10.16.2012

Tori Amos live@Le Poisson Rouge

Per questa settimana il consueto "live del week-end" passa al posto del consueto "album della settimana", che come già preannunciato è "Glow" di Kaki King...album tanto affascinante quanto complesso e che perciò  richiede più tempo del previsto...(la triste realtà è che di chitarre e tecnicismi non ne so nulla!!) ;) 
Come "live del martedì": Tori Amos accompagnata da orchestra, live al Le Poisson Rouge, il tutto per più di un'ora di musica...ed una versione di "Smockey Joe" da brividi!

Setlist
LEATHER
CLOUD ON MY TONGUE
JAMAICA INN
PURPLE PEOPLE
SNOW CHERRIES FROM FRANCE
SMOCKEY JOE
PUTTING THE DAMAGE ON
TAXI RIDE
JACKIE'S STRENGHT
FLAVOR
1000 OCEANS
HEY JUPITER
WINTER



Buon Ascolto! :)

10.12.2012

Fink @Motel Mozaïque

Data la recente pubblicazione del suo primo live-album e dato soprattutto l'avvicinarsi il concerto a Milano (il 9 novembre ai Magazzini Generali), tappa del suo primo tour in cui la formazione del gruppo è ampliata alla violinista Erica Nockalls, per il live del week-end è la volta di Fink.
Inutile soffermarsi sul suo nuovo album dal titolo "Wheels Turn Beneath My Feet", trattandosi di un live non aggiunge nulla di nuovo, 13 registrazioni estrapolate da varie tappe del suo tour 2011/12 tra Copenhagen, Londra, Amsterdam, Vienna, Parigi...il tutto accompagnato da un corposo booklet che include 84 fotografie scattate on-stage.
Qui sotto lascio l'intero live al Motel Mozaïque registrato lo scorso 20 aprile (la qualità video non è delle migliori, tuttavia neanche inguardabile):
SETLIST:
PERFECT DARKNESS
FEAR IS LIKE FIRE
YESTERDAY WAS HARD ON ALL OF US
BLUEBERRY PANCAKES
BERLIN SUNRISE
HONESTY
WHEELS
THIS IS THE THING
SORT OF REVOLUTION



Buon week-end e buon ascolto! :)
...per la prossima settimana il mio commento del tutto incompetente sul lato tecnico ma di totale ammirazione per Glow di Kaki King...almeno, ci proverò :)

10.10.2012

Into the Diamond Sun

STEALING SHEEP "INTO THE DIAMOND SUN"
Dopo un periodo di ascolti a tinte fosche o comunque impegnativi, per cambiare registro (forse anche in maniera drastica), riprendo il discorso Stealing Sheep; trio di Liverpool di cui scrissi non molto fa in occasione dell'uscita del loro primo EP (nonchè bozza di questo full-lenght) "Noah & the Paper Moon".
A differenza del precedente lavoro, registrato tra palestre in disuso, camere da letto e gli Abbey Road Studios, e caratterizzato soprattuto dall'incertezza di un progetto appena nato ma subito "esploso" grazie anche all'appoggio di buona parte della stampa inglese, e di un pubblico via via crescente e convinto dalle loro numerose esibizioni divise tra festival minori e piccoli club, "Into the Diamond Sun" risulta essere certamente un lavoro più rifinito e complesso in cui le Stealing Sheep hanno trovato il loro marchio di fabbrica...anche se dicono di non volersi soffermare su nulla di preciso e che in futuro tutto si evolverà man mano. 
Del resto le tre componenti del gruppo: Becky Hawley alle tastiere/parte elettronica, Emily Lansley alla chitarra e Lucy Mercerer alle percussioni, non vogliono sentire parlare di generi od influenze nè esser viste come una entità sola, come converrebbe ad un trio corale con un'estetica ben definita, tenendo piuttosto a ribadire che ognuna ha messo del suo e che il risultato finale del progetto è dovuto alle diverse prospettive...sarà il motivo dietro all'immagine caleidoscopica scelta per la copertina? Una strana miscela tra psych-folk, pop, elettronica, ambient, chitarre distorte, sintetizzatori vintage (un po' come il loro guardaroba), il cui risultato è un album dinamico e vivace i cui continui cambi di ritmo sono una linea portante ma capace di concludersi con un brano di 8 minuti che con coerenza si trasforma più e più volte fino a spegnersi lentamente in 3 minuti di accordi al pianoforte dotati di rara grazia. 
Sono convinta che vederle suonare live siano meravigliose. 
http://stealingsheep.co.uk/



The Garden


Shut Eye


Genevieve


Buon Ascolto! :)

10.07.2012

Suspicion

Manca ancora un mesetto scarso all'uscita del loro quinto album, mah...c'è già un singolo a disposizione:
"SUSPICION"



Buon Ascolto! :)

10.05.2012

Other Lives live in Paris

Per il "live del week-end" è arrivato il turno del concerto degli Other Lives che ho visto lo scorso luglio a Parigi...dopo la botta emotiva degli Antony and the Johnsons (o meglio Antony ed orchestra sinfonica) alla Salle Pleyel giusto 3 giorni prima, dovevo riprendermi dallo sconquasso e devo dire che loro in parte ci sono riusciti :)
...lo so che avrò postato gli Other Lives altre 8000 volte in precedenza, ma se avete avuto modo di vederli quest'estate a Ravenna o Sesto al Reghena, o magari in giro per qualche festival europeo, beh, mi capirete.

OUVERTURE
AS I LAY MY HEAD DOWN
DARK HORSE
OLD STATUES
LANDFORMS
DESERT
GREAT SKY
TAKE US ALIVE
FOR 12
TAMER ANIMALS
WEATHER
THE PARTISAN (Leonard Cohen)
DUST BOWL III



Buon Ascolto e buon week-end! :) 

P.S: se vi interessano, sul sito www.citedelamusiquelive.tv trovate anche il live dei Wild Beasts e degli Hot Chip.

10.02.2012

Screws

NILS FRAHM "SCREWS"
Pensate di perdere, anche solo per un breve periodo di tempo, l'utilizzo del mezzo corporeo che più di altri vi permette di svolgere il vostro lavoro od attività e pensate al naturale stato d'ansia e preoccupazione, (oppure triste rassegnazione) che scaturisce dalla possibilità di perdere tutte le capacità acquisite dopo anni di studi od allenamenti...la mano per un chirurgo, il braccio per un tennista, la vista per un pilota, l'udito per un musicista e così via...
Il motivo dietro quest'ultimo lavoro del pianista berlinese Nils Frahm è proprio questo, la perdita (temporanea), di uno dei dieci mezzi che gli permettono di suonare, in seguito ad un banale caduta dal letto con annessa frattura del pollice sinistro e la necessità di ricorrere a ben 4 viti (da qui il titolo "Screws"), per risaldare le ossa tra loro.
Come lo stesso Frahm ha definito questo lavoro, si tratta di "9 brani per 9 dita", e che forse per incoraggiamento personale ha deciso di pubblicare in formato digitale il giorno del suo 30simo compleanno (20 settembre), ma per fine anno è prevista comunque l'uscita dell'album in formato CD/vinile. "Screws" deriva dalla necessità di suonare ugualmente nonostante i medici gli avessero consigliato un lungo periodo di pausa; nove brani i cui titoli riprendono la scala armonica, ed i pronomi "You" in apertura e "Me" in chiusura, quasi a voler mantenere allacciato il legame tra lui ed il suo pianoforte. Si tratta dunque di un album dal tratto fortemente intimista, che si muove tra rassegnazione e speranza, meditando sulla possibilità di non poter più recuperare la funzionalità manuale precedente al trauma.
A quanto pare però il suo pollice però ora ha recuperato la sua funzionalità motoria, ma ascoltando questo suo ultimo lavoro non si percepisce nulla in meno dei suoi precedenti, pur trattandosi di un virtuoso, la capacità emotiva della sua musica va ben oltre ad una limitazione tecnica.
Come mi è stato suggerito su un precedente post (grazie ancora!!), l'album si trova è disponibile in free download qui:
http://screws.durtonstudio.com/
...oppure soundcloud:


Qui sotto in versione live, con tutte le sue dita a disposizione:


Buon Ascolto! :)

9.29.2012

Il live per il week-end

Si tratterà pur solo di 15 minuti di immagini tra l'altro sgranate, però...trovatemi altri 15 minuti di altrettanta meraviglia! :)
A Winged Victory for the Sullen - "A Symphony Pathetique":


Buon Ascolto! :)

9.27.2012

Architecture of Loss

                                                                                                                       

VALGEIR SIGURDSSON - "ARCHITECTURE OF LOSS"     
Ogni produzione della Bedroom Community, label fondata dallo stesso Sigurdsson nel 2006 a Reykjavik, prima di essere il risultato del lavoro di un singolo componente  dell'etichetta, è il risultato del lavoro collettivo di un gruppo di musicisti di formazione classica che da tempo portano avanti in sinergia un progetto comune (seppur con le proprie diramazioni), ossia l'intenzione di andare oltre ad ogni definizione di genere e categorie, unendo strumenti classici (persino orchestre sinfoniche) all'elettronica e creando un' inconfondibile miscela di sperimentazione capace di unire classica, ambient, drone, folk e quant'altro. I membri del collettivo (di cui su questo spazio web si è più e più volte parlato), sono: Valgeir Sigurdsson, Nico Muhly, Ben Frost, Nadia Sirota, Daniel Bjarnasson, Sam Amidon e Puzzle Muteson
Trattandosi di un collettivo, per tutti coloro che ben conoscono le precedenti produzioni sia di Sigurdsson che degli altri membri, si può quindi parlare di un ulteriore cambio di direzione, o meglio, uno sviluppo ancor più ambizioso ed affascinante, in cui la combinazione classica/elettronica viene certamente mantenuta, ma ora sono gli stessi strumenti classici ed in particolare gli archi a trasformarsi in suoni sintetici, drone, soundscapes ed in qualcosa di indefinibile. Se si pensa all'album "Solaris" in cui Ben Frost e Daniel Bjarnasson sono riusciti a trasformare il suono di un'intera orchestra sinfonica in qualcosa di sintetico e persino drone, od ancora alla recente collaborazione tra Nico Muhly e Nadia Sirota (a breve ne scriverò), si ha un ottimo punto di partenza per capire la complessità di questa terza uscita di Sigurdsson
"Architecture of Loss" è stato inialmente commissionato come musica di accompagnamento per l'omonimo balletto diretto da Stephen Petronio per capire poi che l'intera composizione aveva un'identità a se e decidere dunque di pubblicarla come album, aggiungendo poi soltanto un brano, l'ultimo: "Gone not Forgotten".
I  collaboratori ufficiali di Sigurdsson in questo progetto sono: Nadia Sirota alla viola, Nico Muhly al pianoforte e Shahzad Ismaily alla chitarra, basso e percussioni, ma tornando al discorso del collettivo dietro ogni lavoro sotto Bedroom Community, bisogna dire che anche gli altri membri hanno messo, chi più, chi meno, il loro zampino nella sua realizzazione.
Se i precedenti "Ekvilibrium" e "Draumlandid" erano caratterizzati da una linea più melodica e da un maggior peso orchestrale a dare una sensazione solenne ma eterea, Architecture of Loss invece si presenta subito come un lavoro più oscuro e complesso, caratterizzato dall'alternarsi di momenti di forte tensione che si delineano con vere e proprie esplosioni sonore, e momenti di tregua in cui i suoni sembrano dissolversi e trasformarsi in melodia. Un dinamismo che trasforma le basse frequenze di un ronzio, nell'apertura in tono solenne di una viola ondeggiante che si sofferma su una singola nota per poi incresparsi e trasformarsi con forza in effetti drone sintetici, accompagnati dall'inalterata linea melodica del pianoforte. Momenti caotici ed irrequieti e momenti di malinconica tregua, il tutto a simboleggiare la perdita ed il dolore che da essa naturalmente consegue. Insomma, un lavoro per nulla adatto ad un ascolto distratto o confinato al seplice sottofondo quanto piuttosto bisognoso di una particolare attenzione per riuscire a cogliere la continuità nel processo di trasformazione di ogni singolo elemento strumentale.
Dopo un ascolto del genere, proiettato oltre ad ogni tipo di definizione e che riesce a trasformare l'organico in sintetico per poi tornare nuovamente all'organico, viene da chiedersi (come del resto dopo "Solaris"): quale potrà mai essere il passo successivo??
Qui sotto lascio il link dove si può ascoltare l'intero album in streaming fino a domenica:

Buon ascolto! :)

9.21.2012

Unknown Rooms

CHELSEA WOLFE  "UNKNOWN ROOMS  -  A COLLECTION OF ACOUSTIC SONGS"

Per chi già conosce la complessità di Chelsea Wolfe, ciò che salta subito all'occhio di questa sua terza pubblicazione è la copertina dell'album, uno scatto capace di evocare nell'immediato una sensazione di fragilità ed intimità, in qualche modo uno scatto dotato di calore, insomma, nulla a che vedere con le immagini inquietanti dei precedenti due lavori ed in particolar modo del suo secondo "Apokalypsis", sulla cui copertina la Wolfe era ritratta priva di occhi. Per chi invece si accinge all'ascolto di Chelsea Wolfe per la prima volta, e proprio con questo suo terzo album "intermedio", più che di complessità bisognerebbe parlare di mutevolezza, una mutevolezza di stile non in relazione al bisogno di accontentare un pubblico sempre più variegato e dunque vasto (3 album in 3 anni, ed un quarto previsto a breve, non sorreggono questo tipo di tesi), ma piuttosto una mutevolezza simile a quella di Josephine Foster (volendo trovare paragoni), dunque data dalla necessità di esplorare la propria voce in relazione a contesti differenti, mantenendo comunque costante la sua affinità con il lato oscuro. 
Nel 2010 pubblica il suo primo album "The Grime and the Glow", caratterizzato da sonorità lo-fi legate al drone, ed in qualche misura ad influenze metal, nel 2011 "Apokalypsis" la cui costruzione sonora è stata riassunta dalla stessa Wolfe come "goth-folk-sperimentale", e si può pensare a musiciste come Fever Ray, o Zola Jesus od ancora Soap&Skin se solo si amplifica l'aspetto dark legato ai testi. Testi che riguardano paranoie, visioni post-atomiche e mancanza di prospettive future, senza comunque dover ricorrere al paragone con i Picastro o agli Hangin Freud (altra storia e ben altro fascino). Il passo "intermedio", come definito dalla stessa Wolfe, od un'altra evoluzione se si pensa al discorso fatto fino ad ora, consta in un album acustico di soli 25 minuti, in cui ad accompagnare la chitarra e la voce della Wolfe (peraltro in questa occasione dotata di particolare grazia) vi sono Ezra Buchla alla viola, Andrea Calderon al violino e Daniel Denton al basso. Per la sottoscritta questo "Unknown Rooms: A Collection of Acoustic Songs" è stata la prima occasione di ascoltare Chelsea Wolfe, o meglio, incantata dal brano di apertura "Flatlands" in cui violino e viola si intrecciano delicatamente su un testo melanconico ed una voce priva di forzature e naturalmente sofferta, ed a seguire dall'intero album, registrato tra i boschi della California del Nord riuscendo ad ottenere, forse di conseguenza, un maggior calore sonoro comunque mantenendo inalterata la solita cupezza caratteristica della Wolfe, dunque catastrofi naturali, paranoie e testi lugubri, spaziando però questa volta tra un indie-folk e un dark-folk piuttosto ricercati ed eleganti. Le mie convinzioni di aver "trovato" una nuova reginetta folk-sperimentale, tipo una versione dark-side di Matteah Baim, sono state immediatemnte troncate andando a cercare su youtube qualche video che la riguardasse...trucco a dir poco pesante e look esagerati nell'enfatizzare il suo lato oscuro, ma non delusa dai suoi precedenti lavori che certamente hanno il loro fascino. Tornando al discorso della mutevolezza, dopo questo terzo album ne è previsto un quarto in uscita nel 2013 in cui questa volta la Wolfe si confronterà con un contesto elettronico...un buon presupposto, staremo a vedere! "Unknown Rooms: A Collection of Acoustic Songs" uscirà il 16 ottobre e per ora si trova in formato video soltanto un'incantevole versione di "Flatlands"...in attesa di altre sessioni live:

 
Questo invece è uno dei suoi "stati" precedenti:  

Buon Ascolto e week-end! :)

9.18.2012

Frost live

A venerdì per un album nuovo di pacca (era ora), per il momento Ben Frost...che va sempre comunque bene:

BEN FROST LIVE - PEG 2010 from Aurelie Doutre on Vimeo.


Buona visione! :)

9.12.2012

Dubbi amletici

Non so ancora se ricominciare subito con album oscuri e dal forte tono depressivo (un paio di album interessanti li avrei), oppure se ricominciare con qualcosa di più spensierato e solare...nel secondo caso certamente non sarà Shields dei Grizzly Bear (è solo una mia impressione, oppure non è assolutamente nulla di che, o comunque, affatto creativo come i precedenti?).
Per ora, anche se non ho ancora messo mano sul loro nuovo album, c'è questo:
Reunion


Fiction


Angels


Sunset


Buon ascolto! :)

9.09.2012

Frahm

I climi più freschi e la tranquillità dei paesi baltici stanno avendo un effetto ritemprante, ragion per cui ho pensato ad un piccolo strappo dal periodo di pausa vacanze (anche se Frahm è tedesco...):


8.31.2012

Playlist: 2/3 2012

Pronta la playlist riassuntiva del 2°quadrimestre (maggio-agosto), e con ciò questo spazio web si prende un paio di settimane di vacanza:


Tracklist:
1 - An Ending, A Beginning Dustin O'Halloran
2 - Illusory Rendez-Vous Barbara De Dominicis & Julia Kent
3 - Varúð Sigur Rós
4 - Lone Bell Mount Eerie
5 - Island Machine Zelienople
6 - All The Years Have Fallen Away Karina ESP
7 - Beast for Thee Bonnie 'Prince' Billy
8 - The Yard Sons of Noel and Adrian
9 - Nocturnal Horizon Pillow
10 - We Are on Fire CocoRosie
11 - The City Exitmusic
12 - The Ocean Linnea Olsson
13 - Opus 28 Dustin O'Halloran
14 - Cut The World Antony and the Johnsons
15 - Vaire Xiu Xiu Larsen
16 - a1 Olafur Arnalds & Nils Frahm
17 - Aware Fennesz feat. Sakamoto
18 - Shale Hollows Marielle V Jakobsons
19 - Sun/Sand/Phase Kandodo

Buon ascolto e buon week-end! :)

8.28.2012

Ah!

Di Linnea Olsson si era già parlato qui un annetto fa, all'epoca non era ancora stato pubblicato nulla del suo progetto solista ma erano bastati pochi video in giro per il web per farmi drizzare le antenne ed annotare il suo nome tra quelli da tenere d'occhio. Riprendendo il discorso, Linnea Olsson è una violoncellista svedese (di Halmstad), più nota in precedenza per aver accompagnato Ane Brun in gran parte dei suoi tour e per il suo gruppo dal nome Paintbox, impegni comunque non accantonati, e che procedono in parallelo con l'inizio della sua carriera solista.
Per la sua prima release solista, il cui titolo suona come un'esclamazione: "Ah!", la Olsson ha adoperato finemente le tecniche looping e svariati effetti delay, pratiche ben consolidate e portate avanti dalla scuola delle qui ben note Kent, Gudnadottir, Keating, Rule, ma è bene subito chiarire che questa "nuova" violoncellista che si aggiunge ad un elenco sempre più corposo, non riprende le sfumature cupe e profonde (quanto dotate di un raro fascino) delle precedenti e nemmeno il loro approccio sperimentale, ma piuttosto la Olsson cerca una variante "pop" di più facile ascolto, sì, ma non per questo meno interessante.
Al violoncello abbina la sua voce acuta e testi decisamente leggeri e spensierati (talvolta ricorda Johanna Newsom, talvolta Feist), ambe due fattori che magari al primo approccio sembrano essere superflui per i puristi come me in fatto di violoncello, ma via via che il disco scorre il binomio risulta sempre più convincente e le ottime intuizioni nell'apertura "The Ocean", proseguendo per "Giddy Up!", "It's Ok", "Fortune" e nella grazia  totale che si sviluppa nei 3 minuti e mezzo della chiusura "Goodbye", non fanno che rendere "Ah!" un album davvero piacevole e che lascia ben sperare per i suoi prossimi lavori. E poi...basta guardare il videoclip per Dinosaur per rendersi conto che non è certo una che si prende troppo sul serio (nonostante le capacità), e questo è un valore aggiunto! :)
Qui sotto l'album in streaming:


The Ocean


Giddy Up!


Fortune

Buon ascolto! :) 
(venerdì caricherò la playlist 2/3 2012 prima di una piccola vacanza)

8.24.2012

Fever Ray ed il live per il week-end

Mensole colme di dischi impilati che una volta ascoltati 2-3 volte hanno perso tutto il loro fascino ed iPod sempre riempito al limite delle sue capacità da cianfrusaglie di ogni tipo, per poi rendersi conto che tutta questa disponibilità di musica spesso fa sì che si lascino da parte per tempo dischi che invece hanno avuto un impatto particolare. E' il caso di "Fever Ray", primo album solista (ma su questo punto si potrebbe discutere su quanto il fratello Olof abbia contribuito alla sua realizzazione) di Karin Dreijer Andersson, uscito nel 2009 appunto sotto pseudonimo Fever Ray. A mio parere Karin Dreijer è una delle creature più affascinanti apparse negli utimi anni, un essere alieno che prescinde da ogni genere ed etichetta, tanto da non mostrarsi mai nelle sue reali fattezze (nemmeno per le interviste), avvalendosi di modulatori vocali per distorcere la sua tonalità in continue fluttuazioni basse, metalliche ed acute, ed ancora costumi e make-up che rendono impossibile delineare i suoi tratti. In realtà, guardando il video Pass This On (progetto The Knife), la ragazza scocciata che resta seduta al tavolo è lei...
Il mio intento era di postare qualche suo video live decente per il "live del week-end", ma avendo trovato soltanto video artigianali di pessima qualità, ho pensato che i suoi videoclip sono più che sufficienti:

When I Grow Up

Seven

Triangle Walks

Quando si parla di Karin Dreijer non si può non far riferimento al suo progetto The Knife condiviso con il fratello Olof, e ricordandomi un loro live visto qualche anno fa a Milano come una delle esperienze visive più suggestive ed affascinanti a cui abbai assistito, lascio sotto il contenuto del loro DVD "Silent Shout, An Audio-Visual Experience". Un palco sviluppato su più piani di profondità, immagini tridimensionali e teli che permettono la proiezione di immagini olografiche...insomma:
The Knife "Silent Shout, An Audio-Visual Experience"
tracklist
Pass This On
The Captain
We Share Our Mother's Health
You Make Me Like Charity
Marble House
Forest families
Kino
Heartbeats
Silent Shout
From Off to On


Buon Ascolto e buona Visione!! :)

8.21.2012

Big Reveal

Dopo un paio di giorni passati ad ascoltare ossessivamente la prima pubblicazione solista della violoncellista Linnea Olsson (a breve...), apprendo che il terzo album di Valgeir Sigurdsson, dal titolo "Architecture of Loss", uscirà tra un mese (il 24 settembre) e che il primo brano gira già in streming sul web...ciò ha imposto finalmente una pausa dalla Olsson. Ovviamente uscirà per la sua etichetta Bedroom Community ed ovviamente vede coinvolto i suoi consolidati collaboratori Nico Muhly, Nadia Sirota, Ben Frost, Daniel Bjarnason etc etc http://valgeir.net/album/architecture-of-loss

Big Reveal:


Qui sotto con Ben Frost:

8.17.2012

Düde


XXL "Düde"

Con "Düde" il progetto XXL, nato nel 2005 dall'incontro tra gli Xiu Xiu ed i torinesi Larsen, giunge al suo terzo capitolo dopo i precedenti "¡Ciaütistico!" (2005) e "¿Spicchiology?" (2007).
Album arrangiato,registrato e realizzato all' O.F.F. Studio Torino nel corso di una decina di giorni con la collaborazione di Angela Seo (vocalist in "Krampus") ed Ernesto Tomasini i cui vocalizzi nel brano "Disco Chrome" sono stati registrati via telefono da Londra, ed uscito per l'etichetta Tin Angel Records lo scorso 2 luglio. Uscita acccompagnata da un lungo tour europeo che però (purtroppo) per cause esterne non è giunto, come da programma, nè a Torino nè a Bologna.
Düde oltre che in formato CD è disponibile anche in formato vinile, qui: www.tinangelrecords.co.uk 

Qui si può effettuare il download di "Disco Chrome": 
  
Film Me In The Laundry #1


Vaire


Disco Chrome


Oi! Düde!

Buon Ascolto! :)

8.15.2012

Beth Orton - Live NPR

"Sugaring Season", il nuovo e sesto album di Beth Orton uscirà non prima di un mese e mezzo (2 ottobre), tuttavia, qui sotto una piccola preview di 3 brani in versione acustica:
Tracklist:

Candles
Dawn Chorus
Poison Tree
Sweetest Decline



Buon Ascolto! :)

8.13.2012

CocoRosie at Meltdown

...continuando sulla scia, sempre al Meltdown Festival:
We Are On Fire


Tearz for Animals


Daisychain


By Your Side (con incursione di Nomi Ruiz e Yasmine Hamdam)


Ferie permettendo uno dei due motivi per cui sarei andata principalmente al Meltdown, era il live di Matteah Baim (l'altro motivo, il principale, era l'arrangiamento sinfonico per The Disintegration Loops di Basinski e la sua performance con Johanna Constantine...attendo qualche video), comunque sia la Baim ha concesso un live anche al Cafe Oto (sempre a Londra), e qualcuno ha avuto la grazia di filmare almeno un frammento:



Buona visione! ;)

8.09.2012

JaPW al Meltdown

Per chi in questi giorni (1-12 agosto), si sta logorando il fegato quanto me a furia di pensare all'assoluta bellezza del programma del Meltdown Festival di quest'anno, qui sotto alcuni video del live di Joan as Police Woman alla Queen Elizabeth Hall (3 agosto):

"No More Sad Refrains" (Sandy Danny)


"To Be Lonely" (accompagnata dai 3 Johnsons: Julia Kent, Maxim Moston, Rob Moose)


"What a World" accompagnata da Rob Moose


"The Hijack of My Life", brano parte del suo progetto con David Sylvian (prossima uscita)


"You're my man", sempre parte del progetto con David Sylvian


...buon ascolto!

8.06.2012

Cut the World - video

 E' inutile dilungarsi sul quinto e nuovo album "Cut the World" degli Antony and the Johnsons dopo quel lunghissimo post scritto al ritorno dal primo dei due concerti a Copenhagen...visto che quest'ultimo lavoro, come noto, è composto dalle registrazioni live proprio di quei due concerti. L'album, in uscita oggi, oltre che in formato CD, Mp3 e quant'altro, si trova anche in un bellissimo formato doppio vinile sotto etichetta Secretly Canadian (edizione prenotata qualche giorno fa, ma dovrò tristemente attendere il suo arrivo tra più o meno una settimana), oppure per la Rough Trade.
L'unico brano registrato in studio, ma sempre con la Danish National Chamber Orchestra, è lo stesso che da il titolo all'album, appunto "Cut The World", tra l'altro l'unico inedito anche se di fatto composto per "The Life and Death of Marina Abramović" e suonato ad ogni data degli ultimi due tour.
Qui sotto il video con protagonisti Willem Dafoe, Carice van Houten ed appunto Marina Abramović...non è un caso che ad aprire l'album sia Cut The World seguito dal discorso "Future Feminism"...  Ma per non lasciar distorcere in maniera stupida e superficiale il messaggio del video, sarebbe meglio invertire l'ordine ed ascoltare prima per intero gli 8 minuti di discorso:


...a questo punto sarà chiaro che il messaggio non è certamente un radicale "sgozziamo tutti gli uomini", quanto piuttosto l'impegno che spetta a noi donne di trovare un obiettivo comune e quell'unione che spesso ci manca... 
Buona visione! :)

8.03.2012

Sigur Ros live@Celebrate Brooklyn/Valtari Experiment

Qui sotto lo streaming del recente concerto dei Sigur Ros a New York (31/7/12), ricordando che il prossimo 2 settembre suoneranno a Verona e che sarà l'unica data italiana per il tour "Valtari" (credo comunque sold-out da tempo).
Setlist:
1 Ekki múkk 
2 Varúð 
3 Ný batterí 
4 Í Gær 
5 Vaka 
6 Sæglópur 
7 Svefn-g-englar 
8 Viðrar vel til loftárása 
 9 Hoppípolla 
10 Med blóðnasir 
11 Olsen Olsen 
12 Festival 
13 Hafsól 
14 Glósóli 
15 Popplagið



Il loro ultimo lavoro "Valtari" è un progetto che fin dall'inizio si è ampliato al mondo delle immagini, difatti i Sigur Ros hanno commissionato 12 differenti film-makers chiedendo loro, senza alcun tipo di indicazione o restrizione, di realizzare dei corti ispirandosi unicamente alle proprie percezioni e sensibilità. Fino ad ora ne sono usciti la metà, e con cadenza più o meno regolare i restanti video verranno pubblicati via via fino a novembre.

"Ég Anda" diretto da Ramin Bahrani. Il regista assicura che il pesce non è morto e che non ha sofferto in alcun modo durante le riprese...che non sia morto lo spero, ma che non abbia sofferto mi è alquanto difficile crederci :(

Sigur Rós - Ég anda from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

"Varúð" diretto da Ryan McGinley:

Sigur Rós: Varúð from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

"Fjögur píanó" diretto da Alma Ha'El e con Shia Labeouf:

Sigur Rós - Fjögur píanó from Sigur Rós Valtari Mystery Films on Vimeo.

Per gli altri corti già pubblicati: http://vimeo.com/valtarifilmexperiment oppure, con le prossime date di pubblicazione: www.sigur-ros.co.uk/valtari/videos

Buon ascolto, buona visione, buon week-end!! :)

7.30.2012

Glass Canyon

MARIELLE V JAKOBSONS "GLASS CANYON"

E' stato alquanto complesso riuscire a trovare tra le recenti uscite un album capace di affascinare al primo ascolto, anzi, a dirla tutta sembra il triste trend di questo magro 2012. Quando il nome di Marielle V Jakobsons è apparso nuovamente in giro per il web, collegato al suo nuovo album (anzi, in un certo qual senso primo), dal titolo "Glass Canyon", il sentore che questo sarebbe andato in airplay sul mio iPod a lungo era scontato.
Si diceva poco più in su che "Glass Canyon" è il suo primo album, in realtà, è da specificare che si tratta del suo primo album solista sotto suo vero nome; nel 2009 aveva già pubblicato un album solista sotto moniker Darwinsbitch dal titolo "Ore", con il progetto Myrmyr che condivide con Agnes Szelag altri due album dal titolo "Amber Sea" (2011) e "Fire Star" (2009), ed ancora le pubblicazioni come Date Palms, il progetto condiviso con Gregg Kowalsky.
Si aggiunge ulteriormente la recente uscita "Improvisations for Strings and Electronics", risultato della collaborazione con Agnes Szelag ed Helena Espvall, altro lavoro affascinante e tra i pochi di quest'anno da tenere stretti...
Marielle V Jakobsons, a parte la sfilza di collaborazioni, è una sofisticata polistrumentista di Oakland, più precisamente violinista e pianista. La sua indole sperimentatrice l'ha portata ben in là da un repertorio strettamente classico...la sua musica unisce le componenti "organiche" degli strumenti classici (spesso in versione elettronica), alle componenti "artificiali" dei sintetizzatori, laptop, field-recordings,  e strumentazioni elettroniche varie. Di per se non è una caratteristica che la distingue da numerosi altri musicisti, quanto piuttosto l'estetica dietro la sua musica, tanto da essere stata definita anche come una designer del suono, capace anche di creare connessioni tra l'udibile ed il visibile dando un "volto" al suono...insomma, per rendere più chiaro il tutto, questa è una sua creazione:

Tornando a "Glass Canyon", il titolo suggerisce immediatamente il senso di contrasto tra natura ed artificio la cui connessione è esplorata a fondo nell'equilibrio che la Jakobsons stabilisce tra le parti acustiche ed elettroniche, ogni titolo dei 6 brani che compongono questo album da l'idea di un abbinamento errato, illogico: "Purple Sands", "Crystal Orchard" (frutteto di cristallo), "Cobalt Waters", "Dusty Trails", "Albite Breath" e "Shale Hollows"...
Il contrasto è sviluppato attraverso l'intrecciarsi di archi, pianoforte e sintetizzatori...field-recordings che evocano sensazioni naturali, come il vento, od un respiro, od ancora sensazioni acquatiche come un flusso che scorre per poi essere bruscamente interrotto. Sensazioni coperte ed alternate da flussi drone a dare invece una crescente sensazione pulsante di lente erosioni che si perpetuano nei cicli naturali, disintegrando pian piano ogni cosa per trasformarla in altro. L'approccio non sembra esser  quello di prendere una posizione netta separando ciò che è organico da ciò che è artificiale, ma piuttosto cercare una combinazione tra le due...forse così come la musica organica si è trasformata in musica elettronica, anche parte di ciò che è naturale "deve" subire lo stesso processo. Se Philip Glass non avesse già provvisto ai tempi in maniera così eccelsa, questa potrebbe essere la soundtrack perfetta per "Koyaanisqatsi" di Godfrey Reggio :)



Buon Ascolto!! :)

7.25.2012

Antony & the Johnsons - Paris - July 3, 2012

Ho impegato un'eternità ma alla fine ecco il riassunto del concerto...cioè...più che riassunto ha i connotati del romanzo!
Anche se sono giunta ormai in prossimità della seconda decina di concerti inseguendolo un po' ovunque, vedere Antony è sempre un'emozione particolare, o meglio, è un'esperienza a se...il senso di pienezza che regala l'attesa che separa l'acquisto del biglietto dalla serata dell'evento, la commozione e lo stupore di guardare i suoi gesti e la sua espressività così misteriosa a pochi metri da lui, e poi, quando tutto è terminato (tutto troppo in fretta), quel senso di malinconia che mi accompagna per giorni, quasi come ogni volta fosse l'ultima.
Ma insomma, in positivo od in negativo, Antony Hegarty è comunque un Artista (ribadisco) "a se", la sua unicità e la sua profondità non possono che evocare sentimenti contrastanti, forse come a riflettere l'essenza della sua Arte...una rara amalgama tra l'etereo o l'oscuro, capace di commuovere e far emergere quel lato sensibile che si cerca sempre di nascondere...ma su questo punto però non è il caso di soffermarsi ulteriormente ancora una volta, ed io non potrei che avere parole di ammirazione per lui.
Dunque, il tour 2012 prende il nome "Cut the World", lo stesso titolo del prossimo (quinto) album in uscita ad agosto, null'altro che un live registrato a Copenhagen lo scorso settembre (io ero presente alla prima delle due date...); tour  ancora una volta portato avanti con le orchestre sinfoniche, ed iniziato ufficialmente a Città del Messico lo scorso maggio (dove il Nostro, se ho ben capito, ha contratto un parassita intestinale), proseguito poi alternando qualche pausa per The Life of Marina Abramovic ad Amsterdam e poi ripreso a Parigi per terminare il 3 agosto a Stoccolma...e tutto ciò in totale assenza dei Johnsons (nemmeno Rob Moose alla conduzione). Il 5 agosto invece Antony suonerà finalmente accompagnato soltanto dai Johnsons per suo Meltdown Festival...se solo la notizia fosse uscita prima, col cavolo che andavo a Parigi...arghhh!!
A questo punto devo dire che quando a febbraio seppi della data a Parigi (tra l'altro la prima ad essere confermata), la mia storica accompagnatrice di concerti Antonyani mi disse seccamente "...finchè non torna con i Johnsons e non molla le orchestre, per me basta così...", a quel punto ho capito che qualcosa si è rotto nel meccanismo (forse si era già rotto a Bari), e non posso che trovarmi concorde con lei: visti 1-2 live sinfonici, li si è visti tutti, le scalette sono sempre uguali, e l'impostazione stessa non prevede due requisiti fondamentali che rendevano i concerti A&tJ tanto speciali quanto magnifici: l'improvvisazione ed una maggior intimità ed interazione forse dovuta anche ad una minore condizione di stress...quanto sembra nervoso e pignolo Antony ora, così preoccupato che tutto proceda alla perfezione. Sicchè, mancando la fotografa, le foto nel post le ho scattate io...e data la mia scarsa attitudine, il risultato è  alquanto pessimo, ma tant'è! :)

Prima di passare al concerto, mi va di aggiungere un altro lunghissimo prologo (tanto nelle ultime 3 settimane non ho scritto nulla):
arrivo davanti la Salle Pleyel poco prima delle 19, un'ora prima che inizi il concerto, pochissime persone in attesa all'ingresso e tra questi un signore con in mano un cartellone in cui chiede di comprargli o regalargli un biglietto (non so una parola in francese, ma suppongo comunque una delle due opzioni)...spero sia riuscito ad assistere al concerto lo stesso! Mi accingo all'atrio di questa struttura in stile art déco che lascia poco spazio alla luce e che da una sensazione un po' claustrofobica (nulla a che vedere con la fighezza extra-contemporanea della Koncerthuset!), una struttura pesante e troppo antiquata. Quando vedo che qualcuno si indirizza verso l'interno della sala, chiedo ad uno degli addetti come raggiungere il parterre (in inglese), e giustamente questo mi risponde in francese, ed a questo punto penso sia spuntato un grosso punto interrogativo sopra la mia testa, sicchè in maniera scazzata mi ha indicato la via puntando il uso dito con un odiosissimo movimento in slow-motion...vabbè.. Quando giungo all'interno della sala il copione si ripete con un altro addetto che doveva scansionare il bar-code del biglietto... (E' stata la prima visita per me a Parigi, fortunatamente solo due giorni e mezzo prima di migrare per le mie vere vacanze decisamente più a nord, ma nonostante il breve soggiorno, dover far fronte a questa loro supponenza della lingua mi ha creato una certa inquietudine). Manca ancora mezz'ora all'inizio del concerto ed in sottofondo scorrono brani da "Melancholia" di Basinski, e rasserenata da ciò ho fatto qualche foto allo stage impreziosito da pannelli argentati su cui gli effetti luce creeranno riflessi molto particolari.

La sala è piuttosto minimalista, giocata sul contrasto rosso delle poltrone, bianco delle pareti...i miei gusti sono indirizzati su un design decisamente più contemporaneo, ma bisogna dire che l'acustica della Salle Pleyel è davvero impeccabile! Pian piano la sala si riempie, qualcuno arriverà alle 20:00 spaccate, altri arriveranno a concerto iniziato...ed altri a concerto quasi terminato...vabbè...un elemento di disturbo che una buona organizzazione avrebbe evitato! Su questo punto si arriva alla parte peggiore tra tutte: ok che è vietato fare fotografie, registrazioni, filmati e quant'altro (difatti su youtube esiste un unico filmato di tutta la serata, e realizzato da qualcuno molto lontano dal palco), ma per tutta la durata del concerto è stato un via-vai continuo di addetti che passavano avanti ed indietro assicurandosi che nessuno osasse estrarre dalle proprie borse alcunchè, oppure per far accomodare i ritardatari...a questo si aggiunge il fatto che io ero in quarta fila e tra la mia poltroncina e la terza fila ci fosse un corridio adibito al passaggio...sicchè questi ad ogni ronda mi coprivano la visuale...arghhh!!!

Basta, veniamo al concerto:
Sale sul palco l'Orchestre National d'Ile de France in un outfit completamente bianco...tutti uomini eccetto che per due violiniste...segue la solita accordatura e poi giunge sul palco il pianista che sta accompagnando Antony in tutto questo tour estivo: Gael Rakotondrabe. Le luci si abbassano e poco dopo arriva Antony. Per lui un outfit invece oscuro, molto diverso dai capi in seta colorata indossati nel precedente (brevissimo) tour 2011; un eyeliner nero molto pesante ed un vistoso ombretto di un azzurro acceso capace di far risaltare i suoi occhioni blu, con il risultato di uno sguardo piuttosto severo e malinconico. Un vecchio vestito ormai sgualcito e scolorito, su cui poggia un mantello nero (o forse meglio definirlo poncho?), che lo avvolge quasi ad impedire allo sguardo di delineare i suoi limiti corporei, ed ancora un collare (con aggiunta di make-up nero sotto al collo), attorno cui il mantello va a fissarsi...difficile dire se collare e mantello fanno parte dello stesso abito, o se questa sia una combinazione di elementi, comunque sia il risultato voluto (ed ottenuto), è quello di una presenza spettrale, ed è alquanto magnetico. A completare il tutto, bisogna aggiungere, un paio di scarpe stringate di un rosa lucido...ed è da dire che il binomio era perfettamente intonato.
Come detto, le luci si abbassano, Antony spunta da dietro le quinte e senza dire nulla nè accennare qualsiasi gesto od espressione, si porta al centro del palco. Il suo sguardo è freddo e da l'impressione di essere innervosito (ma probabilmente il make-up ha enfatizzato questa sensazione). Risuonano le prime note al pianoforte, si tratta di "Rapture", dapprima Antony rimane immobile con lo sguardo fisso rivolto sul fondo della sala, la sua voce è magnifica e potente, poi pian piano le sue mani cominciano a muoversi delicatamente, riprendendo in qualche modo la forma espressiva del Butoh, ed infine, come si trattasse di una costante evoluzione, i suoi movimenti diventano via via sempre più impulsivi, netti, scatti quasi violenti, ma tutto ciò non fa che arricchire il brano di una particolare e rabbiosa carica emotiva. Segue un timido applauso, forse un po' tutti siamo ancora inebetiti dalla sua Presenza e dal suo look così oscuro, lui accenna un timido "Merci" e senza aggiungere nulla procede immediatamente con "Cripple and the Starfish", i suoi gesti sono ancora pesanti ed impulsivi, ma il suo viso comincia a lasciar trasparire un maggior grado di relax, tanto che un certo punto strizza l'occhio ed accenna un sorriso compiaciuto ad un ragazzo seduto in prima fila.
Segue in scaletta "For Today I Am a Boy", Antony si scioglie, i suoi movimenti sono fluidi e trasportati da una forte carica emotiva che lo porta sul filo, trattenuto a fatica, della commozione. I suoi occhi sono visibilmente lucidi, la sua voce sceglie un percorso quasi recitativo tanto da rallentare il corso del brano per enfatizzare l'intimità imbarazzante di questo splendido brano (imbarazzante nel senso che da ascoltatrice ogni volta che ascolto questo urlo di rassegnazione, mi sembra di violare il suo "io" più profondo); gli applausi partono ancor prima che termini, ed è un peccato perchè il finale con effetto ansimante, quasi fosse un singhiozzo, della versione orchetrale, è sempre splendido!
E' la volta di "Epilepsy is Dancing" che Antony decide di arricchire con rumorosi ed energici schioccare di dita che spesso non seguono la ritmicità del brano ma creano in maniera spasmodica un effetto da brividi specialmente sul crescendo "Now is Passing, Now I'm Dancing". Finalmente dice una mezza frase, nulla più di un semplice "sono contento di suonare a Parigi", poi 4 laser verdi si posizionano creando una barriera che scorre davanti a lui, le luci trasfromano il palco in una nuvola fucsia, risuonano le prime inconfondibili note del giro di pianoforte di "Crazy in Love", la voce di Antony è così morbida ed eterea che mi viene da paragonarla al versicolare di un bellissimo gatto in vena di coccole, ed anche in questo caso il trasporto emotivo che riesce a donare al brano è così intenso da farmi commuovere fino alle lacrime.
Senza accennare ancora nulla, si siede al pianoforte, le luci che si riflettono sulla scultura sospesa ed ora diventano oscure...è la volta di "Swanlights". La versione orchestrale, ancor più di quella album, ha una resa ipnotica ed evocativa, l'intro ha sempre la capacità di rimbombarti dentro le ossa, una frequenza che riesce a penetrare i tessuti per restarvi sedimentata a lungo all'interno, proprio come si trattasse di una radiazione...il lento incedere del finale che si trascina a fatica poi non fa che esaltare la magnifica complessità che il termine "swanlights" assume nell'Arte di Antony.
Tornato alla postazione in centro palco, introduce "Cut the World", appunto un brano scritto per "The Life and Death of Marina Abramovic" e che sarà il punto centrale del prossimo full-lenght,; brano che per lui assume particolare significato in quanto ben riassuntivo del suo discorso sul potere del femminino, un esorto al cambiamento accettando tutti i rischi che ciò consegue, ma senza aver paura di perdere qualcosa perchè il cambiamento è l'unica possibilità rimasta. Due fasci di luce bianca si incrociano a mezz'aria sopra le nostre teste, partendo dai lati opposti del palco (un effetto incantevole), parte il giro di piano ed Antony inizia a cantare, ma dopo circa 20 secondi esclama..."Sorry, I have to sneeze!!" ;), così si interrompe, interrompe l'orchestra, starnutisce (persino il suo modo di starnutire è splendido!!), si scusa imbarazzato e divertito, ribadisce di aver starnutito... ;) e così: i due fasci laser bianchi tornano ad incrociarsi sopra le nostre teste, parte il giro di pianoforte, parte l'orchestra ed Antony inizia a cantare...questa volta è quella buona! Quando la sua voce si intensifica sul passaggio "...but when will I turn and cut the world?...", tremano persino le poltrone, talvolta però il pianista è in ritardo ed Antony deve un po' allungarsi sulle vocali, ma questo poco importa... Guardare i movimenti delle sue mani mentre la sua voce si flette tra tonalità ondulanti e continue modulazioni è spossante quanto commovente e dopo le precedenti occasioni (Copenhagen e Bari), capisco in maniera definitiva che ascoltare "Cut the World" dal vivo è un'esperienza che resetta gli indicatori del mio senso del "bello". Non parvo della splendida esecuzione, decide di regalarci un altro momento emotivamente destabilizzante: lascia riposare un attimo l'orchestra e chiede al pianista di accennare nuovamente lo stesso giro di pianoforte e continua così, in maniera intima con "Cut the World" in versione acustica. Le sue modulazione vocali si fanno ancor più strambe ed affascinanti, questo non dura più che un minuto ma...si tratta di 60 secondi indimenticabili!
Segue un lungo silenzio riflessivo, lo sguardo oscuro fisso nel vuoto di Antony riesce a riempire ugualmente quei secondi di vuoto, poi le luci si abbassano di intensità, assumono tonalità del blu scuro, un fascio di luce leggermente più chiaro illumina soltanto il suo viso...ecco il fantasma, il riflesso luminoso, l'ologramma...quell'eterea Presenza sul palco capace di lasciarti frastornato con un solo sguardo o movimento delle sue mani. Quell'eterea Presenza dotata di una sensibilità fuori dal comune capace di esprimere la sua angoscia globale nel raffinato minimalismo di "Another World"...spiazzante!
Seconda sorpresa: senza l'appoggio orchestrale improvvisa qualce secondo di vocalizzi per poi fermarsi di colpo e raccontare del suo primo viaggio a Parigi; aveva 16 anni ed aveva deciso di frequentare per qualche mese una summer school con l'intento di imparare il francese. Spiega che per l'intero soggiorno è stato in un hotel a  a Montmartre e che era solito recarsi nei giardini presso Camp du Mort (o Nord?...non ho ben capito)...a questo punto si blocca in un ulteriore lungo silenzio, il suo sguardo è fisso a terra e soltanto dopo un paio di minuti (quanto mi sarebbe piaciuto ascoltare dove voleva andare a parare), introduce "Kiss My Name". Immaginando che tutti noi presenti in sala tra una 50ina di anni saremo morti, comunque i nostri "spiriti" continueranno a vagare tra i vivi, così come lo "spirito" di un bambino morto che chiede alla propria madre di prendersi cura di lui...parte il brano ed Antony è alquanto danzereccio, adoro ogni volta quando arriva il momento in cui porta la mano al lato della bocca per amplificare quell'urlato "kiss my name" centrale, protende le sue braccia verso l'alto con movimenti goffi ed accompagna l'orchestra nuovamente con rumorosi ed energici schioccare di dita...la sua presenza scenica è sempre da lode :)
E' la volta di "I Fell in Love with a Dead Boy", io già mi preparo il fazzoletto...e faccio bene perchè quella pausa di silenzio mi fa sempre partire la lacrimuccia :) Probabilmente questo è il brano che ha suonato più volte in assoluto dal vivo, eppure ogni volta mi sembra una versione completamente differente da tutte le altre ascolate in precenza, ed a giudicare da come esplode il pubblico in applausi ed urla, direi che la pensiamo un po' tutti quanti così!
"Salt, Silver, Oxygen": è da premettere che il pianista è stato ancora in questo caso più volte in ritardo e che Antony, nuovamente, ha dovuto spesso dilungarsi nelle vocali (sia inteso che comunque si è trattata di un'esecuzione sublime!), così alla fine del brano si dimostra insoddisfatto (ma si sa che questi sono soltanto pretesti per poter parlare...piccoli espedienti che utilizza spesso e che funzionano alla grande), si scusa per i continui allungamenti che terminavano con un calo di tonalità e ricanta i versi che meno gli erano piaciuti a livello di resa. Spiega che si tratta di un brano a cui lui tiene moltissimo (ovviamente torna la questione del femmineo) e ricalca in particola modo il verso "...dancing with her casket Christ becomes wifes..." che ha per lui un profondo significato. "Gesù è una donna, Allah è una donna, Buddah è una madre", esorta il cambiamento, "è importante che gli uomini si facciano da parte", è il momento che le donne inizino a governare. "Se abbiamo un futuro, e sono preoccupato che in realtà non lo abbiamo, è in mano alle donne". Riflette sull'emancipazione femminile, constatando che in media soltanto il 30% di qualsiasi governo è occupato dalle donne, e lui vorrebbe un semplice switch...se ogni uomo al potere lasciasse il suo incarico alla moglie, avremmo il 70% dei governi occupati da donne, ed è ciò a cui auspica con forza (purtroppo qualche fischio si sente provenire dal fondo della sala...). "Potere al femminino, potere alle madri", e da qui dilungandosi sul discorso arriva LA SORPRESA:
"Trust your Mother" in versione acapella, uno splendido regalo (da quanto tempo non improvvisava più?!?). Chiede ad un ragazzo seduto in prima fila di tradurgli le parole in francese...dovrebbero esser queste (posto il fatto che io non conosco una parola in francese): "Crois in ta mère, avec ta vie" e chiede al pubblico di cantarla con lui...per breve tempo viene accontentato, poi decide di scatenarsi da solo con la versione tradotta, i suoi vocalizzi contorti ed alieni sono da pelle d'oca e per un momento sembra di rivivere quel periodo in cui sul palco era accompagnato soltanto dai suoi Johnsons e spesso la sua vena creativa e sperimentale prendeva il sopravvento...quanto mi piace l'Antony così!!
Al termine si rammarica di non essere in grado di cantarla come avrebbe fatto Edith Piaf :)...sarebbe stato un po' disturbante, meglio di no!
Da l'ordine all'orchestra di suonare da capo "Salt, Silver, Oxygen", tiene moltissimo alla perfetta riuscita di questa...ma qualcosa non va...riparte da capo dicendo "It's going to be a long night!" (tra me e me penso che durasse anche 3-4 ore non sarebbe certo un problema!), ma s'incarta di nuovo a metà brano e così si arrende per passare oltre "Sorry, I can't do this again", così si passa a "You Are My Sister" ed anche in questo caso mi stupisco di quanto sia meravigliosamente emozionante questo brano, i suoi occhi si inumidiscono ancora...e così anche i miei...4^ fazzoletto! L'unica pecca è stata l'intensità di un faretto puntato dritto ad altezza occhi, tanto che ad un certo punto si è dovuto spostare nella penombra.
"The Crying Light" parte un po' sbilenco, ma presto recupera; arriva il momento in cui Antony viene ingabbiato dagli effetti laser e questa totale dichiarazione d'amore artistica è uno dei momenti che attendo sempre maggiormente; è un peccato che spesso l'esecuzione "soffra" di rallentamenti ed errori commessi dal pianista, comunque sia si tratta ugualmente di 3 minuti di assoluta bellezza, che lasciano però intendere la serata stia ormai tristemente volgendo al termine.
Seguono i ringraziamenti riservati all'orchestra , al pianista, al conduttore e l'annuncio dell'ultimo brano in scaletta prima dell'encore: "Twilight", uno dei pochi brani che grazie agli arrangiamenti orchestrali, ha acquisito realmente valore. Il lungo finale del brano enfatizza la sensazione di tristezza che comincia a farsi sentire, la consapevolezza che quell'ora e mezza abbondante di incanto sia prossima alla fine.
Ringrazia tutti i presenti, saluta e sparisce dietro le quinte, segue l'abituale standing ovation arricchita da applausi che si dilungano per un paio di minuti, così torna sul palco e si siede al pianoforte, mentre una ragazza dal pubblico urla "When in Morocco?", ma lui capisce "When a hot-dog?" con espressione basita :)...la ragazza urla ancora più forte di prima ed Antony risponde che un amico gli ha parlato molto bene del Marocco, eccetto che per gli scorpioni che vivono nel deserto, ma che comunque sa dell'esistenza di un festival di musica spirituale che lo interessa molto ed un giorno vorrebbe andarci (in realtà non ha dato l'impressione di essere molto convinto di ciò che stesse dicendo...). Ringrazia nuovamente tutti per la piacevole serata e confessa di essere piuttosto stanco ma di essersi divertito (spero!), così parte "Hope There's Someone", splendidamente eseguita ed interpretata ma si risparmia sull'urlo di disperazione finale che la contraddistingue...la sua voce non ce la faceva davvero più!
Sul suo volto appare un sorriso naturale e compiaciuto...dati gli applausi è costretto a tornare altre due volte sul palco per ringraziare, per poi svanire del tutto, lasciando spazio a quel senso di maliconia latente che segna la fine. Tra l'altro a vedere il concerto ero pure sola, ed il supporto della mia cara Arianna mi è mancato moltissimo in questo momento...i nostri sguardi empatici e commossi nell'attimo in cui si riaccendono le luci sono sempre stati dolorosi quanto rassicuranti.
Comunque sia riesco a farmi dare da un energumeno dello staff la setlist ("Ghost" non l'ha suonata):

Quando esco dalla Salle Pleyel sono appena le 22:00 ed il cielo è ancora chiaro...questo è un po' alienante per noi italiani abituati a tutt'altri orari...comunque sia , mentre mi dirigo sotto la Tour Eiffel per vederla illuminata (tra l'altro non pensavo, ma è in una zona degradatissima!!), con una mano mi tengo ben stretta la borsa e con l'altra faccio una lunga telefonata all'Arianna, giusto per maledirla un po' perchè non era venuta, ma soprattutto per dirle che condivido il suo pensiero, ossia: le orchestre ci hanno rotto abbastanza, ma che tuttavia si era persa un signor concerto dell'Antonio...e questo non è certamente poco!!

Amen :)