10.07.2011

SAGA (live)

Il primo brano è un po' gracchiante, ma per il resto si sente bene.


Buon week-end! :)

10.04.2011

L'eleganza del minimalismo e la malinconia del blu

Avrei voluto scrivere di "Metals", l'ultimo di Feist...l'ho ascoltato 1, 2, 3 volte, ma niente da fare...non mi dice assolutamente nulla, inizio a non tollerare più le melodie "indie" ma chic (quelle che piacciono alle riviste come Vogue) e soprattutto i testi troppo melensi. Quindi ho optato per due concept album che mi hanno rapita ultimamente, uno più elegante dell'altro, che con i sentimentalismi non hanno nulla a che fare (scontato dire che si tratta in ambe i casi di ascolti non facili):

CINDYTALK "EVERYTHING HOLD DEAR"
Ne parlai già abbastanza in un post/retrospettiva a loro dedicato circa un anno fa, ed essendo un gruppo di culto, direi che la biografia è già ben nota.
"Everything Hold Dear" rappresenta il terzo capitolo della trilogia iniziata nel 2007 con "The Crackle of My Soul" e proseguita nel 2010 con "Up Here in the Cloud"; bisogna specificare che la reunion del gruppo si è limitata soltanto a qualche live, mentre alla registrazione degli album citati (preceduti nel 2003 da "Transgender Warrior/Guts of London"), si è dedicata Sharp praticamente come solista.
Le sonorità dei primi tre album della fase '00, quindi fino a "Up Here in the Cloud", si sono distanziate molto da quelle della vecchia formazione Cindytalk, conseguenza del fatto che Sharp ha vissuto a lungo in Giappone ed ha subito l'influenza techno/rave o comunque delle sonorità da club. All'industrial suonato con strumenti tradizionali, si è sostituito uno strano mix capace di unire noise, ambient e minimal, talvolta anche martellante e pesante, creato però con strumentazioni sintetiche, dai laptop alle apparecchiature elettroniche.
Con "Everything Hold Dear" si cambia nuovamente registro, le sonorità si fanno più soffuse, meditative, viene calcata la componente ambient, viene aggiunto un leggero tocco al piano di tanto in tanto, come succede in "Waking in the Snow" od in "I See You Uncovered", brani in cui è facile pensare alla grazia di Sakamoto o Brian Eno. Vengono adoperati field recordings dai toni evocativi, bambini che giocano, veicoli in movimento, sonorità acquatiche, il rumore del vento, il tutto unito in un'armonia irreale e meditativa, mischiando elementi naturali ad artifici umani ...ha molti caratteri dello shintoismo giapponese...una continuità logica tra i titoli dei brani che hanno un percorso determinato, l'album apre con il brano "How Soon Now" in cui si sentono bambini ridere e giocare, e termina con il brano "Until We Disappear", in cui torna lo stesso vociferare...un'inizio ed una fine, senza alcuna illusione.

L'album è stato realizzato tra il 2006 ed il 2011 con la collaborazione di Matt Kinnison (scomparso pochi mesi fa), tra Okamoto e Londra. L'ispirazione giunge dall'omonimo libro di John Berger, che tratta sulla condizione umana in relazione alla politica, all'industria e alla Natura. E dimenticavo di dire che Sharp ha presentato l'album pochi giorni fa qui a Torino, sempre al BlahBlah. Qui

HAUSCHKA & HILDUR GUDNADOTTIR "PAN TONE"
Lui, Hauschka, è un pianista tedesco dedito alla sperimentazione, lei, Hildur Gudnadottir, invece è una violoncellista islandese che conosciamo già abbastanza bene su questo blog, una delle maggiori esponenti del looping cello. I due si sono conosciuti nel 2010 nel corso dell'Artic Circle's Bubbly Blue and Green, un festival a tematica ambientale svolto a Londra, il cui argomento principale fu l'acqua. Per l'occasione i due composero qualche brano ispirandosi ai colori dell'oceano, esplorando un range di tonalità che vanno dall'acquamarina al quasi nero, passando per il blu pantone.
Il progetto è stato poi approfondito, e da qui l'album "Pan Tone" (che dovrebbe essere la tonalità di blu in cui è scritto il titolo). I titoli riprendono 6 delle tonalità con cui sono indicate le sfumature del blu, "#283", "#294", "Black 6", "#304", "#320", "Cool Gray1", ed a seconda della gradazione il brano assume un carattere che va dal cupo, al lugubre al malinconico (sempre di blu si tratta!). Si mescolano così le sonorità leggere e vivaci del piano alle sonorità profonde e meditative del violoncello, così da ricreare in musica la sensazione che genera un colore nella nostra psiche. Per me è un piccolo capolavoro che va ascoltato in cuffia e totale solitudine per poter percepire l'intreccio perfettamente calibrato tra le due componenti. Le differenze sono minime ma con un minimo di attenzione non è complesso discriminarle. Qui.



Buon ascolto! :)

PS: Antony a Bari è stato fantastico (inutile dirlo...) e la scaletta è stata differente rispetto a quella danese! Dall'intervista rilasciata da la Repubblica (qui), si legge che nel 2012 ripartirà con un lungo tour...a questo punto però spero si tratti di un "classico" tour alla Antony & the Johnsons, quindi niente orchestre ed effetti luce (per quanto si sia trattato di aggiunte straordinarie). "Soltanto" Antony al piano accompagnato da tutti i Johnsons al completo.

9.27.2011

BAR

Forse ho rotto un po' troppo le scatole negli ultimi 3-4 mesi per non postare qualcosa riguardo "BAR", l'ennesimo progetto di Julia Kent (in prima assoluta sabato scorso qui a Torino), questa volta condiviso con Paul Beauchamp alla postazione bar e Fabiana Antonioli per la parte visuals (anch'essi parte tra l'altro dei Blind Cave Salamander, che due giorni prima sempre con la Kent hanno presentato in anteprima, con un live splendido, il loro prossimo album "Wet Stone").
Tornando a BAR, si è trattato di una première, forse (e spero) seguiranno future repliche, è da dire però che la sensazione, data anche la particolarità, è stata quella di un evento unico, una sperimentazione riuscita perfettamente in cui tutto è sembrato essere studiato nel dettaglio.
Julia ha proposto brani dai suoi album, ma un paio mi sono sembrati inediti (od almeno non credo di averli mai sentiti prima), Paul Beauchamp alla postazione bar si occupava di unire con field recordings realizzati sul momento, tutti quei rumori tipici di un bar, quindi il suono che produce una bottiglia quando viene stappata, bicchieri che si rompono, il ghiaccio che viene shakerato, mescolatori da cocktail (mescolatore è il termine che uso in laboratorio chimico...vabbè, insomma :) , quello...) che urtano contro le pareti del bicchiere, tappi che vengono svitati pian piano etc etc; il tutto arricchito dalle video-proiezioni a tema di Fabiana Antonioli (suggestive e molto belle dal punto di vista estetico).
Uno strumento musicale classico come il violoncello, creato appositamente per produrre musica e che produce suoni che tutti valutiamo immediatamente come note, e quindi musica, unito ai suoni involontari prodotti in qualunque circostanza e qualsiasi ambiente, che siamo invece abituati a considerare come semplici rumori...sorprende come possano combinarsi insieme!
La febbre a 39 e passa ed i relativi farmaci presi per riuscire a guidare quei 10 minuti scarsi che occorrono da casa mia al BlahBlah hanno generato in me un senso di totale stordimento, sicchè l'handycam sì l'ho portata ma non avevo messo in ricarica la batteria...batteria morta! Quindi ho fatto dei filmati davvero orridi sia per la mia mano tremante dalla debolezza (odio gli antipiretici che danno sonnolenza!), sia per i mezzi con qui sono stati realizzati, ossia il mio iphone e la mia digitale...poi YouTube ha messo del suo perchè per qualche misterioso motivo ha deciso che alcuni video dovevano essere in bianco e nero (malgrado siano stati girati a colori e sul mio pc si vedano normalmente).
"Acquario":


Questo è stato un momento particolare e suggestivo, gli spettatori sono stati invitati anche a partecipare attivamente manipolando il proprio bicchiere(che io non avevo...alcool+febbre+farmaci=mi sarei addormentata in auto ancor prima di allacciarmi la cintura!); il tintinnio dei bicchieri unito alle proiezioni dava un effetto affascinante:


Questo è uno dei due brani che non so bene identificare, credo sia Ailanthus ma
in una versione molto rallentata e differente: (che meraviglia!)


Questo non riesco ad identificarlo, è nuovo?!?: (che meraviglia!)


"A Spire" in questa versione è bellissima!:


Mi scuso ancora per la pessima qualità video/audio! :(

9.22.2011

Sága

La loro terza uscita, Hilfe Kommt, li ha fatti conoscere ad un pubblico decisamente più amplio, tanto che non è difficile trovare i loro album anche in posti come la FNAC o simili, comunque sia un piccolo cenno biografico forse occorre ugualmente.
I Dez Mona si formano nel 2003 durante il Recyclart Fest. a Bruxelles, inizialmente dall'unione di Gregory Frateur e Nicolas Rombouts al contrabbasso che nel 2005 pubblicano "Pursued Sinners"; man mano si aggiungono elementi, quindi Roel van Camp alla fisarmonica, Bram Weijters al pianoforte, Steven Cassiers alla batteria e successivamente l'inserimento di qualche corista, ed in questa formazione nel 2007 pubblicano "Moments of Dejection or Despondency" e nel 2009 appunto "Hilfe Kommt".
A parte il carisma e la Voce di Frateur (talvolta accostato addirittura a Nina Simone, talvolta ad Antony Hegarty), a colpire è la loro capacità di mischiare perfettamente molteplici generi, dall'evidente influenza jazz, al folk, al gospel, ad elementi "punk" (più evidenti nel primo album), comunque sia sempre ricorrendo a strumentazioni "classiche", ma dando importanza ad un aspetto volto alla sperimentazione, una ricerca di nuove sonorità e soprattutto di originalità.
Sperimentazione ed originalità non consistono soltanto nel saper unire sonorità classiche a strumentazioni elettroniche, talvolta campionando e stravolgendo le prime (cosa che comunque a me piace!), può consistere anche nel rispolverare vecchi strumenti medievali ormai dimenticati, i progenitori dei nostri attuali violoncelli, violini, chitarre, arpe, strumenti a fiato etc. etc. e ridare loro vita, di fatto "contemporaneizzandoli" (esiste questo termine?) ma senza stravolgimenti.
Il quarto album dei Dez Mona "Sága" infatti oltre a Frateur, Rombouts e van Camp ai rispettivi posti, è stato completamente realizzato con la collaborazione della Baroque Orchestration X (BOX), una vera e propria orchestra composta da strumenti risalenti all'epoca barocca, sotto la direzione di Pieter Theuns e Jutta Troch. (www.boxcollective.be)
Sicchè una "viola da gamba" (sembra un violocello, ma con molte più corde), strani strumenti a fiato, un'arpa barocca (suonata da Jutta Troch), un'antico organo, strani antecessori del violino ed un theorbo, uno strano liuto con un'infinità di corde suonato da Pieter Theuns; il loro suono che sa davvero di antico, usato in un contesto attuale produce un effetto piuttosto affascinante.
Quanto a Sága, l'album è strutturato come una narrazione vera e propria (ha un chè di teatrale, sicchè potrebbe essere anche definita come Opera), e si riferisce alla dea della mitologia Scandinava a cui venivano dati poteri di chiaroveggenza e saggezza (la mitologia nordica non è il mio forte :), quindi non vado oltre a queste scarse informazioni...), comunque sia questo aspetto non fa che conferire all'album un carattere meditativo sulla natura umana e l'ambiente in cui vive,il rispetto per esso, e cosa più importante la continua ricerca di un miglioramento.
Sicuramente un ascolto insolito, pur usufruendo di strumenti antichi ha un aspetto innovativo...forse non bastano 2/3 ascolti per apprezzarlo pienamente...in due giorni credo di averlo ascoltato una ventina di volte e non riesco a staccarmene! Anzi, devo dire che ne sono del tutto rapita!
L'album è stato presentato in anteprima l'8 settembre ad Antwerp con un live dal taglio teatrale, grazie anche alla collaborazione con l'artista e lighting designer Jan Pauwels e la stilista Veronique Branquinho:

Dez Mona & Box 'Saga' @ KlaraFestival '11 from Festival Van Vlaanderen on Vimeo.
Qui sotto invece un mini-set della Baroque Orchestration X dello scorso anno per la TEDConference, che include la cover "Grow, Grow, Grow" di PJ Harvey e "Pyramid Song" dei Radiohead, poi all'11° minuto arriva Frateur con uno dei brani contenuti in Sága


Per chiudere (anche se non c'entra niente), il video per "Be Brave", parte dell'imminente album dei My Brightest Diamond...Shara è sempre più genialmente una pazza! :)

..ah già dimenticavo...qui.
Buon ascolto! :)

9.17.2011

Antony and the Johnsons live in Copenhagen Sep.2, 2011

Premetto che per questa volta non ho potuto fare a meno di concedermi un certo grado di melensità e stucchevolezza, ciò non senza imbarazzi...ma le circostanze me l'hanno imposto.
Fotografia non scattata da me
Le luci si abbassano,
le voci si attenuano,
macchie degli ultimi brusii
segnano il silenzio della sala.
Lo sguardo,
nell'immediato buio di una luce
da subito svanita,
brancola con la mente.
Quella sensazione strana,
nel sentire la presenza di qualcuno
che non vedi,
ma che sai arrivare in silenzio,
e di soppiatto,
atteso.
Senti solo silenzio
e in quel momento
la voce di Antony.
Non ascolti della musica,
non vedi lo spettacolo,
ti fai trasportare dal brivido
che dei Johnsons
creano attorno a questo efebico bambino.
Perchè chi è bimbo gioisce e gode,
ma molto soffre
e per ribellarsi strilla e
s'incattivisce.
Ad un certo punto capisci che
troppo presto
quest'attimo
è svanito...
Non so chi scrisse queste parole, so però che questa poesia venne letta come intro al primo live che gli Antony and the Johnsons fecero qui in Italia. Era il 4 Dicembre 2002 ed il concerto fu organizzato a Napoli in una chiesa sconsacrata  "San Severo al Pendino". La formazione era diversa da quella a cui siamo abituati ora, c'era Joan Wasser (Joan as Police Woman) al violino, Todd Cohen alla batteria, i live erano preceduti da una performance di Johanna Constantine. Più che altro però bisogna pensare al "culto" di Antony...in quanti lo conoscevano a quell'epoca? Io no, arrivo poi in ritardo, soltanto qualche mese dopo, estate 2003, quando non era ancora "esploso" con I Am a Bird Now, ma comunque già parecchio conosciuto...il culto si era ormai allargato.
Comunque sia, tornando alle parole sopra citate, eccetto che per la prima volta, ho sempre preceduto il mio andare ad un live degli Antony and the Johnsons ascoltando proprio questa registrazione del 2002, a parte per la sua straordinarietà, proprio per quelle parole...poche parole capaci però di riassumere un'esperienza unica ed indefinita. Unica ogni volta anche se le volte sono diventate ormai parecchie.
Ed è proprio così, un'esperienza che attendi con impazienza, soprattutto dopo una lunga assenza durata ben due anni, un'attesa troppo lunga, tanto da aver fatto venire qualche legittimo dubbio sorretto da interviste ambigue, ma poi fortunatamente tutto smentito. Così ad Aprile spuntano le date...un mini-tour (ad Aprile erano confermate soltanto le due date a Copenhagen e quella al Wilderness Fest.). Acquisto immediatamente due biglietti senza sapere se poi la mia cara amica Arianna sarebbe venuta o meno...lo davo per scontato dopo 16 volte...3^ fila posti centrali, p-e-r-f-e-t-t-o!! (ovvio che poi quando le ho fatto trovare il biglietto, l'Arianna ancora ignara del tutto si mostrata piuttosto contenta!).

Arriva finalmente Il Giorno, il concerto inizia alle 20 (presto!), noi siamo lì davanti già un paio di ore prima...ma la Koncerthouse è situata nella zona universitaria in uno dei luoghi più suggestivi di Copenhagen, come per l'Opera House. È una struttura assolutamente moderna, un enorme cubo blu che di notte s'illumina riflettendosi sulla fontana antistante. È affiancata da edifici in vetro scuro e da altri in vetro trasparente, strutture ultra-contemporanee; poco lontano dall'ingresso un'enorme scultura in acciaio raffigurante una nota musicale...se penso alla mia sede universitaria: brutta, sporca, fatiscente e soprattutto vecchia (del 1600), mi viene male! D'altra parte in Scandinavia tutto da sempre l'impressione di essere perfetto ed efficiente...e lo è!
Giunge anche l'Ora e questo per quanto stupido devo raccontarlo:
amo i paesi nordici ma ogni volta ci vado provo sempre un certo disagio riguardo il fatto di essere italiana. Soffrirò di complessi di inferiorità mah...a parte la nostra pietosa rappresentanza politica, c'è proprio da dire che i turisti italiani si fanno sempre imbarazzantemente notare...e non voglio essere accomunata! Quindi con una certa soddisfazione :), posso dire che una delle addette all'ingresso mi ha scambiata per norvegese...pallida sono pallida, bionda sono bionda (anche se molto meno rispetto ad una volta)...in un attimo il mio solito complesso è sparito! (pane per i denti dell'Arianna che per 3 giorni non ha fatto che sfottermi...giustamente!) :)

foto scattata dall'Arianna
Entrando nella sala colpisce  il contrasto con l'esterno...una struttura in legno molto minimalista e racchiusa, particolare il fatto che (almeno dal parterre) non si possano vedere gli altri settori che rimangono del tutto nascosti, in modo da rendere l'ambiente già di per se comunque raccolto, ancor più intimo. Noi siamo in terza fila, a non più di 5 mt dal palco, sopra le nostre teste è sospesa una struttura composta da una serie di lanterne (credo disegnate dallo stesso Antony...lo stile sembrava il suo), da cui poi durante il concerto verranno proiettati fasci di luce (a cura di Chris Levine) talvolta a contornare Antony racchiudendolo all'interno di una specie di gabbia luminosa, talvolta proiettandosi su linee di cristalli disposti sul palco, che agendo come un prisma permettono che la luce si  rifletta in ogni direzione. Talvolta invece (come si vede nella prima foto ad inizio post), riflettendosi sullo scialle in seta di Antony creano un effetto davvero irreale...tanto da farlo sembrare un ologramma. Gli effetti luce sono stati un aspetto curato nel minimo dettaglio, sicuramente complici della straordinarietà del concerto...non riesco ad immaginarli però applicati in un luogo antiquato come il Petruzzelli...vedremo.

foto scattata da me
Entra la Danish National Chamber Orchestra (tutti giovanissimi!), poco dopo Rob Moose e Thomas Bartlett accolti da applausi senza fine e poi Antony...applausi senza fine e grida isteriche ad accompagnare il suo ingresso, io e l'Arianna ci guardiamo allibite, ma non eravamo noi le italiane?!? 0_o
Da questo momento in poi l'emozione è stata così alta che non siamo riuscite a fare un fotografia decente da quanto ci tremavano le mani, la migliore è quella sopra fatta dall'Arianna...
Si spengono le luci, in un attimo il silenzio...immagino tutti abbiano atteso quel momento tanto quanto me. Iniziano a risuonare le prime note di "Rapture", pochi secondi ed anche la Sua voce...e che cavolo ho già bisogno del primo fazzoletto della serata (ma anche la signora francese seduta affianco a me si commuove!). È incredibile, null'altro da aggiungere. Di fila continua con "Cripple and the Starfish", "For Today I Am a Boy" quindi un ritmo abbastanza sostenuto, per poi arrivare al secondo momento piagnucoloso: "Another World". Il resto del concerto è stato tutto quello che ci si potesse attendere, ed anche di più. La sensazione indefinita che ti lascia Antony quando lo ascolti...i Johnsons (senza Moston e Kent) ci sono e sono fondamentali...ma su quel palco non li vedi nemmeno, non ci si fa caso, Antony ruba tutta l'attenzione. Ha qualcosa di unico, che non è la Sua voce per quanto stupenda sia, neanche la sua capacità innata di unire uno humour brillante e divertente ad una rara profondità d'animo ed ad un'estrema sensibilità.  Non sono nemmeno le sue affascinanti riflessioni sul potere del femminino, forse è la somma di tutti questi aspetti a cui se ne aggiungono certamente altri che non riesco però ad identificare, e che probabilmente nessuno è riuscito a fare. Un innato ed indefinibile magnetismo.
Il concerto giunge al suo apice (secondo me) quando Antony si siede al pianoforte, dopo una delle sue riflessioni su un mondo guidato dal femminino, e comincia a suonare "Swanlights" (la pima volta che la sento live!!), tutto sembra procedere per il meglio ma ad un certo punto sbaglia accordo. Ricomincia una seconda volta, mah...sbaglia tempo....riprende una terza volta ma la sua voce fa cilecca, emette un miagolio...così prende tempo, ironizza e riparte...il quarto tentativo va a buon fine. "Swanlights" in versione sinfonica è da togliere il fiato! Già che è seduto al piano continua con "Man is the Baby" (forse il brano che mi commuove di più insieme ad "Everything is New", che però non è in scaletta),  sicchè anche il terzo fazzoletto se ne va ed  io credo di aver assunto un'espressione da rimbambita come mai prima nella mia vita...sì che è un brano avevo sentito già diverse volte live, ma mai in una versione così emozionante.
Dopo due brani così carichi di cupezza ed emotività arriva giustamente il momento di far ridere. Antony vuole conversare con il pubblico e chiede di dargli qualche suggestione, qualcuno urla qualcosa in danese (non chiedetemi cosa...), qualcuno frasi di ammirazione, una ragazza urla "meat is murder!", Antony perplesso ripete "penis murder?!?"...scoppiamo tutti a ridere, compreso lui. Si accorge della gaffe e coglie l'occasione per racconatre uno dei suoi aneddoti. Confessa di aver mangiato il suo primo hamburger giusto qualche giorno prima (è vegetariano dall'età di 11 anni) e che questo gli aveva fatto ripensare a quando molti anni prima gli capitò di baciare un ragazzo che aveva del sangue sulle sue labbra...in entrambi i casi quello che ha pensato è stato "I want it more...". Però il giorno dopo aver mangiato l'hamburger  specchiandosi si era visto diverso dal solito...si era sentito posseduto dallo spirito di una mucca. :)
Poi dice che nella settimana di permanenza a Copenhagen ha registrato qualcosa con l'orchestra Nazionale Danese (wow!!).
Il concerto continua con "Cut the World" (Inserita in "The Life and Death of Marina Abramovic"), e con "Epilepsy is Dancing" (video realizzato da me con mano tremante e Iphone...non avevo pensato di togliere il suono di accensione all'Handycam e volevo evitare figuracce):
e con "The Crying Light" (stesso copione)
 La scaletta prevede soltanto più 3 brani, "You Are My Sister", "Twilight" ed il gran finale "Hope There's Someone" (quarto fazzoletto!). Tra applausi senza fine Antony se ne va...gli applausi continuano per un paio di minuti, Antony  torna sul palco e per poco non scivola giù dal palco inciampandosi nella sua panta-gonna in seta bianca, fortunatamente riesce a riprendere l'equilibrio in tempo, saluta commosso e ringrazia per la fantastica serata (cioè, sei tu che ringrazi noi?!?) e se ne va...è proprio finita! :'(
Tutti hanno la stessa espressione malinconica...una lunghissima attesa, un viaggio per essere lì (il pubblico parlava tutte le lingue europee, dall'italiano, al portoghese, al russo, francese, tedesco, inglese, spagnolo...), e quel fantastico paio di ore sono trascorse troppo in fretta per tutti...probabilmente qualcuno sarebbe tornato la sera dopo, io avevo già in programma Roma, ma poi ho cambiato ed ho optato per Bari. Ad Aprile sarò a Madrid così come a Luglio in Svizzera (per "The Life and Death of Marina Abramovic"), e poi chissà che non aggiungerà qualche altra data, ma nonostante queste aspettative a breve e lungo termine, so che sarà difficile superare tutto il contesto di questo primo live dopo due anni (non conto il Wilderness, dato che è un festival.).

SETLIST:
- Rapture
- Cripple and the Starfish
- For Today I Am a Boy
- Another World
- Kiss My Name
- I Fell in Love with a Death Boy
- Swanlights
- Man is the Baby
- Cut the World
- Epilepsy is Dancing
- The Crying Light
- You Are My Sister
- Twilight
- Hope There's Someone

La setlist sembra un po' un "the best of...", è vero. La scelta però trova senso sapendo che il concerto è stato interamente ripreso e che si suppone prima o poi verrà o trasmetto per uno speciale tv (come per il live al Carre Theatre ad Amsterdam nel 2009), o messo su DVD od ancora ne verrà fatto un documentario come per il Turning Tour del 2007, curato da Charles Atlas...di quest'ultimo si sa invece che verrà proiettato in anteprima a Novembre (sempre a Copenhagen), all'interno di un festival cinematografico.
Ovviamente non ho nulla da ridire, è andata benissimo così...ci mancherebbe, solo che le mie aspettative, quelle tipiche dei giorni precedenti quando l'attesa diventa sempre più insopportabile e non si  può fare a meno di fantasticare sulla possibile scaletta, differivano un po'...quindi immaginavo "Snowy Angel", suonata per la prima volta due settimane prima al Wilderness Fest. (escludendo "The Life and Death of Marina Abramovic") e "The Spirit was Gone" invece già suonata l'ottobre scorso a New York e poi era facile immaginarsi i brani su cui si era retto il precedente tour sinfonico del 2009, quindi "Everything is New", "Christina's Farm", "Ghost" e "Salt Silver Oxygen". Me li aspetto a Bari!

(ho registrato l'audio dell'intero concerto, prima o poi lo posterò promesso, ma in questi giorni sono super-impegnata.)

Vabbè Antony, grazie infinite! Anche se in un contesto differente, ci rivediamo tra un paio di settimane.