch dal titolo "Ore", con il progetto Myrmyr che condivide con Agnes Szelag altri due album dal titolo "Amber Sea" (2011) e "Fire Star" (2009), ed ancora le pubblicazioni come Date Palms, il progetto condiviso con Gregg Kowalsky.
Si aggiunge ulteriormente la recente uscita "Improvisations for Strings and Electronics", risultato della collaborazione con Agnes Szelag ed Helena Espvall, altro lavoro affascinante e tra i pochi di quest'anno da tenere stretti...
Marielle V Jakobsons, a parte la sfilza di collaborazioni, è una sofisticata polistrumentista di Oakland, più precisamente violinista e pianista. La sua indole sperimentatrice l'ha portata ben in là da un repertorio strettamente classico...la sua musica unisce le componenti "organiche" degli strumenti classici (spesso in versione elettronica), alle componenti "artificiali" dei sintetizzatori, laptop, field-recordings,  e strumentazioni elettroniche varie. Di per se non è una caratteristica che la distingue da numerosi altri musicisti, quanto piuttosto l'estetica dietro la sua musica, tanto da essere stata definita anche come una designer del suono, capace anche di creare connessioni tra l'udibile ed il visibile dando un "volto" al suono...insomma, per rendere più chiaro il tutto, questa è una sua creazione:

Tornando a "Glass Canyon", il titolo suggerisce immediatamente il senso di contrasto tra natura ed artificio la cui connessione è esplorata a fondo nell'equilibrio che la Jakobsons stabilisce tra le parti acustiche ed elettroniche, ogni titolo dei 6 brani che compongono questo album da l'idea di un abbinamento errato, illogico: "Purple Sands", "Crystal Orchard" (frutteto di cristallo), "Cobalt Waters", "Dusty Trails", "Albite Breath" e "Shale Hollows"...
Il contrasto è sviluppato attraverso l'intrecciarsi di archi, pianoforte e sintetizzatori...field-recordings che evocano sensazioni naturali, come il vento, od un respiro, od ancora sensazioni acquatiche come un flusso che scorre per poi essere bruscamente interrotto. Sensazioni coperte ed alternate da flussi drone a dare invece una crescente sensazione pulsante di lente erosioni che si perpetuano nei cicli naturali, disintegrando pian piano ogni cosa per trasformarla in altro. L'approccio non sembra esser  quello di prendere una posizione netta separando ciò che è organico da ciò che è artificiale, ma piuttosto cercare una combinazione tra le due...forse così come la musica organica si è trasformata in musica elettronica, anche parte di ciò che è naturale "deve" subire lo stesso processo. Se Philip Glass non avesse già provvisto ai tempi in maniera così eccelsa, questa potrebbe essere la soundtrack perfetta per "Koyaanisqatsi" di Godfrey Reggio :)



Buon Ascolto!! :)

6.18.2012

Faraway Close

PARALLEL 41 "FARAWAY CLOSE"
Esce sotto l'etichetta francese Baskaru con il titolo "Faraway Close" la prima release Parallel 41, progetto condiviso da Barbara De Dominicis e Julia Kent, inizialmente nato come una serie di improvvisazioni live sotto il nome "Intermittenze".
Il 41° parallelo non è che una linea immaginaria che collega circa la stessa latitudine la città di New York a Napoli (rispettive residenze delle due artiste)...due città così lontane, separate da un oceano, una differente mentalità, cultura, storia...però che proprio grazie a questa linea artificiale trovano un punto in comune, un groviglio di culture ed identità riunite in un unico luogo, una connessione capace di mischiare le due identità creando un ambiente a se.
Tra il settembre 2009 e l'agosto 2010 Julia Kent e Barbara De Dominicis si sono mosse lungo questo parallelo facendo tappa in luoghi piuttosto suggestivi: Forte Marghera (in una fortezza costruita a difesa di Venezia), in un tunnel abbandonato sito nelle montagne intorno Bolzano, a Valdapozzo in un casolare nella provincia di Alessandria, in un ex-lanificio a Napoli ed ancora a New York in un loft di Brooklyn. In ognuno di questi luoghi, munite di violoncello, loops, pedali e realizzando field-recordings e catturando found-sounds (come si può apprezzare nel contenuto del  DVD), hanno effettuato sessioni di registrazione del tutto improvvisate, influenzate soltanto dalle sensazioni sonore e percettive evocate da ciascun contesto.

Il risultato del progetto è racchiuso in 9 brani registrati in ognuna di queste location, accompagnati da "Faraway Close", film curato da Davide Lonardi (film-maker, video-artist e curatore dell'artwork del digipack), che fin dal periodo "Intermittenze" è stato parte integrante del progetto, accompagnando le performance live con le sue videoinstallazioni; film che riprende Kent e De Dominicis nel corso delle loro sessioni, trasducendo in immagini l'intero progetto. 


Faraway Close | trailer from Au Hasard media on Vimeo.



Buon Ascolto!! :)